Sono nato negli anni '60 quando, già da tempo, era confinato a Barbiana nel comune di Vicchio in Toscana don Lorenzo Milani che fondò la prima scuola primaria a tempo pieno che ebbe per motto “I care” - mi sta a cuore. L'esatto contrario del “me ne frego” che echeggiò in parlamento dopo il delitto Matteotti. Da quella classe, ove si coltivava l'aver classe, tutti aiutavano tutti nell'alimentare sapere e ne sortì un'idea di politica: “sortirne assieme”! In vallata, a Firenze, gli faceva eco Giorgio La Pira che in quel periodo venne eletto presidente della Federazione Mondiale delle Città Unite. La ricerca della Pace che era una fissa per il sindaco La Pira prese a prestito il motto di don Milani.
La Pira era amico intimo di Aldo Capitini che nel 1961 organizzò la prima marcia per la pace Perugia Assisi – per la fratellanza dei popoli. Anni fecondi. L'11 aprile del 1963 Giovanni XXIII emanò l’enciclica “Pacem in terris”, dove si dichiara che è irrazionale (alienum a ratione) pensare che la guerra sia strumento adatto a risarcire il diritto violato e che è illusorio e pericoloso basare la pace sull’equilibrio degli armamenti.
Si fa quindi strada, a fatica, l'obiezione di coscienza con La Pira che proietta il film “non uccidere”, don Milani che scrive “l'obbedienza non è più una virtù” e Padre Ernesto Balducci che prese le difese di tutti coloro che obiettavano le armi. Meno esercito e più protezione civile si chiedeva; oggi come allora, peraltro che contiamo 200 stati con 200 eserciti e l'artico che brucia in assenza di una protezione civile transnazionale.
Venne il 1966 e l'alluvione di Firenze che vide in azione la meglio gioventù che portò in salvo dal fango libri e cose di valore da musei e biblioteche.
Ma sia l'alluvione che il seguente terremoto del Belice del 1968 misero in evidenza il fallimento totale dato dall'assenza di coordinamento tra le forze in campo. V'è voluta prima la legge 996/70 e poi la 225/92 per avere un primo coordinamento di protezione civile basato sul principio di sussidiarietà. Il democristiano Giuseppe Zamberletti costruì in Italia ciò di cui abbiamo urgenza oggi nel mondo.
Vi sono calamità che non son facili da prevenire mentre altre, come la guerra, che si potrebbero ovviare se vi fosse buona volontà da parte dei contendenti. Così non fu nel 1967 in Biafra (Nigeria). Il governo centrale non acconsentì alla regione l'autonomia richiesta e boicottò ogni invio di derrate alimentari. La frase “pensa ai bambini del Biafra” entrò nel gergo comune italiano e le prime organizzazioni non governative - ong - tentarono l'invio di aiuti ad una popolazione stremata.
Assieme all'Operazione Mato Grosso (Brasile) furono i primi vagiti di un '68, per dirla con Venditti, dove non era assente il terzomondismo e una visione del mondo dove anche le piccole comunità italiane potevano contribuire in meglio.In Italia si sognava e, quindi, voleva dare cittadinanza a tutti e non solo a pochi e tra i tutti v'erano gli invalidi civili, i ciechi, i sordomuti, gli orfani, le vedove e i profughi. Insomma, l'ente pubblico doveva privilegiare i più bisognosi con la legge del 2 aprile 1968, n. 482 e dare loro un impiego; una dignità. Avrà forse rallentato un po' l'Italia ma di certo ha incluso un mondo prima ai margini. Fu una vera e propria rivoluzione accompagnata da operatori sociali che necessitavano sempre più di formazione, preparazione, capacità di mediazione. Risale a quegli anni la rivista “Animazione sociale” e fu promulgata la Legge n. 118/71 che stabilì che anche gli alunni disabili debbono adempiere l'obbligo scolastico nelle scuole comuni. Il modello pedagogico della scuola italiana fu giudicato in tutto il mondo come il più avanzato. Primi perché uniti.
