Perde forza il virus almeno in Europa? I virologi su questo sono divisi, ma sarà perché ci sono nuove terapie o per le chiusure assunte dai Paesi, il numero dei morti sta declinando. Nella figura allegata sono stati selezionati 29 Paesi che hanno i più elevati tassi di morti (per milione di abitanti) e la variazione percentuale dall’ 8 al 18 maggio. Come si vede quelli che hanno un forte incremento negli ultimi 10 giorni sono Messico (+75%), Brasile (+71%), Perù e Russia (+62%), Canada (+30%), Usa (+18%), Regno Unito 13%. In Europa gli incrementi perdono forza: Germania +8,2%, Francia +7,7%, Italia +6%, Spagna +5,7%. In valore assoluto i morti per abitante vedono ai primi 4 posti ancora al 18 maggio Belgio (781), Spagna (589), Italia (531), Regno Unito (511).
Tutto il mondo sarà colpito dalla recessione per gli effetti che colpiscono i Paesi più ricchi dove si concentra il 90% dei morti. Per l’Italia sono passati solo sette anni dall’ultima crisi (2011-12). L’Italia ha la minor crescita in Europa dal 1992. Le previsioni per il 2020 sono le peggiori per noi e la Grecia (-9/10% del Pil). A fine anno, dopo le elezioni Usa sapremo se la “brutta aria” che tira tra Usa e Cina sarà confermata per ritrovarci a Natale in un mondo molto diverso dall’attuale. La globalizzazione non finirà di colpo ma un’enorme “sberla” gli verrà assestata con il probabile ridimensionamento degli scambi commerciali tra Cina e Usa e anche con l’Europa (e l’Italia) che sarà costretta questa volta a decidere con chi stare (cioè Usa). Un pò di de-globalizzazione per la verità non dovrebbe far troppo male se si accompagnerà allo sviluppo di una società più uguale e meno disumanizzante. I Cinesi si lamenteranno ma non troppo in quanto sono cresciuti molto e si rifaranno con le alleanze che hanno in Asia e Africa (un ampio mercato su cui prosperare). Alla lotta tra URSS e USA subentra quindi quella tra USA e Cina.
Gli Usa potrebbero essere quelli con la maggior recessione nel 2020, ma ciò è dovuto al tipo di mercato del lavoro: licenziano molto più in fretta dell’Europa, ma poi altrettanto velocemente assumono quando si riprendono. In Usa il mercato del lavoro è come un “cinema” dove non si fa la coda per entrare ma poi al termine del primo tempo si può essere buttati fuori. In Europa è il contrario: fai una lunga fila prima di entrare e poi (se entri) vedi tutto il film…bisognerebbe unire i due vantaggi.
Nella crisi del 2008 gli Stati Uniti impiegarono solo un anno per riprendersi, mentre l’Italia ne impiegò quattro. Il modello di intervento pubblico americano sostiene il reddito dei lavoratori che perdono il posto e meno le imprese, le quali quindi licenziano. Quello di gran parte dei Paesi Europei sostiene le imprese, con cassa integrazione (o con Kurzarbeit alla tedesca), le quali dunque licenziano meno.
La differenza tra Paesi sarà data da come si usano le cospicue risorse (i debiti aggiuntivi) per rilanciare il Paese. Non è un caso che in Italia si è discusso poco su come avere un buon equilibrio tra tutela della salute e dell’economia: prima tutti a favore del lockdown, poi quando ci si è resi conto dell’ingente tracollo socio-economico, si è accolto l’appello di dolore delle Regioni per riaprire tutti (e abbastanza in fretta). Altri Paesi (Germania, Svezia,…) hanno dato più importanza all’economia o trovato un equilibrio, a mio avviso, migliore.
Così ora si discute molto su come “ristorare tutti” e molto poco su come usare bene i soldi. Chi li userà meglio (rinnovando radicalmente il proprio Paese e quindi rilanciandolo) determinerà il posizionamento nella nuova futura geografia mondiale del lavoro. Un argomento di non poco peso.
scritto da Andrea Gandini