Come ho scritto su Madrugada (n.105), ma si possono vedere gli studi di Della Zuanna (UniPadova) e il suo libro con Stefano Allievi (Tutto quello che non vi hanno mai detto sull'immigrazione, 2016) nei prossimi 20 anni, a causa del calo demografico in Italia e del saldo negativo nati-morti (che ha superato i -250mila all'anno, perdiamo ogni anno almeno questa popolazione come “soli italiani”). Abbiamo inoltre una emigrazione annua di almeno 120mila italiani. L'Italia sarà obbligata a importare da un minimo di 100mila ad un massimo di 200mila immigrati all'anno (i 28 UE 1,5-2 milioni) solo per mantenere l'attuale tasso di sostituzione di chi va in pensione. Chi sostiene (ma nessun esperto lo dice) che si possono usare gli attuali disoccupati italiani per fare questi lavori non conosce come funziona il mercato del lavoro. Come mai gli imprenditori (spesso piccoli) agricoltori o in edilizia del Sud non prendono solo i disoccupati del Sud ma anche gli immigrati? Per varie cause, per esempio il disoccupato del Sud è spesso un giovane diplomato e laureato che non è disposto a fare quel tipo di lavoro (o a quella paga), oppure è una donna adulta di 40-50 anni che non è disposta a spostarsi di 20 km. per fare quel lavoro (o perché il marito non vuole, o perché è faticoso e mal pagato o per un orario troppo lungo) o perché il piccolo imprenditore preferisce un giovane immigrato più “malleabile” negli orari e nella paga. E allora arrivano gli immigrati che (i dati lo confermano) vanno soprattutto là dove trovano un lavoro.
Se per ipotesi nei prossimi 20 anni l'Italia bloccasse l'immigrazione, il Paese entrerebbe in recessione e senza crescita non riuscirebbe più a pagare le pensioni (250 miliardi all'anno), il resto della spesa pubblica (500 miliardi) e l'onere sul debito pubblico (63-70 miliardi all'anno).
Il contributo netto che danno gli immigrati (tasse e contributi meno spese per uso dei servizi, welfare e spese di accoglienza) è di circa 4-5 miliardi all'anno, ma gli effetti di un eventuale blocco dell'immigrazione produrrebbero un danno molto maggiore sui conti pubblici. Ma oltre a questo c'è un problema più grande in Italia. Nelle aree a forte sviluppo (specie al nord) la carenza di offerta di lavoro di giovani è molto più acuta. Porto l'esempio del Comune di Bologna: nei prossimi 20 anni vanno in pensione una media di 4mila lavoratori all'anno, mentre i giovani bolognesi che si presenteranno sul mercato del lavoro sono 2mila (la metà). Bologna ha quindi necessità di una immigrazione che verrà in parte dal Sud Italia, in parte da province limitrofe (Ferrara, ma che a loro volta avranno serissimi problemi), ma in parte da fuori Italia, soprattutto (ma non solo) per quel 30-40% di lavori non qualificati che l'economia italiana richiede e che i nostri disoccupati o giovani non sono disposti a fare perché sono lavori poco pagati, precari, pesanti, pericolosi o lontani da casa. Non è un caso che città come Cambridge (UK) sono in forte crescita economica e civile proprio perché hanno usato bene gli immigrati che oggi sono il 30% degli abitanti. Una città a piena occupazione, inclusiva e tollerante e dove il 70% ha votato contro la Brexit. Qui però gli immigrati sono arrivati con flussi regolari e sono stati tutti immessi in un percorso di formazione e lavoro e in giro si vedono solo 4 homeless britannici.
Al di là degli slogan propagandistici del Governo (a parole “porti chiusi”) si dovranno, prima o poi, attivare flussi regolari di immigrazione che, come dicono, peraltro, tutti gli studi hanno effetti positivi sull'economia. Si dovrà poi accogliere un parte di rifugiati (una quota sostenibile) per ragioni umanitarie (per convenzioni internazionali firmate e facendo ancora parte l'Italia di paesi democratici) che dovranno essere formati e integrati nell'economia.
A queste politiche non c'é alternativa se non vogliamo diventare un “bunker” che si autodistrugge non solo per il mancato rispetto dei diritti umani (che poi verrà esteso ad altri deboli) ma per un peggioramento delle condizioni di vita ed economiche dei “soli italiani”.
In Italia abbiamo 5,5 milioni di immigrati (8,5% della popolazione), di cui 2,4 milioni sono occupati regolari (tra cui 570mila piccoli imprenditori). Il loro gettito fiscale e contributivo supera ampiamente i costi dell’accoglienza dei rifugiati e dei servizi richiesti dalle famiglie arrivate dall’estero. Nel 90% si tratta di lavoro povero, subalterno, precario, pesante, pericoloso, poco pagato. Attualmente si stima che gli immigrati illegali siano circa mezzo milione. I rifugiati e richiedenti asilo sono 174mila (il doppio in Francia).
