Le isole Comore sono uno stato indipendente, composto da tre isole nell’Oceano Indiano (Grande Comore, Mohéli e Anjouan), all’estremità settentrionale del Canale del Mozambico. Una quarta isola dell’arcipelago, Mayotte, è rivendicata dalle Comore, ma ha rifiutato l’indipendenza dalla Francia. Il nome deriva dal termine arabo “qamar” che significa luna. Le isole vulcaniche di Comoro sono state chiamate “isole profumate” per le loro piante odorose e sono note per i loro scenari magnifici. Ma il turismo è ostacolato dai problemi politici. Le isole hanno ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1975 (avvenuta in modo pacifico, attraverso un referendum organizzato da Parigi) e hanno sopportato tentativi di colpi di Stato fino al 2001. Da allora, l’Unione delle Comore ha avuto un presidente e un governo con un mandato di quattro anni e un parlamento con un mandato di cinque anni, mentre ciascuna delle isole ha avuto un presidente, un governo e un parlamento con un mandato di cinque anni.
Nel maggio 2009 gli abitanti di Comore hanno votato per modificare la Costituzione e snellire ulteriormente la struttura politica dell’Unione, un passo positivo nella distribuzione del potere tra il federale e i governi delle singole isole. Il clima che ha caratterizzato tutte le elezioni non è mai stato dei migliori. L’opposizione pensa che la rielezione del presidente Azali Assoumani sia stata truccata. Nel 2018 i cittadini hanno approvato un controverso referendum costituzionale che punta a estendere i limiti del mandato presidenziale, ponendo fine al sistema “a rotazione”, il quale prevedeva che ogni cinque anni ci fosse un presidente diverso, di un’isola diversa, per evitare altri colpi di Stato. Con questa vittoria, Assoumani spera di conservare il potere fino al 2021.
Sulle quattro principali isole grande influenza hanno esercitato arabi, malgasci e francesi, che sono anche intervenuti nei commerci con l’India e il Giappone. Nonostante siano un paradiso di spiagge bellissime, le isole Comore sono povere. I lavoratori più qualificati e istruiti, se possono, emigrano in Francia. Vi è anche un costante calo del PIL. La capitale, Moroni, situata sull’isola di Grande Comore, ha la maggior parte delle moderne strutture commerciali e manifatturiere situate nel paese; la maggior parte degli isolani deve fare affidamento su un’agricoltura di sussistenza che produce manioca, patate dolci, banane e riso di montagna (a campo asciutto), ma gran parte del cibo del paese deve essere importato: uno spreco, visto il potenziale turistico dell’arcipelago, con le meravigliose barriere coralline e le più belle zone di immersione del mondo.
Non solo il paesaggio è una ricchezza (nonostante la deforestazione), ma anche le persone. Gli isolani riflettono una diversità di origini. Immigrati malesi e commercianti arabi e persiani si sono mescolati con popoli del Madagascar e di vari popoli africani. Circa tre quarti delle persone vivono in aree rurali e la maggior parte della popolazione è centrata sulle due isole più grandi: Grande Comore contiene circa metà della popolazione del paese, Anjouan circa due quinti e Mohéli meno di un decimo. La capitale, Moroni, è l’area urbana più popolosa del paese. I tassi di crescita sono elevati rispetto alla media mondiale, nonostante la mortalità infantile sia un problema grave.
La maggior parte degli abitanti delle isole parla alcune varietà di shikomoro, una lingua bantu imparentata con lo swahili e scritta in caratteri arabi. Comorian, arabo e francese sono le lingue ufficiali. Il francese è la lingua di amministrazione. La maggior parte dei comoriani sono musulmani sunniti e l’islam è la religione di Stato. Vige l’obbligo scolastico fino ai sedici anni, ma il sistema scolastico è cronicamente sottofinanziato. I nove decimi della popolazione sono alfabetizzati, ma pochi conoscono il francese, lingua dell’amministrazione del governo.
Il centro religioso della cultura delle Comore è la moschea, ma il centro della vita quotidiana è la piazza pubblica, spesso solo una piccola piazza nascosta dietro case di appartamenti alla fine di un dedalo di vicoli. Il turismo potrebbe arricchire l’arcipelago, che deve tuttavia risolvere i suoi problemi politici.
scritto da Cecilia Alfier