Una ricerca condotta dall'Osservatorio sul pluralismo religioso dell'Università di Bologna e Regione Emilia-R. ha mostrato che gli immigrati collaborano a tenere aperte più le chiese cristiane che le moschee. Le nuove chiese sono quasi il doppio delle nuove moschee. Frequentare una chiesa aiuta a sentirsi meno soli, favorendo l’integrazione. In Emilia-Romagna i luoghi di culto musulmani (circa 170) sono meno di quelli dei nuovi immigrati protestanti e pentecostali (oltre 180). Se a questi si aggiungono le 65 comunità cristiane ortodosse, le 53 comunità cattoliche immigrate si arriva a 297 chiese censite. In Italia i musulmani sono circa il 4%. La comunità cristiana ortodossa è quella a maggior crescita negli ultimi 20 anni: da 5 chiese presenti prima del 2000 in Emilia-R. oggi siamo a 61. In Italia sono 1,6 milioni gli ortodossi, in Emilia-R. 160mila (secondi dopo i cattolici).
Anche i protestanti sono in crescita con 184 luoghi di culto. La presenza di nuovi fedeli le rende più visibili e rilevanti, ma la sensibilità religiosa degli immigrati costringe queste chieste a interrogarsi sull’identità consolidata nel tempo, a elaborare liturgie e trovare punti di convergenza con i nuovi arrivati. Ad esempio, la chiesa metodista di Bologna e Modena include fedeli appartenenti a 20 nazionalità e tenta di integrarli tra loro e con gli autoctoni attraverso un lavoro di armonizzazione liturgica ed esperienziale. Le chiese pentecostali sono 59 (quelle che si diffondono di più).
Un fattore di trasformazione del cristianesimo italiano è dato dalla presenza di cattolici immigrati che, in molte parrocchie, convivono con gli autoctoni e sono portatori di una diversa sensibilità religiosa, più entusiasta e partecipata dove la musica ha un ruolo più importante.
Le comunità censite dalla ricerca includono africani francofoni e anglofoni, nigeriani anglofoni, albanesi, bengalesi, eritrei di rito etiope, filippini carismatici e non, latinoamericani, polacchi, rumeni di rito orientale e di rito latino, srilankesi, ucraini di rito greco-cattolico, ungheresi, cinesi.
La comunità religiosa permette di sentirti a casa quando ne sei lontano, è fonte di solidarietà e aiuto, favorisce non solo l’integrazione materiale ma anche quella della persona. Dall’indagine risulta che, spesso, alla precarietà di molti luoghi di culto corrisponde una difficoltà di integrazione nella comunità di riferimento. Tutelare il pluralismo religioso è un modo per costruire una società pacifica e rispettosa delle differenze.
Andrea Gandini, sintesi tratta da Dire – Redattore Sociale