Emmanuel Carrère, Il Regno, Adelphi, Milano 2015
Descrizione
"In un certo periodo della mia vita sono stato cristiano" scrive Emmanuel Carrère nella quarta di copertina dell'edizione francese del Regno. "Lo sono stato per tre anni. Non lo sono più". Due decenni dopo, tuttavia, prova il bisogno di "tornarci su", di ripercorrere i sentieri del Nuovo Testamento: non da credente, questa volta, bensì "da investigatore". Senza mai dimenticarsi di essere prima di tutto un romanziere. Così, conducendo la sua inchiesta su "quella piccola setta ebraica che sarebbe diventata il cristianesimo", Carrère fa rivivere davanti ai nostri occhi gli uomini e gli eventi del I secolo dopo Cristo quasi fossero a noi contemporanei: in primo luogo l'ebreo Saulo, persecutore dei cristiani, e il medico macedone Luca (quelli che oggi conosciamo come l'apostolo Paolo e l'evangelista Luca); ma anche il giovane Timoteo, Filippo di Cesarea, Giacomo, Pietro, Nerone e il suo precettore Seneca, lo storico Flavio Giuseppe e l'imperatore Costantino - e l'incendio di Roma, la guerra giudaica, la persecuzione dei cristiani; riuscendo a trasformare tutto ciò, è stato scritto, "in un'avventura erudita ed esaltante, un'avventura screziata di autoderisione e di un sense of humour che per certi versi ricorda Brian di Nazareth dei Monty Python". Al tempo stesso, come già in "Limonov", Carrère ci racconta di sé, e di sua moglie, della sua madrina, di uno psicoanalista sagace, del suo amico buddhista, di una baby-sitter squinternata, di un video porno trovato in rete, di Philip K. Dick...
Impossibile leggere qualcosa di Emmanuel Carrère senza riconoscersi, almeno in parte, in quello che scrive. Da quando ha abbandonato la finzione romanzesca, le sue autobiografie spalmate su diversi supporti - la Russia (La vita come un romanzo russo, Limonov), il cancro (Vite che non sono la mia), la follia omicida dell’uomo della porta accanto (L’avversario), l’eros (Facciamo un gioco) - riempiono i suoi libri di dettagli così sinceri da essere imbarazzanti. Mitighiamo l’imbarazzo perché i suoi segreti sono spesso gli stessi nostri e raccontano di un tema a noi caro e familiare: la miseria della condizione umana.
In Carrère, gli intermezzi personali che si snodano lungo sontuose narrazioni - il ragazzo, nato a Parigi nel 1957, ci sa fare - sembrano i diari di un soggetto in analisi che cerca di mettere su carta ansie, paure, simulazioni, bisogni, desideri come insetti morti trafitti ordinatamente dentro teche di vetro. Per ammirarli. E guarire.
In Il Regno (Adelphi, 2015) i diari sono dichiaratamente parte della materia prima del libro: sono i quaderni che l’autore ha compilato a mano in un periodo di fervente praticantato cattolico in seguito a un picco depressivo. In Il regno l’ambito su cui Carrère esercita la sua prima persona è la religione.
Come faccio a essere felice? L’assillo quotidiano. Per scoprirlo va in montagna, frequenta preti di frontiera, medita frammenti di scritture quotidianamente. Prova anche a sposarsi in chiesa e a battezzare i suoi figli. Ha ricevuto un’illuminazione, Dio riempie la sua vita. Ma dopo un po’ la felicità evapora. Torna a essere il vecchio illuminista che era prima della conversione. Chiude i quaderni delle meditazioni in uno scatolone. Tuttavia, da stesso insoddisfatto illuminista si continua a torturare di domande: se la fede è l’oppio dei popoli, perché tante persone ragionevoli la professano? Perché non crediamo (più) nelle spiegazioni del mondo offerte dalla mitologia greca, ma invece nella resurrezione sì? Lo spudorato Carrère si mette a indagare l’origine della religione cristiana. Consulta documenti, saggi, cerca indizi nei romanzi. Restituisce una narrazione coerente, cesellata dal punteruolo del dubbio. E come potrebbe essere altrimenti.
Paolo, il suo protagonista, è un ebreo tarchiato, goffo, calvo che a un certo punto della sua vita ha una visione: Gesù lo chiama. Così si mette a divulgare la lieta novella: Cristo risorto, cari i miei ebrei, e voi non l’avete riconosciuto. E tra poco arriverà la fine dei tempi. Paolo fa di questa missione la sua ragione di vita. È uno di quelli che al giorno d’oggi chiameremmo fanatici. O un Beppe Grillo della religione. La sua fede, un ebraismo corretto, attrae anche qualche greco stanco di dei razionali e antropomorfi. Fascinazioni New Age ante litteram.
Paolo guadagna seguaci, come un maestro di arti marziali, ed in contrapposizione con la scuola di Pietro, Giacomo, Giovanni e gli altri: gli apostoli di Gesù, la chiesa di Gerusalemme. Non lo sapevate? Il vecchio investigatore illuminista vi apre gli occhi. Vi svela che ciò che i romani non sopportavano dei primi cristiani è che sembravano capaci di accettare la cattiva sorte con il sorriso sulle labbra. Lo scandalo della felicità. Carrère si fa testimone, mite osservatore. Ma forse già ride sotto ai baffi. Già sa che non funziona. O forse sì?
scritto da Heymat