Il motore dell'Italia è ancora lei la famiglia. Siamo un Paese in cui la maggior parte della popolazione pensa che la propria felicità coincida con quella di genitori e figli. Una filosofia di vita che non è un segno di arretratezza, ma una risorsa che contribuisce al benessere economico e alla coesione sociale dell'Italia. In primis con la scelta di vivere vicini “che genera incessanti flussi di risorse dalle generazioni più anziane verso quelle più giovani”.
Queste parole di Gianpiero Dalla Zuanna, scritte con Maria Castiglioni nel recente libro “La famiglia è in crisi. Falso!” (2017, Laterza), fanno da anteprima a quanto l'autore ci racconterà a Crespano alla festa di Macondo. A lui rivolgeremo sicuramente molte domande, incerti sull'aver bene interpretato i suoi studi e desiderosi di mettere a confronto la fotografia della famiglia che scaturisce dalla sua analisi con la nostra percezione di famiglia-cespuglio dai molti legami relazionali di affetto, più che di sangue.
Dobbiamo davvero ascoltarlo con grande attenzione perché la sua tesi sulla famiglia è netta (mentre noi la viviamo con incertezza). Secondo Dalla Zuanna, malgrado i tanti cambiamenti sociali intervenuti, c'è un dato di fondo che si mantiene sostanzialmente inalterato nel tempo: la grande forza dei legami di sangue che contraddistingue la famiglia italiana. Questo è il risultato di una fotografia demografica capace di mostrarci il presente e il passato, ma incerta nella proiezione sociologica del futuro, se non in termini di lettura storica. È su questo punto che ci confronteremo ascoltandolo con attenzione e porgendo le nostre esperienze di vita tra separazioni, divorzi, figli disputati, figli accolti, figli condivisi, nuove fratrie, nuovi modelli genitoriali, padri e madri biologici e padri e madri di riferimento quotidiano: tracce di sangue diluito e di coaguli di affetti in continuo divenire.
È di tutta evidenza la radicale trasformazione dalla vecchia struttura familiare allargata del passato a quella mononucleare di oggi. Ma lungi dall'essersi slabbrati, i vincoli familiari si sono sempre rinsaldati specie perché basati su una libera scelta, mentre ieri erano in buona misura obbligati. È questa una differenza non piccola, ieri fomentatrice di disagio e disuguaglianze a causa delle derive paternalistiche, ed oggi elemento di vitalità, di affetti nuovi e di genitorialità nuove.
Ancora oggi, la grande maggioranza delle persone ritiene che la propria felicità coincida con quella dei propri genitori e figli, e in subordine con quella dei propri parenti più o meno stretti. Sul piano demografico questa tesi è basata su una ricognizione meticolosa dei vari aspetti in gioco: da quelli materiali (reddito, casa, lavoro) agli immateriali (matrimoni o convivenze, figli, relazioni). Purtroppo nella nostra società questi due aspetti sono difficilmente armonizzabili: a partire dalla scelta diffusa tra genitori e figli di abitare vicini, il che alimenta contatti frequenti e scambi di aiuti reciproci, non solo di natura economica, ma anche nella costruzione dell'appartenenza dei nipoti: si pensi all'importanza oggi dei nonni, non come baby sitter gratuiti, ma come coeducatori familiari nella formazione dei nipoti e nel sostegno alla genitorialità di coniugi impegnati nel lavoro.
Certo, non si nascondono i problemi sul tappeto, a partire da quello del calo delle nascite che riguarda un po' tutto l'Occidente, ma che nel nostro paese ha assunto dimensioni drammatiche (da oltre trent'anni ormai l'Italia è il campione di bassa natalità). Col paradosso che in Italia nascono pochi figli non per egoismo o necessità, ma perché le coppie vorrebbero per loro un futuro di alta gamma, e sentono di essere poco aiutate in questo dallo Stato e dal contesto sociale di vita. Tra l'altro, a margine, ci sarebbe da discutere se è corretto per i genitori immaginare per i figli un “futuro di alta gamma”, piuttosto che un più umile e concreto “futuro di felicità”, proprio perché quest'ultima si costruisce nella famiglia, mentre “l'alta gamma” si crea dall'interazione dell'individuo con il contesto sociale.
Un dato è inequivocabile: tra i paesi occidentali, l'Italia è quello che meno fa per la famiglia in termini di servizi e di politiche fiscali. Dalla Zuanna sostiene una proposta volta a “buttare l'acqua sporca, ma di salvare il bambino”, ovvero come mettere mano a una possibile politica riformistica a favore della famiglia e dei suoi componenti più deboli, specie bambini e anziani. È uno scenario che mette radici proprio in quella persistenza di legami forti del nucleo familiare che viene semplicisticamente descritto sulla base di linearità “di sangue”, mentre in effetti sono legami di relazione costruiti quotidianamente nell'esercizio di appartenenza al di là dei legami genetici. Oggi genitori si diventa e non si nasce, e così vale per essere figli e nonni.
Dalla Zuanna nei suoi lavori sottolinea che la scelta di politica sociale dovrebbe essere quella di “togliere a molti l'ingiusto, per dare a molti il giusto”, nell'intento di stabilire pari opportunità tra le generazioni e tra le persone. Una scelta dunque a forte determinante sociale ben presente nello scenario italiano con incessanti flussi di risorse dalle generazioni più anziane verso quelle più giovani che non si esauriscono con l’uscita da casa da parte dei giovani, ma continuano anche con la cura dei nonni verso i nipoti. Un legame questo che poi diventa reversibile e cioè la cura del vecchio che resta nella sua casa di origine: una tendenza auspicabile, ma oggi poco praticata nelle aree metropolitane. Basta visitare le case di riposo per anziani dove la tendenza a “parcheggiare” l'anziano per poter vivere appieno la propria vita è largamente manifesta.
Certamente il fine è di dare piena attuazione agli articoli 2 e 3 della Costituzione, con l'obiettivo di tutelare e promuovere la famiglia italiana, evitando però che la famiglia stessa generi iniquità con riferimento alla scelta di attenuare i privilegi acquisiti (per nascita, e non per merito) da chi ha avuto la fortuna di crescere in una famiglia ricca di stimoli e di risorse umane.
Senza una famiglia comunque strutturata, e oggi le tipologie familiari sono numerose, anche sulla spinta delle trasformazioni sociali, viene meno la cellula base della società anche moderna. E vengono meno i figli: non solo e non tanto come ricambio demografico fondamentale, ma anche e soprattutto come progetto di vita che li formi e li renda autonomi.
Dunque a Crespano con l'aiuto di Dalla Zuanna affronteremo un tema molto caldo e pieno di sfaccettature sia sul piano demografico, presentate dal relatore, sia sul piano delle nostre esperienze vissute, per tentare di dare proiezioni non tanto a quel che accadrà alla famiglia in Italia, ma su quanto la nostra stessa famiglia cambierà in un contesto di vita socialmente disgregante e parcellizzato, pur a fronte di un passato tradizionale apparentemente coeso, ma grandemente basato su disuguaglianze di genere e di ruolo.
scritto da Alessandro Bruni