Spagna oppure Olanda. Le richieste per le mete del viaggio di istruzione dell’ultimo anno di scuola superiore potrebbero essere tranquillamente vaticinate nella stesura del primo verbale del consiglio dell’anno, a settembre, ancor prima di incontrare la classe. Le monarchie iberica e olandese rappresentano la gita ideale, l’equivalente di Disneyland per una bimba di sette anni o un nano di Biancaneve. Sono la massima espressione del fatto che in gita ci si va per ripetere coattivamente lo sballo notturno vissuto in patria, ma fuori casa e apparentemente senza limiti. Sono il motivo per cui gli insegnanti si rifiutano di salire in pullman o in aereo, accampano le scuse più bislacche o semplicemente si trincerano dietro la decisione irrevocabile del collegio docenti. E spesso fanno bene. Tuttavia, in questi anni, la mia esperienza è stata molto positiva: fortuna? caso? terrore? No, non ho applicato mai, durante il viaggio, disposizioni da Gestapo. Con i miei colleghi, di volta in volta, abbiamo cercato di dare fiducia o, meglio ancora, di istituire semplici pratiche di lealtà, con l’intenzione di riuscire a vivere con i ragazzi e non per loro i giorni di trasferta. E così, dopo brevissima discussione, è parso normale a tutti scegliere Berlino come meta, città storica e meta culturale. In fondo, hanno concluso, di birra ce n’è anche là.
Read more →