Alla rivoluzione studentesca seguì quella operaia: è datato 1970 lo Statuto dei lavoratori approvato con la legge n. 300 del 20 maggio, recante le “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Uno statuto che conferì libertà prima impensabili.
In quegli anni nacque, in Italia, la strategia della tensione che, per dirla con Pasolini, aveva l'intento di “destabilizzare per stabilizzare”; insomma creare paura per conferire maggiori poteri in mano al vertice. Dalla Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana a Milano, passando per l'Italicus, fino alla strage della stazione di Bologna fu un susseguirsi di attentati che riportavano l'asse politico a destra; all'ordine! Inutile dire quanti depistaggi e influenze straniere vi furono e vi siano tutt'oggi. Pasolini attaccò frontalmente il potere, i giornalisti, chi sapeva e non diceva. Compreso il suo PCI che era ormai “potere nel potere”.
Le speranze, alla fine degli anni 70, arrivarono da 2 medici e dalle loro giovani equipe. Il primo fu Renato Dulbecco che ricevette il Nobel per la Medicina per la sua lotta contro il tumore e il secondo fu Basaglia che contribuì a istituire una legge sugli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”! L'Italia si dimostrò, ancora una volta, all'avanguardia per aver dato cittadinanza anche ai matti. Certo, vi furono ampie carenze come lo scarso supporto alle famiglie che avrebbero dovuto farsi carico della persona con problemi psichici ma fu un passo in avanti notevole. Un'inclusione che fu nuovamente d'esempio al mondo.
Avvenne nel 1978 quando Sandro Pertini, il più amato dagli italiani, salì al Quirinale e quando, purtroppo, Aldo Moro nel tentativo di aprire un dialogo con il PCI di Enrico Berlinguer fu rapito e ucciso dalle Brigate Rosse.
Quel mondo che sognavano assieme Enrico Berlinguer e Aldo Moro non fu possibile ma non fu un periodo privo di speranze; anzi. Marco Pannella da tempo affiancò la sua battaglia a favore dell'aborto con una seconda battaglia contro la morte per fame di milioni di persone. Solo una personalità della statura di Flaminio Piccoli colse l'opportunità di scrivere la “legge Piccoli”: la prima legge contro la fame nel mondo. Era il 1985, lo stesso anno che il Presidente del Consiglio Bettino Craxi rispondeva picche a Sigonella a Reagan circa la sorte dei sequestratori della nave da crociera Achille Lauro!
Va bene; ma questa è politica. E la società civile cosa faceva nel 1985? Dormiva? Affatto! Se Sigonella sta in Sicilia dall'altra parte dello stivale, a Bolzano, tre giovani fondarono in un garage il commercio equo e solidale italiano che si diramò in tutta Italia. Siamo nella città di Alexander Langer che teorizzò: lentius, profundius, suavius ovvero più lento, più profondo, più dolce, in contrapposizione con l'olimpico Citius! Altius! Fortius! cioè Più veloce! Più in alto! Più forte!
Il verde Langer spese una vita intera a favore dell'ambiente, del green e dell'energia alternativa. Ed aveva ragione visto che l'anno seguente, 1986, a Chernobyl vi fu il disastro nucleare: la risposta delle famiglie italiane nel 1986 fu straordinaria. Si calcola che nel corso degli anni quasi 500.000 minori bielorussi furono ospitati almeno una volta in Italia, la maggior parte più volte. Tutti si sentivano il dovere di dare il proprio contributo per alleviare le sofferenze di giovanissimi extracomunitari con seri problemi medici. Una gara di solidarietà che rendeva il paese più unito.
A proposito di “problemi medici” fu proprio in quell'anno che a Rita Levi Montalcini venne dato il nobel per la fisiologia e la medicina. Un'Italia sapiente e generosa.
