"Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventi cammello, poi si trasformi in leone ed infine in fanciullo".
Si apre così il capitolo Delle tre metamorfosi del Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche, uno dei più importanti dell’intera opera del filosofo tedesco. Con un linguaggio poetico e enigmatico, Zarathustra annuncia la sua “buona novella”, dopo aver trascorso un lungo periodo di meditazione in totale isolamento.
Zarathustra/Nietzsche racconta come lo spirito sia stato costretto, nel corso di una storia millenaria, a rimanere “cammello”. Ma chi è il cammello? E’ un animale da soma che è costretto a portare i pesi e ad obbedire ad una legge impostagli dal suo padrone, che accetta ciò che gli viene imposto, si inginocchia, carica il peso, accetta silenzioso il suo destino di attraversare il deserto. Il cammello rappresenta per Nietzsche l’uomo che ha deciso di subordinare la sua vita alla fede e alla legge (siano essi i 10 comandamenti, o le 3mila leggi ebraiche o il Corano). E’ un uomo ligio alla legge del Padre.
La seconda metamorfosi è da “cammello” a “leone” che è l’opposto del cammello e si caratterizza per il suo dire “no”, per il rifiuto continuo ad accettare il mondo così com’è. E’ anche il “no” dei bambini-adolescenti, che si oppongono ai genitori per affermarsi, per iniziare a costruire quell’ancora molto piccolo “io” che solo a 21 anni si completa. “Io voglio” è la fonte di nuovi valori, la libertà e l’opposizione, un santo No anche di fronte al dovere di seguire le legge del Padre: per questo c’è bisogno del leone.
Ma il leone è ancora troppo legato alle vie dell’ieri, acerbo, improduttivo, “bastian contrario”: per fondare nuovi valori e affermare la propria volontà di potenza, è necessario tornare al “sì”, ma a un “sì” diverso, rivolto al futuro, all’innovazione: un sì del Figlio, non più del Padre. Gesù Cristo, rompendo la legge del Padre (e dei 10 comandamenti) ci sospinge su una via nuova, quella dell’amore, della libertà (che sta con la responsabilità), della presa di coscienza, che non ha più leggi esterne da seguire ma solo le nostre leggi morali, interiori, di coscienza che però ora dobbiamo coltivare noi (che fatica…). E’ quindi un sacro dire “sì” del fanciullo. E’ anche l’innocenza del fanciullo, un abbandonare il passato (così consolante ma anche vincolante), è un ricominciare, è un gioco, una ruota che gira da sola, un primo passo (sempre il più difficile in una nuova avventura), un santo dir sì.
Col “sì” del fanciullo si annuncia l’avvento del “super-uomo”, colui che si sottrae al peso della storia e del passato, che al rifiuto accompagna lo spirito creativo e il gioco.
Ma c’è qualcosa di più nelle tre metamorfosi. Tutti noi esseri Umani veniamo dal “cammello”, da un unico Padre, siamo un’unica umanità; poi c’è il leone che è la nostra patria, il nostro paese, la nostra comunità locale, il nostro clan, la nostra famiglia a cui siamo così tutti (o quasi) legati e mai come in questi tempi c’è un desiderio di proteggere questa “comunità” minacciata da globalizzazione, consumismo, iperliberismo. Infine c’è il fanciullo, cioè noi, il nostro io.
Ma se vogliamo diventare esseri Umani con la U maiuscola (uomo/donna si diventa, non si nasce), dobbiamo allora compiere durante la vita un lungo cammino: amare certo la nostra comunità e la nostra famiglia, i nostri figli e nipoti (che spesso anche “rompono”…più i figli che i nipoti), ma anche saper costruire con altri (che non sono la nostra famiglia), una comunità più ampia, matura, legata da affinità elettive che nascono fuori dalla nostra famiglia di origine. Costruendo queste nuove comunità, noi costruiamo nella coscienza una nuova Umanità. Ed è per questa ragione che siamo in Macondo.
Molti di noi festeggiano il Natale in famiglia, ma fuori di noi c’è una comunità (elettiva) più grande che ci chiama e che possiamo costruire solo insieme che si chiama Macondo e se lo facciamo diamo una mano per quella nuova umanità di cui c’è tanto bisogno sulla traccia indicataci da Giuseppe e Gaetano.
scritto da Andrea Gandini
Per approfondire si veda il video di Carlo Sini, Delle tre metamorfosi