Ian Campbell, storico inglese, ha scritto un libro documentatissimo (Il massacro di Adis Abeba, Rizzoli, pag. 672, 25 euro) frutto di una ricerca di 25 anni sull'eccidio che gli italiani fecero di 20mila etiopi (un quinto dell'intera popolazione della città) nel 1937, prima delle stragi naziste nei campi di concentramento. Il massacro fu la risposta abnorme ad un maldestro attentato di due irredentisti etiopi che non riuscirono ad uccidere nessuno ma ferirono il maresciallo Rodolfo Graziani (ritratto nella foto che arringa gli Ascari).
L'Etiopia era un paese di antichissima civiltà cristiana, iscritto alla Società delle Nazioni Unite e autonomo. L'invasione dell'Italia, nonostante la diffida dell'Onu, non aveva alcuna giustificazione e fu un precedente gravissimo per l'invasione di Hitler della Polonia. Campbell, che vive e insegna in Etiopia, non fa sconti però neppure ai suoi connazionali che misero a tacere le voci di indignazione nel dopoguerra in Occidente, impedendo all'Italia di essere processata per genocidio (accanto alla Germania per la Shoah).
Così, conclude in un bell'articolo Masolino D'Amico su La Stampa, nessuno venne chiamato a rispondere di quell'eccidio di 20mila tra cui moltissimi bambini, donne, preti, poveri, mendicanti che erano stati proprio radunati dal regime fascista nel recinto del palazzo governativo per ristabilire un'antica cerimonia di distribuzione di elemosine. Trovarono invece le pallottole delle mitragliatrici e poi per tre giorni fu una delirante “caccia all'etiope” in tutta la città.
In tempi di migrazioni è bene che si sappiano anche queste cose per noi italiani non sempre "brava gente".
scritto da Andrea Gandini
Campbell I. (2018) Il massacro di Addis Abeba. Una vergogna italiana. Rizzoli.
Descrizione
Il racconto dettagliato e impressionante di una delle peggiori atrocità della storia coloniale del Novecento, per la quale nessun italiano è stato mai processato.
«La più autorevole ricostruzione di una barbarie troppo a lungo trascurata.» - Financial Times
«Il primo resoconto completo di un massacro che anticipa i crimini nazisti più che ricordare le atrocità dell'Europa coloniale. Da tempo il governo etiope ritiene che il suo popolo meriti delle scuse.» - The Economist
Ci sono pagine della storia d'Italia che conosciamo ormai a memoria, e altre su cui ancora non è stata scritta la parola “fine". E poi ci sono le pagine dimenticate, relegate all'oblio perché troppo dolorose. Anche quelle, però, fanno parte del nostro passato. In questo caso, del nostro passato di “potenza coloniale". La mattina del 19 febbraio 1937, ad Addis Abeba, il viceré Rodolfo Graziani e le autorità italiane che da nove mesi governano un terzo dell'Etiopia celebrano la nascita del primo figlio maschio del principe Umberto di Savoia. Ma un gruppo d'insorti riesce a superare i controlli e, all'improvviso, otto bombe a mano seminano il caos tra quei notabili. Di fronte al bilancio – sette morti e decine di feriti, compreso lo stesso Graziani – il Duce ordina la repressione: “Tutti i civili e religiosi comunque sospetti devono essere passati per le armi". È così che si scatena uno dei massacri più ignobili della parentesi coloniale italiana: giorni di terrore, tra omicidi e saccheggi, durante i quali migliaia di innocenti vengono trucidati con sistematica brutalità. Repressione che culmina, nel maggio dello stesso anno, con l'eccidio di centinaia di monaci, preti e pellegrini cristiani della Chiesa copta, tutti disarmati, radunati nel monastero di Debra Libanos. Intanto, le Camicie nere ne approfittano per azzerare l'intellighenzia etiope, in un vero e proprio pogrom. Con precisione accademica e passo narrativo, Ian Campell ricostruisce in questo saggio una delle atrocità meno conosciute del regime fascista, analizzandone premesse e conseguenze, senza fare sconti a nessuno. Perché è venuto il momento di guardare in faccia la realtà e l'orrore di quanto accaduto, per non dimenticare né le vittime né i carnefici.