Con il passare del tempo, accanto alla dura lotta per la difesa della salute dall’effetto devastante del virus, acquista sempre più rilevanza la questione della ripresa economica che si profila altrettanto drammatica.
Nel breve periodo, si tratta di garantire coperture di reddito, di durata limitata, a tutti coloro che in vario modo sono colpiti dal virus, senza abbandonare nessuno. Fermo restando questo doveroso obiettivo, mi pare che il suo raggiungimento venga perseguito con un eccesso di spregiudicatezza finanziaria.
Dal momento in cui l’Ue ha deciso di aumentare la flessibilità, consentendo una parte più consistente di spesa in deficit, nel nostro Paese è partita, da parte politici, imprese e lavoratori, dietro anche una rincorsa dell’opposizione, una forte spinta alla spesa facile, di alcune centinaia di miliardi di euro, da attuare subito. In aggiunta al reddito di cittadinanza e Quota 100, con interventi realizzati e in corso di definizione, si è decisa la Cassa integrazione per tutti i lavoratori, un reddito di emergenza per chi si trova in povertà, buoni spesa tramite i Comuni per chi non ha i mezzi per farla, dilazioni varie di tasse e bollette, prestiti e moratorie alle imprese.
Una spesa ingente che vuole garantire condizioni di dignitosa tenuta di fronte agli effetti devastanti dell’epidemia, ma che tuttavia non rimuove le gravi condizioni nelle quali verrà a trovarsi il nostro sistema economico e sociale dopo il virus. Già per i prossimi mesi si prevede, nei conti pubblici, un deficit del 5% e un rapporto debito/Pil a 150%, oltre a mezzo milione di posti di lavoro perduti.
- In condizioni del genere come si potrà rendere concreta la ripresa?
- Con i lavoratori in cassa integrazione come si riuscirà a recuperare i posti di lavoro persi?
- O invece si favoriranno processi di ristrutturazione delle imprese con ulteriori disoccupati?
- Con una situazione dei conti pubblici come quella prevista come evitare gli inevitabili tentativi di scalare le nostre maggiori imprese da parte di capitali stranieri?
Sono alcune delle possibili conseguenze sulle quali è opportuno interrogarsi per individuare, da subito, possibili interventi strutturali per evitare di trovasi, domani, di fronte a sgradite sorprese. In concreto, sono convinto che, accanto alle misure immediate di sostegno ai redditi e all’attività delle imprese, sia necessario aprite un tavolo governo-parti sociali per definire un piano di rilancio dell’economia e del lavoro, privilegiando innovazione tecnologica e qualificazione del capitale umano. Questa sarà la prova decisiva circa l’esistenza di una classe dirigente, degna di questo nome.
scritto da Luigi Viviani
Addendum
Il Cerved nei giorni scorsi ha analizzato l’impatto del Covid-19 sulle aziende italiane. Gli scenari previsti sono due. Il primo indica la fine dell’emergenza a inizio maggio e una ripresa solo a partire dall’anno prossimo. In questa ipotesi il giro d’affari bruciato per le imprese varrà complessivamente mettendo insieme il 2020 e il 2021 275 miliardi di euro. Più pesanti le stime del secondo scenario. In questo caso l’emergenza sanitaria durerà fino a dicembre. L’impatto sarà dell’ordine di una perdita di 641 miliardi, di cui 469 miliardi quest’anno e quasi 172 l’anno prossimo. Ad oggi quelle del Cerved come quelle degli istituti internazionali sono stime. La situazione è ancora troppo fluida per parlare di previsioni. Sic stantibus rebus queste sono le prime proiezioni che quindi vanno prese con la dovuta cautela.
tratto da Il sole24 ore del 22 marzo 2020
segnalato da Alessandro Bruni