Nel mezzo di Corso Palladio a Vicenza fui avvicinato da una ragazza dolce e carina, alla quale non esitai un istante a dare l’obolo richiesto per il tempio indiano. Con mia sorpresa ne seguì l’invito per il pranzo e la cena: cibi vegetariani, atmosfera amichevole. Fu così che mi trovai per la prima volta a deporre le scarpe all’ingresso di un tempio indiano e a partecipare alla cerimonia rituale con la danza sacra e la simbolica rosa, che, passata di mano in mano, l’officiante (una donna) depose alla fine nelle mie. Il cibo offerto era veramente buono, ben diverso da quello piccante e a me indigesto servito, di solito, nei ristoranti indiani. Nel grande tempio il colpo d’occhio era straordinario: un tripudio di colori e di forme. Mi colpì la felicità degli ospiti, tutti giovani, di tante razze e nazionalità, rigidamente divisi in maschi e femmine. Un ragazzo italiano mi raccontò come avesse trovato pace, amicizia, serenità e sicurezza in quella comunità. La disciplina è severa contro il disordine sessuale, il fumo, l’alcool, le droghe e tutte le eccitazioni violente che portano la gioventù alla deriva. «Resta con noi» - mi disse una ragazza dolcissima al momento della partenza.
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