Elisa, trentuno anni. Due figlie di tre e sei anni. L’ha strangolata a mani nude. Lui si chiama Riccardo. Scrivono che manifestasse un certo disagio ma, aggiungono che sembrava sano di mente, comunque, verificheranno. Siamo grate.
Scrivono che i due stessero affrontando un periodo difficile. Scrivono che, quella notte, lui avesse una forte inquietudine, per questo si è alzato diverse volte. Lei gli ha chiesto spiegazioni del suo nervosismo e lui ha stretto le sue mani intorno al collo. Ha stretto. Ha stretto. Ha stretto. È così che l’ha uccisa. E in quei minuti o secondi (quanto ci mette una persona a morire?) non ha mai avuto un ripensamento. Ha stretto e basta.
Cosa succede nella mente di un uomo quando l’unico scopo, a un certo punto, è quello di uccidere la compagna, la moglie, la madre dei suoi figli? Cosa succede? Vuole silenziarla? Dominarla? Renderla inerme? Una cosa è certa, sembra che quell’inquitudine cessi solo dopo aver assunto il potere della vita nei confronti della propria donna.
Di certo il movente non va mai cercato nella relazione tra i due, invece, succede. È lì che si punta il dito: litigavano, non andavano d’accordo, lei aveva un altro, lui era geloso. Le motivazioni vanno cercate negli “assassini” (riusciamo a chiamarli così?) e caso mai nella mancanza di educazione alla mascolinità e alla femminilità, nell’educazione ai sentimenti, nel messaggio sociale che portiamo avanti. Altrimenti la risposta dovrebbe essere questa: care donne, siate consenzienti, fatevi andare bene tutto, altrimenti dentro ai No, al dissenso, alla presa di parola, ai conflitti, il vostro compagno potrebbe uccidervi. È questo il messaggio che arriva, nemmeno troppo celato.
Lei si chiamava Elisa, aveva trentuno anni, due bimbe di tre e sei anni. Lui si chiama Riccardo. L’ha strangolata a mani nude. È ancora vivo. Lei no. E se la memoria, almeno quella va salvaguardata, non scrivete che il problema era la relazione tra i due, il problema sono gli uomini che uccidono le loro mogli, compagne, donne. La giovane donna aveva un nome, Elisa, vorrei ricordarvi che è lei a non esserci più.
La forte inquietudine di quell’uomo, ora è terminata. Giace con Elisa per sempre. Ma i femminicidi sono l’unico e agghiacciante modo per farla cessare? Le donne non muoiono perché non denunciano, denunciare è importante ma non è la soluzione al problema. Il “problema” è legato “all’inquietudine” degli uomini che arrivano ad uccidere e basta. Non ci sono altre “storie” da raccontare.
scritto da Cinzia Pennati pubblicato in Comune-info.net del 10 gennaio 2020
segnalato da Alessandro Bruni