Da alcuni decenni la famiglia italiana attraversa repentini cambiamenti di configurazione che rendono necessario un approccio di studio multidisciplinare al fine di comprenderne le dinamiche evolutive sul piano psicosociale. Sono in atto trasformazioni di scenario sociale con mutamenti nella relazione tra partner e nella relazione tra genitori-figli. Inoltre, per ragioni sociali, politiche ed economiche la società contemporanea presenta svariate tipologie di famiglia, da quella tradizionale a quella di fatto, da quella monogenitoriale a quella ricostruita, da quella mista a quella allargata.
Lo stesso matrimonio ormai da rito di nascita di una famiglia è divenuto rito di conferma dell'unione familiare, celebrato con figli propri e con figli di unioni precedenti. La famiglia, dunque, da “quercia sociale” con profonde radici nel vissuto della coppia e con un unico tronco solido portante foglie simili, è divenuta un cespuglio familiare dalle cui radici non nasce un unico tronco, ma molti fusti flessibili portanti molti innesti che producono foglie disuguali, tutte traenti unica linfa relazionale reciproca da radici e fusti differenti. Per queste ragioni, socialmente parlando, la famiglia da monolito bigenitoriale indissolubile è divenuta struttura dissolubile composita dove la coesione è determinata dalla libera relazione affettiva e dove si può esercitare la cogenitorialità e la fratria plurima. La famiglia tradizionale è dunque morta?
Nella storia dell'uomo, a dire il vero, la famiglia non è mai stata una struttura stabile, se non per imposizione di potere, dato che spontaneamente ha sempre trovato nei popoli, primitivi e evoluti, varie declinazioni, varie strutture, diversi significati. Di pari variabilità sono state le figure genitoriali: più solide quelle materne, praticate nella unicità del ruolo riproduttivo materno, più labili quelle paterne sul piano biologico e quasi sempre lontane dall'impegno dell'allevamento della prole, ma sempre fonte di affermazione di potere sulla madre e sui figli.
La famiglia contemporanea è frutto di tre grandi trasformazioni psicosociali:
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il mutamento dei valori con l'intensificazione dell'individualismo dei partner;
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la trasformazione delle norme con la privatizzazione delle istituzioni coniugali;
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il cambiamento dei modelli sociali con la pluralizzazione delle forme di convivenza.
Il processo di individualizzazione induce la revisione coniugale intima che diviene meno fusionale e più negoziale dato che la coppia si costruisce sul dialogo relazionale, in cui ognuno mantiene la propria parzialità e individualità. La privatizzazione rappresenta il valore diffuso che porta alla pluralizzazione. Le norme di costume sociale e giuridiche non vengono più date per assolute dato che possono essere considerate come un'ingerenza nell'autonomia individuale. Sul piano familiare, una prima conseguenza della privatizzazione è il venir meno della coincidenza tra relazione di coppia e istituzione matrimoniale: si diffondono forme di unione di fatto o convivenze e nascite fuori dal matrimonio con la pluralizzazione del modello di convivenza/matrimonio.
Ne discende che oggi il matrimonio non è considerato come un patto sociale tra famiglie o come un contratto “pubblico” di vincolo, ma come un contratto privato, stipulato nell'interesse del singolo individuo per il raggiungimento della propria felicità e quindi revocabile se questo fine dovesse venir meno. Per questo le norme giuridiche si sono adattate a questo cambiamento sociale riconoscendo il divorzio come un diritto e la famiglia ricomposta come una legittima ricerca affettiva che coinvolge i partner e i loro figli.
Sul piano socio-culturale, ovvero antropologico, la funzione primaria della famiglia è quella di riprodurre la società del tempo. Per questo famiglia e società cambiano vicendevolmente, a seconda delle epoche e delle regioni del mondo. In questo ambito si parla di “famiglia dell'orientamento” per riferirsi al ruolo che essa ha verso i figli, per i quali la famiglia determina la collocazione sociale, e influisce fortemente sulla loro formazione culturale e nella loro socializzazione.
