In Italia, si percepisce ancora la famiglia in senso tradizionale, sebbene siano notevoli i passi compiuti verso una concezione più evoluta simile a quella presente nei paesi del Nord Europa. L'aumento di convivenze e di separazioni, nonché il sensibile aumento dell'emancipazione femminile, ancora non hanno inciso profondamente nella psicologia della famiglia, soprattutto nei rapporti di coppia; basta pensare come ancora oggi il maschilismo possa trasformare un partner o il genitore in tiranno, un retaggio culturale sottolineato dal fatto che ancora fino al 1967 l'adulterio era un reato esclusivamente femminile. Certamente il processo evolutivo nella famiglia italiana è un dato di fatto, ma ancora non è sedimentato nella cultura domestica dove permangono modelli di relazioni familiari tradizionali di sudditanza femminile. Le ragioni sono molteplici e vanno dalla non radicazione dell'emancipazione femminile nella relazione di coppia, ai modelli maschili ancora troppo maschilisti, alla ancora troppo divergente assunzione di responsabilità nell'allevamento della prole da parte dei partner, alle ancora forti discriminazioni femminili sul lavoro.
L'Italia ha ancora una politica sociale familiare arretrata con effetti largamente negativi essendo più implicita che esplicita, più indiretta che diretta. Infatti, sul piano operativo soprattutto, è una politica più indirizzata ai singoli individui che compongono la famiglia o a componenti collettivi statistici (infanzia, donne, anziani, disabili ecc.) prescindendo dal loro contesto familiare. Nella maggior parte dei Paesi più evoluti, invece, la politica familiare è diversa, dato che non è orientata verso individui astratti, ma alle relazioni tra individui che compongono la famiglia (relazioni di coppia, relazioni genitori-figli, relazioni giovani-anziani, ecc.) promuovendo così le azioni normative e operative della socialità, della responsabilità e del reciproco sostegno. Al graduale, seppur lento, aumento del benessere generale e materiale della famiglia italiana si contrappongono ancora situazioni pericolosamente ai limiti della sussistenza perché la famiglia italiana:
- continua a frammentarsi con l'aumento dei single, delle famiglie monogenitoriali e a restringersi con la diminuzione drastica del numero di famiglie plurigenerazionali;
- continua ad aumentare l'età media familiare con preoccupanti segni di patologia di coppia (separazioni e divorzi) e di violenza interna (abuso sul partner, violenze e maltrattamenti sui bambini spesso ritenuti responsabili di disarmonia di coppia);
- continua ad avere un numero di aborti troppo elevato rispetto a quanto ci si dovrebbe aspettare da una popolazione istruita e capace di relazioni sessuali controllate;
- continua la crescita della privatizzazione delle scelte individuali, dei sentimenti e delle aspettative verso processi di marcato narcisismo o di tipo economicistico, vessando i comportamenti di solidarietà interna e di partecipazione sociale;
- continuano a persistere troppi gruppi familiari svantaggiati da povertà, disabilità o sotto un sufficiente livello culturale o che esprimono inadeguatezza educativa.
Come sottolineava Donati sin dal 1999, bisogna guardare con obiettività a queste problematiche sociali familiari nella loro globalità, invece che nel particolarismo individuale, poiché questa politica porta ad una azione più incisiva e diretta sui nuclei familiari più deboli: combattere la violenza, l'abuso, le tossicodipendenze, la ludopatia, l'alcolismo operando sul solo componente responsabile equivale svolgere un intervento circoscritto quasi fosse un ferito da incidente stradale senza operare sulla normativa, sulla prevenzione, sul contesto viario, sulla segnaletica, senza assunzione di responsabilità collettiva, ecc. La strada dell'assunzione di responsabilità di contesto nelle crisi familiari è stata praticata da molte associazioni di solidarietà che hanno prodotto effetti sociali più efficaci ed equi rispetto allo standard sociale pubblico, gestito sia localmente che centralmente. Si deve favorire una equità e giustizia sociale di relazioni familiari che tengano conto delle differenti caratteristiche delle famiglie (numero di membri, la loro età, le loro condizioni lavorative, di salute, ecc.) e non di giustizia come mera uguaglianza nell'uniformità di trattamento. Ogni famiglia è per sua natura originale ed è un caso a sé che non può essere valutata e aiutata secondo rigidi schemi prefissati, tanto cari ai manager sociali, che avranno anche portato il bilancio a cifre pur ragionevoli, ma a scapito di veri interventi mirati sulla singola famiglia.
