Il rapporto speciale “Riscaldamento Globale di 1,5°C” redatto dall’IPCC(Intergovernmental Panel on Climate Change), il gruppo intergovernativo che su mandato delle Nazioni Unite studia i cambiamenti climatici. La richiesta di questo rapporto è arrivata dai governi in seguito alla firma dell’Accordo globale sul clima raggiunto a Parigi in occasione della XXI Conferenza delle Parti (COP21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). A Parigi 195 Stati si sono posti l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali e di compiere tutti gli sforzi necessari per limitarne l’aumento a 1,5°C.
L’aumento della temperatura di mezzo grado potrebbe fare la differenza. L’IPCC ha difatti evidenziato nel Rapporto che il passaggio da un riscaldamento di 1,5°C a uno di 2°C potrebbe avere importanti ricadute negative in termini ambientali, sociali, economici e sanitari. La cosiddetta "soglia di non ritorno", ovvero cambiamenti in tutto l’ecosistema totalmente irreversibili, non è dunque di 2 gradi d’aumento della temperatura, come si diceva quando è stato firmato l’Accordo di Parigi, ma di 1,5 gradi. In poche parole se non fermiamo ora l’aumento della temperatura nel 2040 non ci sarà più possibilità di tornare indietro.
E’ stato, inoltre, sottolineato che oggi stiamo già vivendo le conseguenze del riscaldamento globale (1°C in più rispetto ai livelli preindustriali) che si sta manifestando sotto diverse forme: eventi metereologici estremi, innalzamento del livello del mare, diminuzione del ghiaccio marino artico. Evitare gli scenari più catastrofisti è ancora possibile ma ciò richiede cambiamenti rapidi e lungimiranti in molti settori - quali ad esempio: energia, industria, edilizia, trasporti, ecc. - che dovranno portare alla riduzione delle emissioni globali di circa il 45% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2010) e all’azzeramento entro il 2050. Tra le possibili misure da adottare sono indicate l'installazione di sistemi energetici a basse emissioni di carbonio e l'espansione delle foreste per aumentare la capacità di assorbire anidride carbonica dall'atmosfera.
Il cosiddetto PLAN B (ovvero usare la geo-ingegneria al posto del PLAN A cioè il cambio di paradigma produttivo) piace all’America di Trump, che nega il riscaldamento globale, ed anche alla Cina, India ed altri paesi dei BRICS, sempre pronti a recriminare sul fatto che far scendere le emissioni devono essere per primi i paesi di vecchia industrializzazione.
Non ci sono scorciatoie per fermare il cambio climatico serve una sterzata poderosa che diminuisca le emissioni attraverso i cambiamenti nella produzione di energia, attraverso l’agricoltura di prossimità e non l’agro-business ed attraverso nuove forme di mobilità. La cosa pericolosa, come denunciato da molte reti ed associazioni ambientaliste, è che utilizzando l’emergenza climatica invece di intraprendere una profonda strada di cambiamenti si preferisca il PLAN B: ovvero la geo-ingegneria.
Il dossier fornisce ai decisori politici e agli stakeholder del settore le informazioni e i dati necessari per adottare soluzioni efficaci per contrastare i cambiamenti climatici tenendo in considerazioni i contesti locali e i bisogni delle persone. Il Rapporto costituisce un importante riferimento scientifico anche per la COP24 che si terrà a Katowice in Polonia dal 3 al 14 dicembre 2018.
Per approfondire vedi:
- l’infografica sul Report a cura del CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) clicca qui
- il sito web del Focal Point IPCC per l’Italia, ospitato dalla Fondazione CMCC, clicca qui
sintesi dell'argomento scritto da Alessandro Bruni sulla base delle fonti citate