Nella società contemporanea, la famiglia è quella specifica relazione sociale che interseca i rapporti di coppia sul piano affettivo con i rapporti generativi, intendendo per generativi quei comportamenti sociali che legano la coppia al contesto e che generano l'evoluzione sociale. Nei rapporti generativi fra le generazioni sono compresi quelli specifici delle coppie che hanno scelto di non divenire genitoriali e si dedicano ad attività socialmente generative, professionali o di impegno civile, e quelli delle coppie che divengono tradizionalmente genitoriali. Questa distinzione può sembrare una forzatura, ma corrisponde alla realtà di fatto delle coppie nel mondo occidentale dove l'avere figli è divenuto una scelta e non un destino.
La famiglia pur basandosi su rapporti interpersonali ha una grande valenza pubblica essendo il primo nucleo sociale dell'uomo. Oggi astraendo concetti più tradizionali di famiglia, basati sulla funzione genitoriale, si parla di famiglia come di una struttura sociale (alcuni parlano di un ‘genoma sociale della famiglia') che ha il compito di umanizzare le persone attuando il passaggio dalla natura fisicamente riproduttiva alla cultura fecondante le strutture sociali umane più complesse. Lo stesso “legame di sangue”, in passato ritenuto il confine tra una famiglia e un'altra, oggi è considerato non decisivo e non strutturale essendo divenuto non indispensabile essendo la genitorialità moderna basata sulla relazione e la filiazione non necessariamente basata sul rapporto sessuale di coppia (che da atto riproduttivo dovuto è divenuto atto di libera conferma di amore reciproco).
Le famiglie ricomposte sono un esempio pratico del profondo mutamento sociale contemporaneo. Formare una nuova famiglia da parte di due partner che provengono da una precedente unione con relativi figli è una pratica ormai comune che sottolinea ed evolve una nuova dimensione della relazione di coppia nella quale viene separata la funzione coniugale da quella genitoriale. Non deve sfuggire il fatto che nel mondo occidentale si assiste al declino del matrimonio tradizionale e si afferma la lunga convivenza e forme di unione basate sulla libertà di vincolo legato alla relazione affettiva individuale. Questo processo non pone eccessivi problemi sociali svolgendo in modo differente la coniugalità prima regolata dal matrimonio civile o religioso. Il problema diviene differente, e più complesso, nel momento in cui si separa dall'unione coniugale l'unione genitoriale, la quale non può essere gestita senza vicoli coinvolgendo i figli, in passato ritenuti comparse nello scenario matrimoniale, dominato dal diritto genitoriale di “proprietà” e oggi ritenuti di diritto attori principali che danno senso alla funzione sociale familiare.
Il tema è sicuramente delicato e deve essere affrontato in termini di diritto sociale così come sono espressi dalla leggi vigenti nei paesi occidentali. La formazione di una coppia e la successiva convivenza costituisce di fatto una unione coniugale che può o meno essere sancita da un matrimonio civile o religioso. Questo atto è un atto libero della coppia che in assenza di matrimonio può sciogliersi in qualsiasi momento e che in presenza di matrimonio civile può sciogliersi attraverso la pratica della separazione e del divorzio che suddivide tra gli ex coniugi i diritti coniugali acquisiti e i doveri genitoriali qualora vi fossero figli.
Con la separazione e il successivo divorzio si sancisce la divisione dei compiti genitoriali, ovvero dei doveri di ciascun genitore. La legge è chiara proteggendo i figli che da elementi accessori divengono attori depositari di diritti pieni. La deriva comune negli atti di separazione e la conseguente battaglia spesso legale è determinata dal fatto che i genitori in lotta tra loro confondono i loro doveri verso i figli, con i loro presunti diritti di genitori portando avanti contenziosi comportamentali più a base di ripicche e di transazioni di denaro (gli alimenti per i figli) piuttosto che tramite un'azione concorde nella crescita e nell'educazione dei figli. Una deriva sbagliata spesso sostenuta da una prassi malintesa anche a carico degli operatori sociali, degli avvocati matrimonialisti e persino dalla giustizia. Una situazione che si aggraverà nel caso in cui vengano soppressi i tribunali minorili.