La famiglia è, dunque, il primo luogo educativo non solo per ogni bambino, ma per la storia evolutiva dell'uomo: antropologicamente è l'invenzione della famiglia che ha determinato l'evoluzione sociale e formativa nella nostra civiltà. Oggi, nelle società più evolute, la famiglia si presenta con differenti modelli che hanno modificato le relazioni tra i componenti pur mantenendo la funzione di base: un luogo fisico e sociale di condivisione in cui si progetta e si esercita una comune responsabilità di pensiero e di creazione reciproca. Un luogo dove l'identità familiare non si struttura sulla base del semplice “esserci”, ma a partire dal “riconoscimento dell'altro”. Se manca il riconoscimento dell'identità individuale, che è un bisogno assoluto di ciascuno, la famiglia non è più una libera scelta, ma diviene una gabbia di doveri e non un luogo di esercizio di diritti nella reciprocità. Qualora manchi il riconoscimento individuale, ovvero il riconoscere l'altro e il sentirsi riconosciuti, la famiglia si scioglie e un partner, o entrambi, cercano altri contenitori, altri luoghi dove sia possibile ottenere dei riconoscimenti.
L'aspetto del riconoscimento reciproco nella famiglia non è un fatto implicito e secondario nella vita di coppia poiché ogni persona ha il bisogno intrinseco di essere riconosciuto e confermato nelle proprie appartenenze familiari (specie i bambini). Si pensi all'evoluzione dei sentimenti nell'atto costitutivo della famiglia: quando si è coppia due partner sono l'uno per l'altro (dove l'atto donativo è di reciproca sudditanza), mentre nell'essere famiglia i due partner sono l'uno con l'altro (dove l'atto donativo è di libera scelta individuale). Una differenza che non è un sofisma linguistico, ma sostanza psicologica di libero riconoscimento dell'altro senza sudditanza, senza ricatto affettivo o economico. È la stessa differenza che esiste tra il dire “tu sei mia” e il dire “io sono tuo”: il primo esprime possesso che sottintende per sempre, mentre il secondo è libera donazione che devi conquistare ogni giorno.
I cambiamenti della famiglia contemporanea sono correlati con l'evoluzione concettuale dei legami familiari. Il nuovo modo in cui i legami familiari si formano, si scollegano e si riformano acquistano significato in una gamma differenziata di sentimenti e di relazioni in passato assolutamente sconosciute: si pensi a quel che accade in termini di legami relazionali in una famiglia allargata costituita da due partner con entrambi due figli avuti da precedenti matrimoni che mettono in comune le loro vite, non solo con nuove fratrie, ma anche con i precedenti partner che continuano il loro ruolo di genitori, con nuovi partner che hanno differenti espressioni di genitorialità, ora semplicemente biologica, ora fortemente relazionale con i propri figli biologici, ora semplicemente “aggiuntiva” verso i figli del partner e i nonni che da “esclusivi” di discendenza verticale divengono “sociali” di discendenza orizzontale con “nipoti” di differente origine.
La famiglia non è più un contenitore entro il quale i componenti sono obbligati a stare, ma un luogo aperto, senza i confini di doveri imposti, basati sul riconoscimento reciproco dei diritti, nel quale gli individui si modellano creativamente gli uni con gli altri. È questa una sublimazione dell'originale concetto rigido di famiglia come nucleo di sopravvivenza materiale in cui la genitorialità fisica ha ceduto il campo alla generatività sociale, all'emancipazione femminile, alla emancipazione relazionale dei ruoli, alla crescita di un concetto dinamico di famiglia che si può formare e disfare più volte nella vita, pur nel mantenimento del ruolo genitoriale con i figli avuti da differenti partner.
La famiglia contemporanea è, dunque, più un progetto dinamico che una assunzione statica, è un continuum relazionale sia in senso verticale con legami biologici, sia in senso orizzontale con legami affettivi aggiuntivi non meno pregnanti (socialmente genitori si diventa crescendo i figli e non per il solo atto di concepimento). Nelle famiglie allargate moderne è evidente che la consanguineità biologica ha ceduto il passo ai legami relazionali di ruolo costruiti nel quotidiano con una presenza quali-quantitativa sostanziale. La famiglia moderna esprime un progetto di vita condiviso non indissolubile che si modifica e si ridisegna in relazione ai diversi percorsi e che trova la sua forza nella quotidianità fatta di relazioni intime differenziate che devono appagare e riconoscere collettivamente e individualmente ogni componente familiare.
Oggi la famiglia non è riduttivamente solo un fatto personale di coppia, non è solo la base per la procreazione, ma è il luogo relazionale dove si apprende il vivere sociale della civiltà umana ad ogni latitudine. Nella famiglia i sentimenti sono la fonte primaria dell'energia di coppia, del vero esercizio individuale di scelta libera, dell'espressione delle proprie differenze in nome della ricchezza di tutti. La famiglia, oggi più che in passato, è un unicum e un continuum che non toglie la libertà di agire da singolo, ma dà la capacità di farlo legando due vissuti in un futuro creativo costruito sul “noi”.
scritto da Alessandro Bruni