Come è noto tra politica e cultura deve esserci un rapporto stretto e permanente, perché la seconda costituisce la premessa affinché la politica faccia bene, e fino in fondo. il suo mestiere. Essendo per sua natura scienza e arte interdisciplinare per conoscere, interpretare e regolare l’attività della polis, la politica ha un bisogno vitale della cultura. Per questo la politica è anche l’attività prioritaria di una classe dirigente democraticamente eletta e dotata della cultura e delle qualità per esercitare il difficile governo della società ai diversi livelli.
Negli ultimi tempi invece, questo rapporto si è in parte smarrito con tutti i limiti e le deviazioni che riscontriamo nella politica di oggi. Aver pensato che per favorire la partecipazione valesse la regola del “uno vale uno” ha significato sovvertire l’ordine delle cose, consentendo il prosperare di situazioni di impreparazione, superficialità, demagogia e irresponsabilità che il nostro Paese sta pagando a caro prezzo.
Con l’aggravante che tutto ciò avviene in una fase nella quale il mondo sta cambiando in modo epocale e richiede alla politica un enorme supplemento di cultura e di impegno per assolvere il suo compito. In questi giorni di fronte alla inedita diffusione del coronavirus, la politica, nonostante le acquisizioni della scienza, della tecnologia, e dell’indubbio impegno solidale di gran parte della società, deve prendere atto della sua inadeguatezza e impreparazione a capire e affrontare un nemico misterioso.
Credo che questa inadeguatezza, anche se in parte dovuta alla novità di questa epidemia, rappresenti l’immagine più vera delle difficoltà della nostra politica di oggi. Una politica alle prese con la regolazione e il governo di una società profondamente cambiata, e che fa enorme fatica a capire perché ancora condizionata dalle idee e i residui ideologici del ‘900. Con una classe dirigente frutto della frattura generazionale e culturale conseguente alla fine dei grandi partiti popolari.
Con una società condizionata dal verbo populista che la spinge verso l’antipolitica come via semplificata e illusoria per risolvere i problemi complessi che si trova di fronte. In questa situazione drammatica la strada maestra per consentire alla politica di recuperare il suo ruolo indispensabile per garantirci un futuro dignitoso, rimane quello di ricostruire un rapporto positivo con la cultura, come asse sul quale far sorgere una nuova classe dirigente all’altezza dei problemi di oggi. Il margine strettissimo, tra la velocità del cambiamento della realtà e i tempi di ricostruzione di questo rapporto, esprime la misura della difficoltà di raggiungere questo obiettivo.
scritto da Luigi Viviani