Vedevo nel sogno paesi
fino ai quattro angoli dell’orizzonte
sottomessi alla riga,
alla squadra, al compasso;
falciate le foreste,
distrutte le colline,
nei ceppi valli e fiumi.
Per quanto è grande la terra vedevo
paesi
sotto una griglia di ferro tracciata
da mille rotaie.
E poi vedevo i popoli del sud
formicaio in silenzio al lavoro.
È santo il lavoro
ma non va più col gesto
ritmato dai tam-tam
e dalle stagioni che tornano.
Gente del sud nei cantieri, nei porti,
nelle miniere,
nelle officine,
segregati la sera
nei borghi miserabili.
Accumulano
montagne d’oro rosso,
montagne d’oro nero:
e muoiono di fame!
Léopold Sédar Senghor
Léopold Sédar Senghor (1906 - 2001) è stato uno dei grandi protagonisti del primo periodo della decolonizzazione. Un politico che uscì di scena, rifiutando la deriva dittatoriale di altri leader africani. Nato in una famiglia di agiati proprietari terrieri, all’età di 8 anni iniziò i suoi studi in Senegal in un collegio cristiano e nel 1922 entrò in seminario a Dakar. Quando comprese che la vita religiosa non era la sua strada, frequentò un istituto secolare, distinguendosi nello studio del francese, latino e greco. Al termine degli studi liceali, gli venne assegnata una borsa di studio per continuare i suoi studi in Francia. Si laureò in lettere a Parigi nel 1935 e per i dieci anni insegnò nei licei di Tours e di Parigi. È in questi anni che Senghor, insieme ad altri intellettuali africani venuti a studiare nella capitale coloniale, coniò il termine e concepì il concetto di “negritudine”, intesa come riscoperta e riappropriazione della cultura africana, in risposta alla cultura europea imposta dai colonizzatori. Nel 1946, dopo essersi arruolato nell’esercito francese ed essere stato fatto prigioniero dai tedeschi nel 1942, divenne deputato dell’Assemblea Nazionale francese e due anni dopo fondò un proprio movimento politico: il Blocco Democratico Senegalese. Nel 1956 divenne sindaco della città di Thies (Senegal) e nel 1960 il primo Presidente della Repubblica del Senegal. In questa veste, pur tra gravi difficoltà economiche, cercò di realizzare un socialismo umanistico e cristiano. Nel 1963, in seguito a un fallito tentativo di colpo di Stato, il partito di Senghor rimase l’unico partito politico a non essere messo fuori legge. Sotto la spinta della contestazione studentesca, nel 1976 il presidente è costretto a reintrodurre, seppure con molte limitazioni, il multipartitismo. Nel 1974 ricevette il premio letterario Guillaume-Apollinaire per l’insieme delle sue opere poetiche e nel 1983 divenne presidente dell’Académie française, primo africano a sedere nella prestigiosa istituzione. Nell’ottobre 1980, prima della fine del suo quinto mandato consecutivo, Senghor aveva rassegnato le dimissioni da Presidente del Senegal, in favore del suo successore, Abdou Diouf. Ha trascorso gli ultimi anni in Normandia, dove è scomparso il 20 dicembre 2001. Il suo funerale si è svolto il 29 dicembre a Dakar. Tra le raccolte poetiche di Senghor tradotte in Italia: Canti d’ombra e altre poesie, Passigli, 2000; Il cantore della negritudine, Edizioni dell’Arco, 2014.