Sempre più Italiani emigrano all'estero e col forte calo demografico è iniziato da alcuni anni il grande spopolamento dei piccoli paesini: chiunque vada sugli Appennini, le Alpi e in zone periferiche avrà notato lo stato di grave spopolamento in corso e di abbandono di interi paesi. Nei prossimi ani la situazione non potrà che aggravarsi: che fare?
Sono stati 114mila nel 2016 (+11% sul 2015) gli Italiani che sono emigrati all'estero (quelli ufficiali), ma Ocse stima che possano essere stati molti di più (da 125 a 150mila). Nel 2017 pare siano saliti a 200mila. Poiché la media degli emigrati italiani ufficiali registrati dal 2006 al 2015 è stata di 99mila unità significa che il fenomeno è in forte e drammatica crescita. Le stime sono dell'Ocse che raggruppa i maggiori 38 paesi al mondo e analizza i flussi migratori ufficiali. L'Italia è all'ottavo posto; il 1° paese da cui si emigra è Cina (538mila all'anno) seguito da Romania (419mila), Siria (343mila), India, Polonia, Messico, Vietnam, Italia, Filippine. Gli Italiani vanno soprattutto in Germania, Spagna, UK, Francia, Nord Europa.
Se si considera che il saldo naturale (morti-vivi) dei soli Italiani è di circa -250mila unità all'anno (ed è in aumento) e che “esportiamo” ormai stabilmente almeno 150mila Italiani, significa che perdiamo ogni anno circa 400mila connazionali e si capisce perché il calo demografico sia un problema drammatico per il nostro paese e ce ne accorgeremo prima di quanto si creda in termini di mancanza di giovani in grado di sostituire chi va in pensione specie in quei mestieri poco qualificati che ormai nessun connazionale vuol più fare. Ciò ridurrà, in assenza di immigrazione legale, sia la crescita economica del paese e la possibilità di pagare sia le pensioni che la spesa pubblica e gli oneri sull'elevato debito che abbiamo accumulato. Non è un caso che la Romania (che ha una fortissima emigrazione verso l'Europa) è uno dei pochi paesi Europei in cui l'occupazione dal 2001 al 2018 è calata, mentre in Europa cresceva di ben 20milioni di unità.
Ciò spiega perché l'unica politica seria sull'immigrazione è una programmazione di flussi regolari di immigrazione, i soli in grado di ridurre l'immigrazione illegale (clandestina) e i barconi. Per chi fosse interessato posso dare i dati anche nelle singole province o città di cosa potrebbe avvenire nei prossimi 20 anni in termini di calo demografico e di calo di offerta giovanile che non sarà in grado di far fronte neppure al semplice turn-over di chi va in pensione (tanto più se si accelera l'andata in pensione abolendo la legge Fornero).
Ma ciò che è davvero preoccupante è lo spopolamento in atto in moltissimi piccoli Comuni periferici (Appennini, Alpi, isole,...). In questi Comuni spesso di mille-duemila abitanti si è già scesi attorno a poche centinaia di unità e spesso c'è solo un bar e un solo negozio di alimentari.
A Rive (Vercelli) dove abitano 450 persone, il negozio di alimentari ha chiuso perché il Comune (che ne è proprietario e che paga le utenze) non ha avuto nessuna proposta al bando di assegnazione. Per ora gli alimentari sono stati trasferiti nel bar e gli abitanti sono d'accordo perché altrimenti devono fare 10 km per andare al più vicino negozio di alimentari. Ma il Sindaco dice che è una soluzione provvisoria e spera che qualcuno riapra il negozio.
Ci dovrebbe essere una legge che permette (quando gli abitanti stessi sono d'accordo) di fare delle eccezioni nell'interesse delle comunità. In Irlanda per esempio nei Comuni periferici e piccolissimi le poste sono gestite dal negozio di alimentari.
Ad Alicudi (Eolie, 103 abitanti) c'è la scuola più piccola d'Europa (3 studenti alle elementari e senza bidello) e la maestra, che viene dal “continente”, dopo un mese ha rinunciato. Se ci fosse una legge (dice il vicepreside della scuola di Lipari) che desse la precedenza come insegnante a chi risiede sulle isole potremmo avere l'insegnante. Ora c'è una legge (art.13) che dà la precedenza ai professori isolani dal prossimo anno.
Perché non estendere queste norme ed eccezioni a tutti i piccoli paesini soggetti a forte spopolamento, affinché i Sindaci possano assegnare alcuni lavori (come ha fatto Lucano a Riace con la raccolta rifiuti) a residenti anziché fare “bandi” in cui possono vincere aziende esterne non solo controllate dalla mafia, ma che danno lavoro a persone non lì residenti? Se gli abitanti sono d'accordo e se questo aiuta a far vivere questi paesini perché non farlo?
Ecco un tema su cui organizzare una iniziativa nazionale dando ai piccoli paesini quella flessibilità e creatività che consente di risolvere molti problemi che le norme non consentirebbero. Bisogna introdurre il principio che nelle piccole dimensioni (di paese e di attività) le norme devono avere una certa flessibilità proprio nell'interesse della comunità locale. È anche un modo per trasformare la vicenda di Riace in una iniziativa propositiva a vantaggio di tutti i piccoli paesini.
scritto da Andrea Gandini