Sono 260 mila gli studenti con diversi gradi di disabilità o con speciali necessità (special needs) rinchiusi in casa come gli altri studenti, ma con una grande differenza: per loro la didattica on line non funziona. Senza scuola dal vivo, senza assistenza domiciliare, senza amici e insegnanti, senza terapie vanno incontro ad una regressione molto rapida.
In due mesi di lockdown vengono vanificati anche anni di faticosi progressi frutto di sforzi dei genitori e degli assistenti. Chi anche solo a scuola mangiava la merenda da solo, a casa deve essere imboccato in quanto manca lo stimolo degli amici, del gruppo di riferimento. A questi ragazzi, più ancora degli altri, le attività di supporto e gli amici, erano fondamentali per fare qualche progresso. Non è un caso che molti non solo non guardano nello schermo del computer o del cellulare me neppure la tv.
Che fare? Un’idea sarebbe farli andare (almeno per alcune tipologie) nelle aule o nei cortili delle scuole con i loro assistenti mantenendo le distanze di sicurezza come si fa in Danimarca alle elementari (tutte riaperte). Hanno organizzato gruppi da un massimo di 10 alunni che stanno solo tra loro (senza mascherine e guanti ovviamente) e mai si incontrano con gli altri. Se ci dovesse essere qualche infetto (ma dalle ricerche non pare che fino a 10 anni ci siano infezioni) si interviene isolando il gruppetto, senza compromettere il resto degli studenti.
Per altri ci potrebbe essere l’assistenza domiciliare. Essendo chiusi anche i centri di terapia tutto il carico ricade su genitori già stremati dalla “stare a casa”.
Purtroppo nella task force del Miur nessuno si occupa di disabilità. I down, che sono i più buoni al mondo, sono nati con tutte le forze della conoscenza riposte nel cuore e sono quindi “esseri speciali” a cui dovremmo una particolare attenzione. Stanno di fronte allo schermo con le loro cuffiette e sorridono del nostro mondo adulto semi impazzito.
scritto da Andrea Gandini