Il fatto 1. L'Espresso. 03 luglio 2018. Scene di razzismo balneare su una spiaggia ligure, sabato scorso. Hanno aizzato un cane contro un ambulante sulla spiaggia. E tutti applaudivano e ridevano. Racconta Simona: "Ho visto un cagnolino scendere le scale di un bar che dà sulla spiaggia e rincorrere abbaiando un ragazzo dalla pelle scura che vende libri. Naturalmente il cane era stato incitato dal suo proprietario. Nel mentre i bagnanti applaudivano compiaciuti".
"Io non ce la faccio ad accettare tutto questo. Non sono un'esperta di migrazioni, non sono una politica, non sono nulla di nulla. Sono solo una donna profondamente sconsolata e preoccupata da questo mondo in cui a volte mi sento come un pesce fuori d'acqua. Ma non ci sto. Io non lo accetto".
- Perché la ragazza ha reagito?
- Perché i presenti hanno incitato il cagnolino?
Il fatto 2. Ferrara 10 luglio 2018. Un ragazzo esce dal supermercato con il suo carrello della spesa. Gli si avvicina un bambino di età incerta e di probabile etnia rom che gli chiede la monetina del carrello. Si fa attorno un gruppetto di camionisti del vicino parcheggio che guardano con occhio critico quanto sta accadendo.
Il ragazzo con il carrello dice al bambino: “la monetina non te la do, ma se vuoi una banana la puoi prendere”.
Interviene il più deciso dei camionisti e gli dice: “ma sei scemo se gli dai da mangiare non ce li caviamo più di torno”.
Il ragazzo con il carrello risponde con voce incerta: “è un bambino e quello che dici è sbagliato”.
L'energumeno gli assesta un spinta e lo fa cadere urlandogli: “sono quelli come te che rovinano l'Italia”. Poi con i suoi compari se ne va.
Tutto questo sotto gli occhi di molti avventori che fanno finta di non vedere e che con lo sguardo assente se ne vanno “facendosi i fatti loro”.
- Perché il ragazzo col carrello ha reagito?
- Perché i passanti hanno fatto finta di non vedere e non hanno reagito?
Dal comportamento alla psicologia sociale
Studi psicologici recenti (1) hanno elaborato una teoria sul profilo di personalità di chi si oppone e di chi lascia correre. L'episodio narrato è vero e si presta a alcune interpretazioni che vanno da lasciti politici, ad odio razziale, ad odio verso chi pensa in modo diverso, a disprezzo verso la povertà. Ma il nostro interesse è rivolto agli attori principali di questo fatto: il ragazzo con il carrello, l'energumeno e gli avventori che si disinteressano dell'accaduto.
Di notevole interesse in merito è l'articolo di Daisy Grewal pubblicato su Mind di luglio 2018 dal quale abbiamo tratto alcuni passi significativi e al quale si rimanda per un approfondimento del tema.
"Noi tutti abbiamo assistito a una scena in cui qualcuno andava contro i nostri standard morali, ma solo pochi possono dire di essere intervenuti attivamente. Che cosa separa quelli che protestano da quelli che restano zitti?
Da un certo punto di vista, si potrebbe pensare che a sfidare apertamente un estraneo siano soprattutto le persone con un carattere più aggressivo e più incline alla conflittualità. Ma opporsi a un'ingiustizia può essere considerato anche più positivamente, come un atto di maturità.
Recenti ricerche supportano la seconda ipotesi, vale a dire che le persone che si oppongono a un atto di ingiustizia sono dotate di un forte senso dell'altruismo associato alla fiducia in se stesse. Capire che cosa motiva queste persone potrebbe condurre a strategia più efficaci per ridurre i comportamenti incivili della vita di tutti i giorni.
Sostanzialmente potremmo dire che chi interviene su una questione da lui ritenuta incivile appartiene o alla categoria del lamentatore frustrato o alla categoria del leader sicuro di sé.
La teoria del lamentatore frustrato suggerisce che le persone ostili, aggressive e insicure agiscono più spesso come “giustizieri” perché spinti dal desiderio di sfogare le proprie frustrazioni su un bersaglio ignaro. Al contrario, la teoria del “leader sicuro di sé” ipotizza che le persone che intervengono siano più probabilmente coraggiose, stabili e mature.
Questi studi ci aiutano a capire come promuovere una società più civile: dopo tutto, essere disposti a esprimere un aperto dissenso di fronte a una scorrettezza, o persino farsi avanti e cercare di intervenire direttamente, spesso è il primo passo verso il cambiamento sociale."
Dalla psicologia alla morale
Ritornando agli attori del fatto 2 descritto , che peraltro sono idealmente gli stessi del fatto 1, possiamo dire che il ragazzo con il carrello appartiene sicuramente alla categoria del “leader sicuro di sé”, non è però sorretto dalla prestanza fisica e sociale tale da intimorire l'energumeno. Costui a sua volta si esprime anch'esso nella categoria del “leader sicuro di sé” soprattutto in relazione ai suoi compari, ma al contempo lui e i suoi compari appartengono alla categoria dei "lamentatori frustrati" che nella società portano le loro frustrazioni e che sanno esprimere il loro coraggio solo se spalleggiati (come i bagnanti sulla spiaggia che applaudivano il cagnolino).
Quelli che "si fanno i fatti loro" sono i più colpevoli: esprimono la loro atarassia sociale, esprimono la loro paura sia di spalleggiare il ragazzo sia di spalleggiare l'energumeno. Appartengono alla maggioranza silenziosa che esprime il suo pensiero solo se non ha nulla da perdere. Una massa scura, scontrosa, abissale, uno specchio nero in cui tutti siamo invitati a guardare negli occhi le nostre paure, le angosce, in ciò che ci turba, ci tormenta, e che non abbiamo il coraggio di pronunciare.
Quelli che "si fanno i fatti loro" sono stati comparse silenti di un evento che li inchioda alle loro responsabilità, che sbatte loro in faccia un presente malsano, grottesco, socialmente e politicamente sfatto, marcio. E di cui rischiano d'essere colpevolmente inconsapevoli. Sono “lamentatori frustrati” che col silenzio mettono la foglia di fico alla loro coscienza e che pervicacemente continuano a vivere ciascuno nella propria gabbia.
- Moisuc A. et al. (2018) Individual differences in social control: who “speak up” when witnessing uncivil, discriminatory and immoral behaviours? British Journal of Social Psycology, 21 febbraio 2018.
scritto da Alessandro Bruni