L'infanticidio di una raccoglitrice di mele
Lana è un comune vicino a Merano, in Alto Adige. Qualche giorno fa, nei pressi di un “maso” e in una scarpata vicino a un meleto, dei turisti hanno notato il corpicino di un neonato. Aveva ancora il cordone ombelicale attaccato e un panno attorno alla testa per nascondere un probabile strozzamento prima di venire gettato, frettolosamente, in un’area nemmeno tanto nascosta.
E’ bastato un giorno per risalire alla madre e porla in arresto in ospedale, essendo fresca di parto e forse di complicazioni. Deve aver fatto tutto da sola, dall’inizio alla fine. E’ una giovane donna polacca, una delle tante che vengono dal loro paese fino in Alto Adige per preparare i frutteti alla raccolta delle mele che sarà ad ottobre. Non sono assunte, né hanno tutele di alcun genere. Lasciano la loro terra per alcuni mesi all’anno tornando con qualche centinaia di euro in più. Sono donne di campagna anche in Polonia.
Si pensa all’Aspromonte, la Calabria, le montagne della Sardegna, l’interno della Sicilia: no, siamo nel moderno, civile, ricco e produttivo Trentino Alto Adige. Il caporalato qui non serve: servono le donne, e gli uomini a tenerle a bada sono gli stessi produttori che in Basso Tirolo sono tantissimi e tutti piccoli, con una media di 2 ettari e mezzo di terra ciascuno.
Per questa ragazza polacca arrestata per legge (infanticidio) la prima domanda (che certamente le è stata posta) è chi era il padre del bambino. Se fosse stata violentata o costretta dalla sudditanza al sesso col padrone, la vicenda assumerebbe contorni diversi. L’altra domanda è chi la faceva lavorare nei frutteti (lavoro pesante), con la pancia da prossima al parto: in Italia è proibito. Quanto prendeva di salario, dove dormiva e quanti riposi poteva fare, completerebbero il quadro.
I giudizi saranno pesanti, morali, penali, giuridici, sociali, tutti di condanna e non renderanno conto dei mesi e delle settimane di solitudine, di paura, del barcamenarsi come possibile, sola. Non renderanno conto della violenza vissuta, una di quelle legate alla dominazione economica, sociale, maschile, statale né del fatto che è la donna che si fa carico del problema per mancanza di altri mezzi di aiuto che, è evidente, non hanno funzionato, che non sono stati utilizzati perché, nella nostra civilissima società, non esistono o, meglio, esistono solo sulla carta e non nella vita vissuta.
Se ancora oggi delle donne ricorrono all’infanticidio significa che nessun altra soluzione a monte ha potuto essere messa in atto per evitare l’arrivo di un bambino che loro non possono e/o non vogliono avere. Il mondo che le ha isolate, poi le giudica e le condanna e continua a chiamarle madri, quello che loro non volevano essere. Queste notizie offrono uno spaccato dell’Italia sommersa di cui si parla bene fin quando non emerge, ogni tanto, la sporcizia.
E' di qualche tempo la notizia di un imprenditore di frutteti in Trentino che aveva tenuto prigioniera per giorni dentro una delle grandi casse di plastica della raccolta, coperta da altre casse per impedirle la fuga, una donna polacca, sua lavorante da molti anni, con andirivieni stagionale. La donna, oltre a lavorare per una miseria, offriva anche sesso, perché al padrone non è facile rifiutare ogni richiesta, pena la perdita del lavoro, e quando ha osato chiedere che venisse aumentato il salario a lei e alla sorella chiamata per un breve periodo a lavorare, il padrone (un benestante veronese) ha subito messo in atto la punizione: l’ha infilata dentro la cassa con acqua e mele a qualche chilometro di distanza dalla casa padronale in un campo dove per fortuna le sue grida, dopo sei giorni, sono state udite da due uomini della manutenzione stradale. Lui arrestato, lei finalmente liberata. Il capo d’accusa era pesante: sequestro e vendetta per essersi ribellata. Lui aveva persino detto: l’avrei lasciata lì finché non avesse chiesto perdono e fosse tornata all’obbedienza totale.
sintesi redazionale di Alessandro Bruni di articoli scritti da Bruna Bianchi, pubblicato in La bottega del Barbieri del 22 settembre 2019 e di Vogliamo la Luna pubblicato in coordinamenta.noblogs.org