Il modello tedesco mette al centro la legge dello stato come spina dorsale dei rapporti tra comunità. Porsi al di fuori o in conflitto con la legge, per un popolo che ha fatto del rispetto delle regole il proprio emblema, è inconcepibile. È questo che si cerca di far passare nei corsi di integrazione per stranieri.
A differenza del modello inglese che ha come punto debole una semi-ghettizzazione della popolazione migrante e del modello francese che richiede un’implicita rinuncia alla propria identità per aderire alla nuova identità francese, il modello tedesco sembra andare nella direzione di un’integrazione dove ciascuno può mantenere i tratti fondanti della propria identità purché questi stiano dentro i parametri base della legge. Questo modello permette di “essere tedesco” in modo diverso ma comunque riconosciuto come valido.
Le leggi però cambiano, si evolvono, possono essere messe in discussione o non essere applicate in modo equo. Da un lato la legge garantisce la libertà d’espressione e la libertà di religione, garantendo pari diritti tra uomini e donne e l’uguaglianza di tutti i cittadini, dall’altro le norme cambiano e si adattano alla società e alle nuove politiche.
Negli ultimi anni in Germania è in corso infatti una battaglia attorno a questo modello di integrazione. I partiti di stampo nazionalista e xenofobo quali Pegida e AfD (Alternative für Deutschland) pongono la Germania e il suo modello di integrazione davanti a una nuova sfida. Questi partiti vorrebbero, infatti, limitare fortemente l’ingresso di migranti, sostenendo che l’immigrazione e l’islam siano un pericolo per la società e la libertà tedesca, e criticando le politiche di accoglienza della cancelliera Angela Merkel.
La società tedesca però si sta dimostrando matura e aperta, alle varie manifestazioni xenofobe organizzate di recente ha finora risposto con altrettante contro-manifestazioni con lo slogan “Deutschland ist und bleibt bunt”, la Germania è e rimane a colori, difendendo un modello di integrazione che molti ritengono ancora adeguato.
Come funzionano i corsi di integrazione per stranieri in Germania
I corsi per l’integrazione non sono obbligatori per tutti: i cittadini europei possono viaggiare, risiedere e lavorare in un qualunque paese comunitario senza dover fare richiesta per il permesso di soggiorno. I cittadini della Comunità Europea non sono quindi obbligati alla frequenza di questi corsi. È sicuramente consigliabile accedervi se non si possiede alcuna o quasi conoscenza della lingua e si intende vivere e lavorare in modo stabile in Germania.
Di contro, i cittadini di paesi non comunitari dovranno avere solidi requisiti come un permesso di studio o di lavoro per poter permanere sul territorio tedesco. Se non conoscono la lingua tedesca e vogliono far richiesta di aiuti e sussidi statali, iscriversi a un corso professionalizzante denominato Ausbildung, richiedere lo status di rifugiato o ottenere la cittadinanza tedesca, avranno l’obbligo di frequenza e di superamento degli esami del corso d’integrazione.
I cittadini europei, una volta registrati al comune come residenti, possono iscriversi al percorso di integrazione, Integrationskurs, che comprende 600 ore di lingua tedesca, dal livello A1 al livello B1, l’esame di certificazione, Deutsch-Test für Zuwanderer, e un corso di cultura generale di 60 ore con relativo esame chiamato Leben in Deutschland.
Lo stato tedesco sconta il costo del corso di più del 50%. Se superi con successo l’esame di certificazione, lo stato elargisce un ulteriore bonus pari al 50% della spesa sostenuta. In pratica un corso di 600 ore, più un ulteriore corso breve di 60 ore, e relativi costi di iscrizione agli esami, costerebbe più di 4.800 euro. In tal modo si possono pagare 120 euro circa, anziché 400 euro, ogni 5 settimane ovvero la durata di un ciclo di studio.
Per i cittadini extraeuropei non richiedenti asilo non vi è alcuna forma di agevolazione o rimborso. I richiedenti asilo invece accedono al sussidio del governo, più ulteriori agevolazioni per il trasporto pubblico e per l’affitto della casa, in base a diverse variabili quali il reddito, l’età, la condizione familiare, la scolarizzazione.
Il corso di lingua comprende conversazione, grammatica, ascolto, come qualunque altro corso di lingua. In aggiunta è previsto anche un corso di cultura tedesca, che non solo è necessario per concludere il percorso formativo, ma anche per richiedere successivamente la cittadinanza.
I moduli per il corso di integrazione vero e proprio “Leben in Deutschland” sono suddivisi in capitoli brevi di storia, geografia, simboli della Repubblica tedesca, cucina regionale, regole della civile convivenza, accenni al sistema politico e ai partiti in Germania.
L’esame consiste in 33 domande scelte tra 310 domande a risposta chiusa, 300 delle quali di carattere “nazionale” valide per tutto il territorio tedesco e 10 specifiche per il Bundesland (la regione) in cui si vive. Il test è semplice e bastano solo 17 risposte esatte per superarlo. Dal sito ufficiale del BAMF si può accedere al catalogo delle domande e fare i quiz per esercitarsi.
Una volta superato sia l’esame di lingua che l’esame di integrazione, si riceve per posta direttamente a casa un plico con i certificati spediti direttamente dal BAMF.
Dei quasi 300 mila nuovi iscritti ai corsi di integrazione in Germania nel 2017 ben 100 mila sono siriani, più del 30%. Seguono iracheni (9,4%), afghani (6,9%), eritrei e iraniani. I cittadini comunitari UE rappresentano in totale il 17%.
In totale il BAMF stima che nel 2017 oltre il 90% degli studenti ha superato con successo l’esame di lingua “Deutsch-Test für Zuwanderer”, con un livello A2 (40%) e B1 (51%), livello considerato minimo per accedere al mercato del lavoro.
Dal 2005 al 2017 più di 2,7 milioni di persone si sono iscritte in totale ai corsi di integrazione per stranieri in Germania e circa i tre quarti di essi, ovvero circa 2 milioni di persone, lo hanno concluso con successo.
Il numero di persone iscritte ai corsi di integrazione è andato in continua crescita dal 2012, quando gli iscritti erano 94 mila, al 2016, quando hanno raggiunto il picco di 340 mila unità, per poi calare alle 291 mila del 2017.
Il dato è chiaramente connesso a quello delle domande di asilo in Germania, che sono cresciute a ritmi prima lenti dal 2013 e poi vertiginosi nel 2015 e 2016, per poi calare nel 2017.
ndr. Viene da chiedersi perché in Italia non si segue un percorso di integrazione simile.
scritto da Michela Manetti, pubblicato in Le Nius del 18 febbraio 2019
sintesi dell'articolo originale di Alessandro Bruni