Da almeno un decennio il controllo violento sulla mobilità umana attuato con le politiche di negazione del diritto di asilo, di blocco delle frontiere e di criminalizzazione degli ingressi irregolari e di quanti li agevolavano, sia pure per motivi di soccorso, ha costituito il terreno di crescita di un diffuso senso comune incline al sovranismo, al populismo, alla xenofobia ed al razzismo istituzionale.
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In assenza di una politica estera comune capace di risolvere le crisi regionali, dalla Siria alla Libia, l’Unione Europea e gli stati membri hanno rafforzato gli strumenti di controllo della mobilità dei migranti, in nome della lotta all’immigrazione “irregolare” ed ai trafficanti di esseri umani, senza aprire canali legali di ingresso e senza garantire l’effettiva attuazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, ma scendendo a patti con i regimi che governavano i paesi terzi, a partire dalla Turchia di Erdogan, per bloccare in quei paesi i potenziali richiedenti asilo che altrimenti sarebbero arrivati alle frontiere europee.
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Questo sistema di controlli sulla mobilità umana, spacciato come garanzia per difendere la funzionalità del sistema Schengen (la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione Europea), l’effettività delle politiche di respingimento e di rimpatrio, la sicurezza interna e la pace nei rapporti con i paesi terzi, è ormai andato in crisi, e in questi mesi si frantumerà del tutto, in modalità che saranno evidenti. Anche a quella parte di popolazione che ha finora ritenuto di salvaguardare il proprio residuo benessere con il supporto alle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera e di blocco delle frontiere, accanendosi nella campagna di odio contro le ONG “colpevoli” di soccorrere troppi naufraghi nelle acque internazionali del Mediterraneo.
Il dato nuovo più rilevante è costituito dalla svolta politica e militare adottata dalla Turchia, ormai entrata nel conflitto siriano,che dopo mesi di ricatto all’Unione Europea per ottenere copertura sull’invasione del Rojava, adesso va oltre le minacce ed apre le proprie frontiere verso l’Europa, con la rottura sostanziale degli accordi che dal 2016 la legavano agli stati dell’Unione Europea, dietro un compenso che ammontava a diversi miliardi di euro. Si può quindi costatare che l’Europa ha commesso una grave errore di valutazione nel ritenere Erdogan un partner affidabile capace di garantire un controllo effettivo e duraturo delle vie di fuga che i siriani sono costretti a percorrere ancora oggi.
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Sul fronte del Mediterraneo centrale, la disintegrazione dello stato libico, ancora in preda ad un conflitto civile del quale non si vede lo sbocco, dopo il fallimento dell’ennesima conferenza di pace, questa volta a Berlino, e la conclamata corruzione delle forze di sicurezza, in particolare della sedicente guardia costiera “libica”, che sono state foraggiate in questi anni dall’Unione Europea e dall’Italia, rende inefficace una politica di blocco degli arrivi attuata in collaborazione con le autorità libiche.
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In molti casi si ritorna ad utilizzare le vie di ingresso terrestri o si tenta la fortuna con un visto di ingresso breve o con documenti falsi. Il numero delle vittime aumenta di continuo, sia in mare, che a terra, dove i migranti sono intrappolati tra le fazioni armate che si contendono la Libia e persino l’UNHCR ha dovuto chiudere i suoi uffici per i combattimenti che anche attorno Tripoli si estendevano sempre di più. Ma le autorità italiane continuano a prestare assistenza alla sedicente guardia costiera “libica”.
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La Germania, a causa dell’estensione del nuovo COVID 19 ha già sospeso i ritrasferimenti Dublino verso l’Italia dei richiedenti asilo che qui avevano lasciato tracce del loro primo ingresso in Europa. L’Italia deve bloccare i trasferimenti Dublino verso l’area balcanica. Il sistema Dublino si avvia al fallimento finale. Molti altri paesi europei stanno considerando l’ipotesi di sospendere la libera circolazione prevista dal Trattato di Schengen, non sarà dunque l’Italia a chiudere le proprie frontiere, ma gli altri paesi europei potrebbero presto sbarrare i loro confini, o intensificare i controlli di frontiera, anche a scapito dei lavoratori italiani che devono recarsi all’estero per lavoro. Dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, il tema della mobilità interna, anche con riferimento ai cittadini europei, dovrà necessariamente essere riconsiderato.
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Quali garanzie di tutela della salute potranno avere quei migranti nigeriani irregolari, tra questi molti richiedenti asilo denegati, magari anche neomaggiorenni, giunti in Italia all’età di sedici – diciassette anni, che fossero riportati a Lagos con il pesante marchio di essere soggetti potenzialmente infettivi perché provenienti dall’Italia? Non sarebbero forse rinchiusi in quei lazzaretti in cui finiscono spesso le vittime di tratta nigeriane che sono rimpatriate con accompagnamento forzato, e che sono positive al virus dell’HIV?
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Il fallimento delle politiche di “gestione delle migrazioni” e dei controlli di frontiera “delegati” ad autorità statali che non rispettano i diritti umani va affrontato con la sospensione degli accordi bilaterali di cooperazione operativa e di riammissione e con provvedimenti di regolarizzazione successiva per quanti sono stati costretti a fare ingresso irregolare o sono rimasti privi del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
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Il fallimento delle politiche di controllo delle frontiere, l’incapacità di accettare la mobilità umana come un fattore di pace e di sviluppo, sta comportando, in una logica di guerra permanente e di cupo nazionalismo, una svolta autoritaria in tutti i paesi del mondo ed particolare in Italia. Attraverso lo svuotamento dei principi costituzionali, la negazione del diritto internazionale, l’esautoramento delle assemblee elettive. Senza una forte reazione democratica e solidale e senza percorsi unitari ed aggreganti, questa svolta potrebbe diventare irreversibile.
scritto da Fulvio Vassallo Paleologo, pubblicato in Pressenza del 2 marzo 2020
sintesi di Alessandro Bruni
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