La tesi che qui si vuole esplorare è basata sulla funzione sociale della famiglia ricomposta e la sua valenza di risorsa sociale per i figli, ribaltando il pensiero diffuso che queste famiglie siano di fatto un atto riparativo all'errore compiuto dai partner nel precedente matrimonio. La visione della famiglia ricomposta è qui formulata partendo dalla preminenza dei figli che la compongono, che la subiscono e nella quale devono crescere.
Il punto di partenza non può che essere una considerazione sintetica sullo stato della famiglia, o meglio delle diverse tipologie di famiglie, oggi praticate nella società contemporanea entrando nel campo delle definizioni, giusto per sapere di cosa stiamo parlando.
Nel dedalo delle definizioni
Fra le molteplici conseguenze dell’aumento delle separazioni e dei divorzi che, negli ultimi decenni, ha investito il mondo occidentale, e dunque anche l’Italia, va ricordato quello che è stato definito come “il fenomeno delle famiglie ricomposte”. Il termine famiglie ricomposte è stato proposto dalla sociologa francese Irène Théry alla fine degli anni '80 per indicare la coppia convivente, sposata o non sposata, con figli, in cui almeno uno dei due partner proviene da un precedente matrimonio.
Successivamente in Italia si è aggiunto il termine famiglie ricostruite (adottato dall'ISTAT) ad indicare le famiglie in cui uno o entrambi i partner provengono da un matrimonio (o da una convivenza) precedente. In sostanza la differenza tra i due termini sarebbe solo legata alla presenza o meno dei figli. All'atto pratico questa distinzione viene applicata raramente e si usano i due termini come se fossero sinonimi. Recentemente si sta anche affermando il nuovo sinonimo di “famiglia rinnovata”, aggiungendo più che risolvendo, la pletora di definizioni confusive. Molto meglio parlare di “famiglia ricomposta” conferendo ad essa la definizione più ampia e generica possibile.
Ma non è finita, scorrendo la letteratura, soprattutto quella più divulgativa, si nota che vengono adottate come sinonimi anche altre terminologie improprie quali “famiglie miste” (più propriamente riferibili a famiglie formate da partner di differente etnia culturale) e “famiglie allargate” (più propriamente riferibili a famiglie composte da persone tra loro imparentate con la presenza di nonni e di zii o altri parenti (vedi wikipedia).
Un capitolo a parte si deve aprire per quanto riguarda la terminologia genitoriale troppo spesso ancora legata a fatti socialmente ancestrali e del passato. L'uso ancora dei termini “matrigna”, “patrigno”, “figliastro” e “figliastra”, ancora insensatamente usati nella terminologia giuridica, sono da rigettate per l'enfasi negativa psicosociale e intimamente familiare.
Molto meglio usare la terminologia più naturale di genitori biologici e genitori sociali: spontaneamente i figli parlano di primo e secondo papà o mamma affermando così di fatto la cogenitorialità, oppure si riferiscono a mamma e papà aggiungendo i rispettivi nomi di battesimo. Per la fratria meglio lasciare alla favola di Cenerentola “fratellastro e sorellastra” in quanto in famiglia i figli si chiamano per nome e all'esterno li riferiscono come fratelli con un altro genitore.
Non vi è pena e stizza più grande di quella generata da coloro che vogliono sapere se due figli sono “fratelli veri” e se i genitori sono quelli “veri”, affermando distinzioni di sangue del passato tribale piuttosto che al fondamento della famiglia contemporanea basata sulla relazione affettiva: genitori e figli si diventa, non basta nascere o un frettoloso orgasmo (e oggi con le tecniche di fecondazione non è nemmeno indispensabile quello).
scritto da Alessandro Bruni
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