foto di MSF
In questi giorni tragici della pandemia i media ci mostrano anche il volto di un’Italia che si prodiga, che non s’arrende, che dà una mano, che fa volontariato, che canta l’Inno di Mameli, che suona le canzoni più popolari.
Ma verrà un giorno in cui ci si ricorderà di come eravamo prima della pandemia. Con la sanità per anni sottoposta ai tagli dei posti letto e del personale, con la privatizzazione dei servizi più remunerativi, con il numero chiuso alle facoltà di medicina, con l’insufficienza dei posti per le specializzazioni, con i medici di base che vanno in pensione e non vengono sostituiti, con la prevenzione diventata un optional, con i consultori ridotti al lumicino, con persone che non si curavano più per mancanza di soldi per pagare i ticket, ecc.
Per anni si è lasciato andare il servizio sanitario pubblico ed oggi ci si accorge della sua centralità e rilevanza. E allora si corre ad assumere nuovo personale, a richiamare quelli andati in pensione, a promettere aumenti di stipendi, ad anticipare le lauree degli infermieri, a tappare tutti i buchi che prima sono stati fatti.
Non è il momento di fare polemica, sentiamo dire. E quando sarebbe, se non ora? Perché non qui, perché non adesso, in questa terra bergamasca, circondato da parenti e amici morti?
Gli operatori sanitari sono diventati i nostri eroi, mentre si diffondono le notizie di donazioni e di raccolte di fondi per gli ospedali. Esponiamo le bandiere, i lenzuoli e persino le gigantografie.
Il Governo ogni giorno aumenta gli stanziamenti per l’emergenza (siamo arrivati a 25 miliardi di euro), spesso ricorrendo al deficit, in mancanza di risorse pubbliche effettive. Ci dicono che siamo in una situazione straordinaria? E allora che si faccia una patrimoniale straordinaria!
Smettiamola di lasciare il conto da pagare ai posteri. Gli italiani hanno un patrimonio di oltre 10.000 miliardi. Una tassa del 2 x mille porterebbe nelle casse pubbliche 20 miliardi di euro. Potremmo chiedere un piccolo sforzo in più a quei 35 mila italiani che ogni anno guadagnano oltre 300.000 euro (con una media oltre i 600.000 euro). Se il fisco per quest’anno chiedesse a questi 35 mila concittadini assai ricchi di aggiungere un’imposta di solidarietà di 150.000 euro in media, disporremmo di altri 5 miliardi di euro.
Nella Costituzione è scritto chiaramente: “La Repubblica (…) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Ma noi non siamo un Paese civile, che utilizza il sistema tributario per attuare la solidarietà. Noi preferiamo continuare con l’elemosina.
Siamo il Paese con un’enorme evasione fiscale, debito pubblico, patrimonio privato e disuguaglianza sociale. Tutto si tiene. Continuiamo a dare una mano, ma per favore non parliamo di solidarietà. Quella vera è sistematica, non basata sul buon cuore. Il volontario è colui che si impegna in prima persona per far fronte al male, ma contemporaneamente si batte per rimuovere le cause che l’hanno provocato.
Prima o poi facciamo un serio esame di coscienza. Magari anche ripensando a quale classe politica abbiamo eletto negli ultimi decenni. Perché è un’offesa ai malati e soprattutto ai defunti se le mascherine si debbano comprare con le donazioni.
scritto da Rocco Artifoni, pubblicato in Pressenza del 16 marzo 2020
segnalato da Alessandro Bruni