La prossima apertura dell’anno scolastico il 14 settembre sta acutizzando i numerosi problemi sui quali si discute da tempo, e con essi il conflitto politico tra Stato e Regioni e tra governo e opposizione. Risulta del tutto chiaro che si tratta di una questione complessa, nella quale prevale l’incertezza, trattandosi di una pluralità di problemi da risolvere assieme, per la prima volta.
Quando si parla, ad esempio, di aule insufficienti, di banchi monoposto, di mascherine, di insegnanti da integrare, di orari ed entrate scaglionate, di test sierologici, di autobus e metropolitane, la carne al fuoco è molta, e mettere tutti d’accordo non è facile.
Ma la priorità strategica della scuola nella vita del Paese, che il Covid ha ulteriormente rafforzato, richiede, dopo aver discusso a lungo, di prendere decisioni chiare e conclusive. La novità e una certa imprevedibilità degli effetti, potrà poi anche costringere a ritornare su quanto deciso, ma la decisione è indispensabile per dare certezze a tutti, in particolare a studenti, famiglie e insegnanti.
Qui emerge il problema della politica italiana nella quale il conflitto e il rinvio prevale troppo spesso sul prendersi la responsabilità di decidere. Mancando troppo spesso di preparazione e di esperienza, si è convinti che sia sufficiente discutere di un problema, sostenere alcune soluzioni che valgono soprattutto in quanto divergono e contestano quelle della parte avversa, dando vita a un conflitto che cerchi di metterla in ulteriore difficoltà, e che si conclude inevitabilmente con in rinvio.
Così si crede di aver fatto politica anche se la soluzione si allontana e i rapporti tra maggioranza e opposizione diventano sempre più conflittuali. Con l’aggravante che nello scontro si coinvolgono anche le istituzioni che, per loro natura, dovrebbero rappresentare tutti, e quindi dovrebbero essere tenute fuori dagli scontri di parte. I medesimi problemi della scuola nel Covid, sono presenti anche negli altri Paesi, ma la discussione per risolverli è mediamente di tutt’altro tenore, assumendo decisioni concrete con il coraggio e la responsabilità di cambiarle quando si siano dimostrate inadeguate, com’è avvenuto in Germania che dopo aver aperto le scuole le hanno rinchiuse perché le soluzioni adottate non hanno funzionato.
Un fatto del genere, da noi avrebbe immediatamente determinato la richiesta delle dimissioni del governo per cui diventa più realistico non decidere lasciando aggravare i problemi. Questo, a mio avviso, spiega molte cose dei limiti della nostra politica e della sua classe dirigente.
De Gasperi, sulla base della sua pluridecennale esperienza, affermava che la politica per il 70% è gestione, e ciò mette in evidenza le difficoltà che si prospettano per il nostro Paese nella soluzione degli enormi problemi che ci ritroviamo, nella scuola come nella gestione della grande occasione dei fondi europei.
scritto da Luigi Viviani