L’informazione è ridicola. Premetto che cerco di tenermene lontano per una questione di igiene, ma i giornali continuo a leggiucchiarli e di qualche TG mi capita di carpire brani.
Ora: la stragrande maggioranza degli infetti è asintomatica vs. praticamente gli asintomatici non esistono o sono un residuo minimo; la fase di incubazione del morbo è di 20 giorni in media vs. è di 5-7 giorni; al parco sì, senza assembramenti vs. giammai al parco; e via discorrendo.
E questi mozziconi di informazioni le traggo da “esperti”, perlopiù medici, ovviamente, spesso virologi, che non sanno più chi chiamare e se avete letto la pagina “virologia” sulla Wikipedia potrebbero ormai chiamare anche voi.
Per non parlare dell’informazione istituzionale, le norme sui comportamenti consentiti e quelli vietati, o solo sconsigliati… Questo genera confusione, diffidenza, forse in qualcuno ansia. Permette a certi politici di dire qualunque boiata garantisca loro un passaggio televisivo, non aiuta le forze dell’ordine ma neppure i direttori di supermercati a regolarsi. In un mondo ridondante d’informazione come il nostro, dove il 90% del suono che sentiamo è spazzatura che corre veloce quanto e più del 10% residuo di informazione corretta, la vaghezza informativa e, addirittura, la sua contraddittorietà, è un vulnus non dico per la democrazia, me certamente per quelle autorità – nel nostro caso: sanitarie – che stanno investendo sforzi immani per far fronte alla crisi.
Quale la soluzione? Risposta: nessuna, salvo assumere punti di vista autoritari. Personalmente la mia particolare risposta a questo disastro è informarmi il meno possibile in merito al virus. Ho capito quello che basta: c’è, è una cosa seria, me lo potrei benissimo buscare anch’io e ne potrei morire (ho l’età giusta e le “pregresse e concomitanti patologie”), devo stare a casa e aspettare che passi. Tutto il resto, assolutamente tutto, anche se detto da serissimi virologi con dati incontrovertibili alla mano, è solo rumore (per me, per voi… non per i virologi e gli epidemiologi, ovvio). […]
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scritto da Claudio Bezzi, pubblicato in Hic Rhodus del 16 marzo 2020
segnalato da Alessandro Bruni
commento di Alessandro Bruni
La pandemia da covid-19 ha generato l'infodemia, una patologia comportamentale per la quale l'unico rimedio drastico è spegnere la televisione e non leggere i giornali. O meglio, visto l'eccesso e contraddittoria informazione, la patologia ti finisce in uno stato abulico che può peggiorare in indifferenza e negazione del contagio. Rimanere lucidi, ancorché resilienti, di fronte al contagio non è semplice. Le discussioni in famiglia tra genitori, figli e nonni non sono sempre lineari e ciascuno legge l'evento a suo modo generando posizioni difficilmente razionali e spesso contraddittorie e assolutamente personalistiche sulla base del vissuto e dell'interpretare il proprio stile di vita.
Dialogo:
- Il nonno: posso andare a chiacchierare con Giuseppe appena fuori casa?
- Il figlio: sì con la mascherina e non avvicinarti a meno di un metro.
- Il nonno: ma Giuseppe è sordo, se non vado vicino lui non sente e io bagno tutta la mascherina a forza di urlare!
- Il figlio: allora faresti meglio a rimanere in casa!
- Il nonno: ho fatto la guerra e non sono morto, se devo stare in carcere allora fatemi morire che è meglio!
Claudio Bezzi affronta il tema con la verve che gli è solita, ma al di là delle sue visioni personali, ci rimane attaccato un: però un po' ha ragione! Non si riesce a vedere un canale senza essere invasi da un dibattito sgangherato di opinioni vendute come certezze. Il risultato è che quando aprono il contatto telefonico con il pubblico vengono fuori le cose più impensate, con un rigurgito di paure da passaparola che niente hanno a che fare con le informazioni che sono state fornite dagli esperti veri. Ciò significa che non è il contenuto che viene "letto", ma il modo con il quale questo viene propinato. Ovvero se tu parli in questo modo esprimendo chiaramente tue opinioni, perché io non posso farlo? In fin dei conti uno vale uno, o no? (sic ...) (A.B.)