L'errore del Governo di centro-sinistra di fronte all'emergenza sbarchi (non essendoci stata in passato esperienza in Italia di questi massicci flussi come ha avuto invece la Germania negli anni '90) è stato quello di non integrare rapidamente i rifugiati-immigrati con politiche in cui siano impegnati a tempo pieno a studiare e con lavori socialmente utili gratuiti e poi, dopo un periodo (un anno), avviati con politiche mirate al lavoro, come si fa in Germania, UK, etc. ma anche in Trentino A.A./Sudtirol (Italia).
Il fenomeno poi va gestito dall'Europa con un piano Marshall in Africa e con accordi di sviluppo coi paesi africani data l'enormità del problema in una prospettiva storica futura, evitando traffici di persone con corridoi umanitari che partono vicini alle aree di guerra e dei campi profughi da farsi nel primo “paese sicuro” (in termini di rispetto dei diritti umani).
Questi campi profughi devono essere controllati dall'Onu e dalla sua Agenzia dei Rifugiati (UNHCR) affinché siano rispettati i diritti umani ed è questo un problema perché in Turchia si è visto che i 3 miliardi sono serviti non per i 3 milioni di rifugiati ma solo per un decimo e migliaia di ragazze sono state così vendute come seconde spose per la sopravvivenza delle famiglie di origine: un dramma nel dramma. Ecco perché gli hot spot dovrebbero essere in paesi europei, pagati da tutta la UE e civili e poi avviati i rifugiati nei vari paesi europei in base a popolazione, tasso di occupazione, reddito medio.
Bisogna poi introdurre in Italia il salario minimo per evitare che chi non ha contratto di lavoro (spesso immigrato) sia sfruttato. Il nuovo Governo potrebbe mandare gli Ispettori del lavoro, scortati dalle forze dell’ordine, a identificare i datori di lavori che sfruttano i braccianti immigrati, nelle principali campagne agricole, partendo dalle baraccopoli e seguendo i pulmini che li portano al lavoro. Se si promette il carcere agli evasori fiscali si dovrebbe essere altrettanto severi con chi sfrutta i lavoratori.
Come avviene in Germania e in Svezia, chi trova un lavoro dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno, inizialmente di un anno, ponendo fine alle controversie sulla fondatezza della domanda di asilo. Potrebbe così cominciare una vita autonoma, uscendo dal sistema dell’accoglienza. Non ha senso, come invece avviene oggi, buttare per strada un richiedente asilo che ha trovato lavoro, ma poi si vede negata la domanda di protezione internazionale.
Per decongestionare il canale dell’asilo e istituire un’alternativa ai rischiosi viaggi attraverso la Libia e poi per mare, oltre a corridoi umanitari più ampi degli attuali, si dovrebbero allargare le possibilità di immigrazione regolare almeno per il lavoro stagionale, già previste in passato dalle nostre leggi e dai decreti flussi annuali (bloccati da alcuni anni). Gli Stati Uniti hanno ridotto l’immigrazione non autorizzata dal Messico proprio riaprendo un canale d’immigrazione legale, stagionale, per l’agricoltura. Se le persone potranno entrare, lavorare e tornare al loro paese per ripresentarsi l’anno successivo, saranno meno disposte a rischiare la vita nei viaggi della speranza.
Un rapporto positivo tra immigrazione e sicurezza si costruisce solo promuovendo il lavoro degli immigrati (di cui, peraltro, abbiamo bisogno) nell’ambito dell’economia legale del nostro paese.
La letteratura e gli studi scientifici sono univoci (a livello internazionale) nel mostrare gli effetti positivi dell'immigrazione (se legale e organizzata), ma siamo in un periodo in cui “pagano” le semplificazioni e l'odio contro il diverso e l'immigrato senza capire che il futuro del paese non può prescindere da una immigrazione regolare e da una crescita degli immigrati che potrà diventare anche del 15% sulla popolazione dei “soli italiani” tra 20 anni come è già avvenuto in altri paesi.
Se non vogliamo gli immigrati l'alternativa sarebbe una ripresa della natalità i cui effetti però sul mercato del lavoro hanno effetti solo dopo 20 anni. Ad un dialogo e convivenza pacifica coi “diversi” e gli immigrati non c'è davvero alternativa. O meglio l'alternativa sarebbe un crescente impoverimento dei “soli italiani”, una riduzione costante del valore delle pensioni attuali, dei salari medi, del welfare, un ritorno al feudalesimo, cioè un vero disastro sociale. L'immagine delle 4 atlete (tutte di colore) della staffetta italiana che ha vinto l'oro ai giochi del Mediterraneo è l'Italia del futuro che assomiglia di più alle altre nazioni e finalmente guarda avanti.
scritto da Andrea Gandini