Come ho scritto su Madrugada n.105, nei prossimi 10 anni, a causa del calo demografico l'Italia sarà obbligata a importare da un minimo di 50mila ad un massimo di 150mila immigrati all'anno. Chi sostiene (ma nessun esperto lo dice) che si possono usare gli attuali disoccupati italiani non ha alcuna conoscenza di come funzionano i mercati del lavoro. Senza questa forza lavoro aggiuntiva l'Italia entrerebbe in recessione e addio crescita e pagamento delle pensioni. Si tratta di lavori non qualificati che i nostri disoccupati non sono disposti a fare perché poco pagati, precari, pesanti, pericolosi o lontani da casa.In Italia abbiamo 5,5 milioni di immigrati (9% della popolazione), di cui 2,4 milioni sono occupati regolari (tra cui 570mila piccoli imprenditori). Il loro gettito fiscale e contributivo supera ampiamente i costi dell’accoglienza dei rifugiati e dei servizi richiesti dalle famiglie arrivate dall’estero. Nel 90% si tratta di lavoro non qualificato, precario, pesante, pericoloso, poco pagato. Attualmente si stima che gli immigrati illegali siano circa mezzo milione. I rifugiati e richiedenti asilo sono 174mila.
Aggiornamento persone sbarcate in Italia dal 1° gennaio al 15 giugno:
- 2018: 15.568, numero indice: 24
- 2017: 65.498, numero indice: 100
- 2016: 55.596, numero indice: 85
Maurizio Ambrosini che si occupa di immigrati da molti anni propone tre cose molto semplici e sensate. Il nuovo Governo potrebbe mandare gli Ispettori del lavoro, scortati dalle forze dell’ordine, a identificare i datori di lavori che sfruttano i braccianti immigrati, nelle principali campagne agricole, partendo dalle baraccopoli e seguendo i pullmini che li portano al lavoro. Se si promette il carcere agli evasori fiscali si dovrebbe essere altrettanto severi con chi sfrutta i lavoratori.
Come avviene in Germania e in Svezia, chi trova un lavoro dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno, inizialmente di un anno, ponendo fine alle controversie sulla fondatezza della domanda di asilo. Potrebbe così cominciare una vita autonoma, uscendo dal sistema dell’accoglienza. Non ha senso, come invece avviene oggi, buttare per strada un richiedente asilo che ha trovato lavoro, ma poi si vede negata la domanda di protezione internazionale.
Per decongestionare il canale dell’asilo e istituire un’alternativa ai rischiosi viaggi attraverso la Libia e poi per mare, oltre a corridoi umanitari più ampi degli attuali, si dovrebbero allargare le possibilità di immigrazione almeno per il lavoro stagionale, già previste in passato dalle nostre leggi e dai decreti flussi annuali. Gli Stati Uniti hanno ridotto l’immigrazione non autorizzata dal Messico proprio riaprendo un canale d’immigrazione legale, stagionale, per l’agricoltura. Se le persone potranno entrare, lavorare e tornare al loro paese per ripresentarsi l’anno successivo, saranno meno disposte a rischiare la vita nei viaggi della speranza.
Un rapporto positivo tra immigrazione e sicurezza si costruisce solo promuovendo il lavoro degli immigrati (di cui, peraltro, abbiamo bisogno) nell’ambito dell’economia legale del nostro paese.
scritto da Andrea Gandini