L'anno seguente fu redatta la legge 49/87 che regolò la cooperazione internazionale. Si, infatti centinaia di giovani scalpitavano ed erano desiderosi di partire per i vari sud del mondo. Avevano diverse provenienze che potremmo allocarle sotto i colori della bandiera italiana: i “verdi” del Cipsi, i “bianchi” della Focsiv e i “rossi” del Cocis. Erano tutti orgogliosi di appartenere ad una ONG – Organizzazione Non Governativa (sigla che prima del 2019 pochi conoscevano) che cooperava con i governi e controparti oltremare. Si sognava la fine della miseria e della fame in ogni dove.
Fu una storia di successo e intraprendenza rovinata, come spesso accade, dall'appropriazione indebita di fondi che avrebbero dovuto sostenere progetti di cooperazione e, invece, hanno sostenuto, seppur in minima parte da parte governativa, traffici illeciti di armamenti in Somalia.
La meglio gioventù di allora s'impegnò non poco in risposta agli scandali che investirono il settore militare e i vertici delle aziende di Stato nel settore della difesa facendo approvare la legge 185/90 che regolamentava, oltre la discrezionalità, il traffico di armamenti made in Italy. Più armi ai dittatori e meno cooperazione con le popolazioni equivalgono a più migrazioni verso le nostre coste. Oggi papa Francesco è il più forte sostenitore di questa teoria.
Il 7 marzo del 1991 l'Italia scoprì di essere una terra promessa per migliaia di albanesi che la sera guardavano le reti RAI dove i quiz regalavano soldi a palate. Quel giorno arrivarono nel porto di Brindisi, a bordo di navi mercantili e di imbarcazioni di ogni tipo, 27mila migranti. Donne, uomini e bambini chiedevano un pezzo di pane e libertà, stremati da decenni di regime comunista guidato da Enver Hoxha e Ramiz Alia. La città rispose con le proprie forze. “Le luci delle case, degli uffici e delle scuole non si spensero per tre giorni. Una intera città aprì le porte e mise a disposizione tempo, forze e beni per accogliere. Poi si estese alla Provincia, alla Regione e all'Italia. Fu l'ennesimo miracolo di un popolo solidale”! Conseguì quell'accoglienza una strategia di cooperazione internazionale, economica e militare, per “aiutarli realmente a casa loro”. E così fu. Dalla missione Pellicano alla missione Italfor Albania si mise in sicurezza il paese delle aquile. Si distribuirono gli aiuti e si riducevano i flussi.
“Perché non aiutate prima gli italiani?” - La frase, ricorrente anche oggi, ebbe una risposta politica! Fu regolamentata, nel 1991, la cooperazione sociale con:
- la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (tipo A);
- lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tipo B).
Centinaia di cooperative sorsero in tutta Italia e venne valorizzato e organizzato al meglio l'esercito di 6 milioni di volontari che fu ed è il tessuto connettivo del terzo settore in Italia.
Se l'ordine fu stabilito in Albania, il disordine travolse i Balcani con la guerra 91-95. Fu la fine della Yugoslavia di Tito. La miglior Italia si organizzò per ospitare qui i profughi e per aiutare lì le popolazioni sfollate. Il '900 nacque e morì a Sarajevo ma la solidarietà no.
Tra il '91 e '94 la società civile italiana si mobilitò nei Balcani. Gli aiuti, l'ospitalità, le relazioni, la diplomazia popolare. Si rispose alla guerra con il Forum di Verona, i MirSada, le ADL (Ambasciate della Democrazia locale).
Una buona notizia arrivò nel 1992. Dal Mozambico. Il governo italiano e la Comunità di Sant'Egidio assieme ai Cappuccini facilitarono la pace tra Frelimo e Renamo. A Roma. Il giorno di San Francesco, si firmò un accordo di pace. La nostra Capitale come luogo della diplomazia parallela, un luogo d'incontro transnazionale. Inutile dire il credito a livello internazionale nelle sedi delle Nazioni Unite e organizzazioni regionali.
