Il matrimonio islamico è un contratto di diritto privato, non ha carattere religioso, ed “ha per scopo il riposo dell’anima, il lecito esercizio della sessualità e la crescita della nazione/comunità”.
In questi anni sono in atto dei movimenti da parte delle associazioni musulmane per arrivare a un riconoscimento da parte dello stato italiano per i matrimoni celebrati in Italia con rito islamico.
Per la validità del matrimonio musulmano si richiede la presenza degli elementi comuni a qualsiasi tipo di contratto:
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soggetti: gli sposi e il curatore matrimoniale, il parente maschio più prossimo alla donna;
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oggetto: per il marito sono tutti i diritti (isma) che egli può vantare nei confronti della donna, mentre per la moglie sono, principalmente, il dono nuziale, il diritto al mantenimento, il diritto di custodia dei figli (il padre ha la tutela legale e la responsabilità dell’educazione morale, fisica e religiosa, e trasmette al figlio la propria religione). Questa differenza è dovuta al fatto che mentre un uomo musulmano può sposare una donna di una fede diversa, questo non è permesso alla donna;
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consenso: può non coincidere con quello degli sposi, in quanto la donna vergine è rappresentata da un tutore;
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espressione del consenso. In riferimento ai figli, è necessario precisare che il padre ha la potestà, vale a dire il potere esclusivo di prendere delle decisioni quando si tratta di istruzione, educazione, amministrazione dei beni; la madre ha invece la custodia, che si traduce nel diritto-dovere di curarli, allevarli, sorvegliarli.
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Il regime patrimoniale tra i coniugi è basato solo sulla separazione dei beni.
Per quanto concerne il divorzio, è riconosciuto come diritto di entrambi i coniugi, però è considerato come la lezione peggiore tra le lecite agli occhi del Signore; può avvenire solo nel caso di malattia fisica o psichica, o nel caso di impotenza antecedente e insanabile.
La moglie e i figli hanno il diritto di avere un mantenimento adeguato, preservando i diritti del bambino. Il matrimonio può essere sciolto per ripudio, per morte legale o presunta; il marito musulmano, inoltre, ha sempre il potere di decidere unilateralmente lo scioglimento del vincolo matrimoniale e fino a tre volte. La donna non musulmana è discriminata rispetto alla musulmana nella sua posizione di madre. Alcune leggi prevedono che i figli possono essere tolti alla madre non musulmana se vi è timore che ella li allontani dalla religione paterna.
All’interno del mondo islamico è però presente molta varietà tra le varie correnti, e nel tentativo di arrivare ad un adeguamento alla società moderna, i legislatori musulmani stanno cercando di combinare le dottrine delle diverse scuole giuridiche.
Nel caso di un matrimonio tra una persona cattolica ed una musulmana, solo nel 1993 si arriva, nel mondo cattolico, ad esprimere una prima distinzione tra matrimoni misti ed interreligiosi.
In generale si può affermare che i rappresentanti della Chiesa cattolica e dell’Islam sconsigliano ai loro fedeli di impegnarsi in un matrimonio musulmano-occidentale a causa di tutte le differenze presenti tra le diverse religioni.
Il Dossier del Segretariato per le Relazioni con i Musulmani di Parigi chiede al partner cristiano di non decidere in modo affrettato, di informarsi sullo statuto giuridico dei rispettivi paesi, di andare anche a vivere per un periodo nel paese del fidanzato/a. L’obiettivo è di rendere consapevoli i due partner delle divergenze presenti, non solo nella religione, ma anche nello stile di vita, perché se come coppia possono sembrare gestibili, alla nascita dei figli emergeranno con più prepotenza.
Non si può però bloccare l’andamento della società, in cui emerge che le unioni miste aumenteranno con le seconde generazioni, o con i figli di coppie miste.
tratto da Tesi di Laurea di Giorgia Zugarelli "Le coppie miste in Italia. La ricerca di buone prassi per Il Servizio Sociale". Corso di Laurea specialistica in Interculturalità e Cittadinanza Sociale. Ca' Foscari Venezia, 2012
sintesi di Alessandro Bruni