Spiaggia del Profeta
Qui si sono fermati.
Prima la ragazza dagli occhi grigio-verdi
Dei mari del Nord
E dal sorriso maturato sugli argini del Nilo
Poi l’amico
Il poeta dei Paesi Alti
Attento ai bisbigli dei traghettatori
Sui sentieri aridi dell’esilio
Infine il più vecchio
Uomo dalle suole di vento
Tanto Afgano quanto Mongolo
portato da mondi di ieri che ha intravisto
Spiaggia del Profeta
Hanno portato i loro passi
Verso il sole al tramonto
Un’onda è arrivata a lambire i loro piedi
Benedizione del Profeta
Profeta anonimo
Di coloro che credono
Alle verità della bellezza.
Traduzione di Annalisa Comes
Ascolta la poesia recitata in musica da Gianmaria Testa
Nota biografica. Jean-Claude Izzo nacque a Marsiglia nel 1945 da Gennaro Izzo, un immigrato italiano originario della provincia di Salerno, e da Isabelle, una casalinga francese, figlia di immigrati spagnoli. È morto di cancro nel 2000. Per conoscerlo basta la sua autobiografia a tracciarne le sensibilità e l'impegno civile.
Appartengo al Mediterraneo. Questo mare lo vivo, lo respiro, lo sogno, lo penso da un solo punto di vista. Quello di Marsiglia. La città dove sono nato per un caso dall’esilio di mio padre, napoletano e da mia madre, andalusa. Rivendicando tale appartenenza, rientro – ne ho piena coscienza e voi avete il diritto di saperlo – nelle categorie delle nuove « classi pericolose », così come sono definite da un importante rapporto (importante per l’avvenire dell’Europa) della Banca Mondiale. E poi ancora, arbitrari, fanatici, violenti. E anche, evidentemente, miserabili.
Questo rapporto dice che siamo, noi del Mediterraneo, numerosi, indisciplinati certo migranti. Sempre in questo rapporto, la Banca Mondiale suggerisce all’Europa di erigere fra il Nord e il Sud, un confine moderno, come un ricordo della frontiera fra l’Impero Romano e i Barbari. Domani, quando il secolo si sarà spostato dalle parti di Maastricht e applicheranno allora le direttive della Banca Mondiale, parafrasando Erri De Luca, potrò allora cominciare un romanzo con queste parole : «Appartengo a un paese e a un mare barbari. Sì, forse, sfortunatamente.
Eppure, dritto in piedi davanti alla diga Santa-Maria, con il volto verso il largo, e lasciando vagare i miei occhi sull’orizzonte di carghi in partenza, persisto nel mio punto di vista. Da Marsiglia, nel Mediterraneo. Sono esistite Alessandria e Tangeri.
Marsiglia esiste ancora oggi. Sola, unica dunque. E bene o male, ancora in piedi. Ultima sopravvivenza degli incroci di uomini e di culture. E di fronte alle fratture, alle frantumazioni, alle frammentazioni che hanno caratterizzato e caratterizzano la storia di questo mare e delle sue due sponde, credo che il punto di vista di Marsiglia sia la sola risposta moderna alle nostre aspirazioni. Bisognerebbe rileggere L’Esilio di Elena di Albert Camus.
Come un breviario : «In questi luoghi si può comprendere che se i Greci sono arrivati alla disperazione, è stato sempre attraverso la bellezza, e in ciò che vi è di opprimente. In questa infelicità dorata, culmina la tragedia. Il nostro tempo, al contrario, ha nutrito la sua disperazione nella bruttezza e nelle convulsioni. È per questo che l’Europa sarebbe ignobile, se il dolore potesse mai esserlo». Era il 1948.
Cinquant’anni dopo, lo riaffermo, se c’è un avvenire in Europa, una bellezza per l’avvenire, è in quello che Edouard Glissant chiama « la creolità mediterranea ». Questo sguardo altro sul mondo. È tutto in questo. Fra il vecchio modo di pensare, economico, separatista, segregazionista (della Banca Mondiale e dei capitali privati internazionali) e una nuova cultura, diversa, meticcia, in cui l’uomo resta padrone del suo tempo e del suo spazio geografico e sociale.
Appartengo al Mediterraneo, dicevo. Tengo per mano le mie due sponde. E Oriente e Occidente. Mi dilanieranno, forse, ma l’Europa non mi farà mai abbandonare una per l’altra. Perché rivendico l’insegnamento unico di questo mare: più ci si arricchisce di culture, più il pensiero si allarga, più il mondo si apre a noi, e più l’altro – l’altro mediterraneo, africano, asiatico e latino-americano – ci è vicino. Fratello umano. È così che penso, come il bastardo di una storia cominciata qui, a Marsiglia, duemilaseicento anni fa.
segnalato da Alessandro Bruni, pubblicato in «Télérama» nel 1998, traduzione di Annalisa Comes