Il 17 febbraio 1992 iniziò Tangentopoli. Il terzo potere – magistratura – travolse il primo – esecutivo e radiò quasi tutta la classe dirigente di allora che forse fu capace di governo ma incapace di sostituirsi.
L'Italia non mancava però di eccellenze. Una su tutte che ho avuto la fortuna di conoscere di persona: il console Costa. Nel 1994, durante il genocidio in Rwanda, uscì dal paese dopo aver salvato tutti gli italiani, e non solo, presenti nel paese.
A proposito di oppressi venne il 1997 e, a sorpresa, l'accademia di Svezia da il Nobel alla letteratura a Dario Fo “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi".
L'anno seguente, con la legge n. 230/1998 il parlamento italiano supera le storiche resistenze dell'esercito ed emana “Nuove norme in materia di obiezione di coscienza”. Per la prima volta (all’art. 8 lett. e) parla di una “difesa civile non armata e nonviolenta” da parte dello Stato. L'Italia migliore gioì ed iniziò a tessere la rete per far nascere, nel 1999, banca popolare etica: la banca disarmata.
Da sogno a realtà si tentò la campagna Drop the debt / cancella il debito. Il passaggio di millennio meritava un testimonial come Bono Vox, la determinazione di Giovanni Paolo II e un politico come Giuliano Amato per conseguire il risultato.
Il successo di questa campagna ha fatto scattare altre tra le quali: Contro i mercanti di armi – Difendiamo la 185; Control Arms, Taglia le Ali alle armi, Un futuro senza atomiche, AbolitionNow (Campagna Globale per la Messa al Bando delle Armi Nucleari), Banche Armate, la Campagna italiana contro le Mine e, soprattutto, la campagna NOF35.
Nel 2002 il mondo pacifista transnazionale supplica Bush junior di non attaccare l'Iraq, post torri gemelle. Nacque la campagna pace da tutti i balconi che colorò letteralmente l'Italia. Invano. Il figlio volle follemente la testa di Saddam Hussein che fu catturato e impiccato. Scoppiarono diverse guerre tra visioni diverse dell'Islam e conseguenti esodi e migrazioni.
Come se non bastasse Francia e Stati Uniti vollero rimuovere anche Gheddafi. Altra imponente manifestazione di pace italiana ed Europea. Nulla da fare. Gheddafi fu catturato e ucciso e si aprì inesorabilmente il secondo grande corridoio. Politiche sbagliate con esiti sbagliati. Incolpare ora le ong, il mondo della pace e dell'accoglienza di antipatriottismo è una manipolazione postuma della verità.
A proposito di pianeta terra arriviamo a Venerdì 18 novembre 2016. A New York alle ore 10.50 (le 16.50 in Italia) durante una riunione del III comitato della 71^ sessione dell’Assemblea Generale della Nazioni Unite fu approvata la Dichiarazione sul Diritto Umano alla Pace voluto fortemente dall'Università di Padova. E dal compianto prof. Antonio Papisca.
Siamo al 2019. Mentre Greta Thunberg viene rallentata da moltitudini di benpensanti che, mentre boicottavano l'olio di palma non si accorgevano che stava arrivando l'olio di ricino, un ragazzino di nome Simone affrontò grammaticalmente l'italiano medio fascistello, razzista, ignorante con un altisonante: “non me sta bene che no”. Il 15enne romano di Torre Maura compostissimo, sereno, senza urlare affrontò da solo il capo di casa pound: “Sta cosa de anda’ sempre contro le minoranze – ha detto Simone – a me nun me sta bene. Nessuno deve essere lasciato indietro, né italiani né rom. Non me sta bene che no!” L'Italia migliore è l'Italia che include!
scritto da Fabio Pipinato, pubblicato in Unimondo il 22-23 agosto 2019
rititolato e illustrato da Alessandro Bruni
articoli originali: parte prima, parte seconda