Il Coronavirus ha colpito tutti i Paesi europei anche se i dati sulla mortalità per abitante mostrano come alcuni abbiano saputo reagire con grandi capacità (dovute alla qualità delle loro Istituzioni, ma anche dei loro sistemi sanitari), mentre altri Paesi hanno dimostrato la loro fragilità. Questa volta l’analisi va al di là di sinistra-destra, il che mostra come la qualità delle Istituzioni e della democrazia dipenda non solo dai Governi ma da una crescente responsabilità dei cittadini che può essere (certo) più o meno incoraggiata dalle loro Istituzioni e dai Partiti che li rappresentano.
La scuola è, a mio avviso, un caso esemplare. Per esempio l’Italia ha deciso di chiudere le scuole il 4 marzo e le riaprirà solo il 14 settembre. Nessuna sperimentazione verrà fatta in estate (a giugno per esempio) quando la curva del contagio era diminuita in modo enorme e neppure in quelle province dove il livello del contagio era 100 volte inferiore ai dati più elevati di Bergamo, Brescia, Milano, Piacenza. Peraltro in presenza di “clienti” quali sono i bambini che sono pochissimo contagiosi (non a caso in Italia sono morti solo in quattro nella fascia da 0 a 19 anni su un totale di 36mila) e indifesi nei loro diritti. Una situazione simile ha seguito la Spagna dove però è stata data la possibilità alle 17 regioni autonome di tornare in aula su base volontaria a partire dal 2 maggio in base alla situazione epidemica delle varie regioni.
In Francia la chiusura delle scuole è stata il 16 marzo e sono state costituite delle zone in base alla gravità della epidemia: “zone rosse” (le più gravi) e “zone verdi” le meno gravi. Le scuole materne ed elementari hanno potuto riaprire solo dall’11 maggio, in coincidenza con la maggioranza delle attività economiche. Le “zone verdi” hanno potuto riaprire le scuole medie anche prima del 22 giugno che è la data in cui tutte le scuole in Francia hanno riaperto (dagli asili alle superiori) fino al 3 luglio. Gli alunni sono al massimo 15 alle elementari per classe e 10 alle materne. La mascherina non è indossata dagli studenti in classe ma solo dagli insegnanti. E’ dunque falso ciò che ha detto qualche dirigente scolastico italiano che la Francia ha avuto una situazione diversa da quella italiana. Il virus infatti ha colpito in tutti i Paesi soprattutto le zone più “centrali” e più inquinate (Parigi, Londra, Berlino, Whuan, Milano e Bergamo…ma non Roma che ha avuto meno morti nei primi 4 mesi del 2020 rispetto a tutti 5 anni precedenti). Anche in Francia c’è stata una forte opposizione dei sindacati e degli insegnanti che hanno lamentato il “poco tempo disponibile per riorganizzare il loro lavoro”.
In Inghilterra le scuole sono state chiuse il 20 marzo (ma aperte per i figli dei lavoratori dei servizi essenziali). Dal 1° giugno (col calo dei contagi) hanno riaperto le scuole d’infanzia con regole che prevedono che i figli siano portati a scuola da un genitore (non sui mezzi pubblici), con un numero più ridotto in classe ma senza mascherina; dal 15 giugno hanno riaperto le altre scuole (superiori e college inclusi). In alcune contee del Nord est le scuole sono rimaste chiuse per timore del virus per una ulteriore settimana (fino al 22 giugno).
In Danimarca il lockdown è scattato l’11 marzo ma già in aprile il calo dei contagi ha portato a riaprire le scuole d’infanzia e le elementari; poi a metà maggio hanno riaperto le medie con regole tipo: i genitori non possono entrare a scuola, la distanza dei banchi era inizialmente due metri poi portata a uno, ridotti gli orari, lezioni in piccoli gruppi (alcuni in aula, altri all’aperto), sono stati assunti più addetti alle pulizie. Dopo 6 settimane dalla riaperture delle scuole non si è notato alcun incremento aggiuntivo di contagi. A metà giugno sono emersi due piccoli focolai in due scuole, dove gli alunni sono risultati tutti positivi e quindi si sono bloccate temporaneamente le attività.
Un caso a sé è la Svezia che non ha mai chiuso la sua economia e tantomeno le scuole fino a 16 anni che sono rimaste sempre aperte. La Svezia ha scelto questa via che è stata criticata da alcuni per aver avuto un numero elevato di morti rispetto ai Paesi limitrofi, ma è anche vero (sostengono altri) che ancora oggi (28 giugno) i morti per milione di abitanti sono 523, cioè inferiori a quelli per esempio dell’Italia (576), anche se 5 volte quelli della Danimarca (104). In ogni caso ha scelto di avere qualche morto in più in cambio di non bloccare né l’economia, né le scuole, né limitare le libertà dei suoi cittadini. Purtroppo non ci sono studi approfonditi (al momento) sulla mortalità dei bambini e degli insegnanti; pare che i casi siano stati molto pochi: si cita un insegnante decesso e 18 contagiati su 76 persone in una scuola che è stata chiusa e altri due decessi del personale in altre scuole. Trattandosi di pochi casi, ciò non ha influito sul complesso delle scuole ma solo su alcune.
La Germania la teniamo per ultima perché è di gran lunga il Paese che ha dimostrato più capacità di reagire al virus. Era un Paese poco indebitato e quindi si è permesso di attivare molte più risorse di quelli che erano indebitati. Ha dimostrato di avere una sanità pubblica preparata per le emergenze e una diffusione territoriale dei medici di famiglia eccezionale (da noi smantellata). Così il numero di morti per abitante è stato 10 volte inferiore a quello italiano e la strategia di comunicazione ai cittadini è stata quella di “responsabilizzarli” tramite lo slogan “Contaktverböt” (divieto di contatto) che ha evitato i danni del lockdown (poter camminare nella natura, stare all’aperto, al sole, nei parchi, non multare, socializzare seppure a distanza), osservando il distanziamento fisico. Il virus non è mai stato sottovalutato ma neppure ingigantito come, a mio parere è avvenuto in Italia, che è stata trattata come se tutto il Paese fosse Bergamo e Alzano Lombardo (peraltro mai diventate “zone rosse”). Le scuole sono state chiuse in tutti i 16 Länder (regioni federali) a metà marzo, ma già il 6 maggio c’è stato un accordo tra Länder e Stato per la riapertura graduale delle scuole per tutti gli studenti con regole decise autonomamente dai singoli Länder. In alcune scuole 2 volte alla settimana sono stati fatti test, il 17 giugno alcune scuole sono state chiuse dopo la scoperta di focolai. Insomma misure differenziate, test tracing e riaperture, comunicazione responsabilizzante, un mix di libertà e responsabilità che dimostra un civismo superiore al nostro approccio da prolungato lockdown e ad una delega della politica ai virologi, tutori della salute e della sicurezza (troppo prolungata nel tempo) che, per deformazione professionale, non riaprirebbero né l’economia né le scuole finché i contagi sono a zero, come avevano detto, peraltro, sin dall’inizio.
scritto da Andrea Gandini