Quando il Covid-19 sarà ridimensionato, per sua volontà o per le procedure messe in atto, che fine farà la didattica a distanza (DAD)?
La difficoltà di impiego ed utilizzo da parte degli insegnanti, la limitatezza della rete sul territorio nazionale, da disomogenea distribuzione dei device presso le famiglie spingeranno ad un ridimensionamento della DAD, con un rapido ritorno alla scuola ante Covid-19.
La DAD rimarrà comunque attiva, seppure limitata, per la buona volontà di alcuni degli attori principali nell’ambito scolastico, docenti e dirigenti, come avvenne nel lontano 2004 quando l’ ITC Matteucci di Forlì (dove prestavo servizio) avviò il “Progetto 1000 Parole” con l’ obiettivo di progettare una offerta formativa che utilizzi le moderne tecnologie informatiche e telematiche, nell’ambito della “formazione continua” per gli adulti, per l’apprendimento a distanza e per lo sviluppo di un Servizio di aiuto e sostegno più efficace e capillare agli utenti in età scolare (scuole superiori) ed agli adulti. Innumerevoli sono attualmente, nell’intero territorio nazionale, sperimentazioni più o meno consolidate .
La DAD potrebbe, fra l’altro, assumere i connotati di uno dei tanti “social”, basti pensare alla facilità di scambio di foto, video, messaggi, scambi di esperienze e suggestioni, dove il docente assumerebbe il ruolo di “Influencer”. Forse l’influencer di rete/social/scuola equivale alla figura dei docenti carismatici che talvolta vengono ricordati: … la prof di Lettere ci ha formato.. il prof di Fisica ci ha insegnato tanto della vita… , ho imparato tanto dl prof di scienze…
A questo punto, però, ho una osservazione da fare: chiediamoci se alcune limitazioni della DAD non siano limitazioni e difetti presenti anche nella scuola reale dell’ante Covid-19:
- I volti dei ragazzi non sempre attenti.
- Il disinteresse di alcuni agli interventi degli altri durante la fase dialogo/chat.
- Le prove/verifiche spesso realizzate con una buona dose di copiature e suggerimenti.
- La difficoltà di avere un riscontro immediato alla domanda tipo “avete capito”.
- Scarso recupero di chi è in difficoltà per mancanze o lacune pregresse.
- Sostegno insufficiente all’apprendimento della lingua italiana da parte degli stranieri.
- Pochi momenti di approfondimento.
- Presenza di docenti dotati di un grado di empatia non sempre soddisfacente
- Lavoro collaborativo, utile sì per favorire l’apprendimento esteso alla classe intera, ma limitante nell’individuare i contributi dei singoli alunni.
- Ritardo al collegamento alla classe in rete.
- Difficoltà/impossibilità nel giudicare la “condotta”, a tal proposito, qualcuno avanza la richiesta di inserire la “Educazione al WEB”, compreso la netiquette nelle CHAT, nelle mail … così da allargare l’ambito del comportamento/condotta.
- Atteggiamento poco responsabile nell’appropriarsi dello studio proposto e nel prendere coscienza di quanto si sta facendo.
Ecco alcune proposte per una nuova idea di scuola che prescinde dalla introduzione della DAD o meno. Mi riferisco principalmente:
- Numero delle materie caratterizzante gli indirizzi e le articolazione dei Piani di Studio
- Organizzazione e calendarizzazione della attività didattica
- Abolizione del valore legale del diploma
- Va ripensato il numero delle materie caratterizzante il percorso scolastico. La riduzione consente l’inserimento di discipline facoltative o di attività extrascolastiche (queste già presenti, ma fuori dall’orario canonico) quali attività sportiva agonistica, teatro …
Per quanto riguarda il secondo punto occorre ricordare che, per disporre degli elementi necessari alla formulazione dei giudizi alla fine del primo e del secondo quadrimestre, occorrono un numero congruo di prove scritte e orali. Durante una qualunque mattinata a scuola è facile immaginare un compito in classe con conseguente effetto disattenzione prima dello svolgimento delle prove scritte; o un paio di interrogazioni durante le quali coesiste una generica ed autonoma fase comportamentale degli studenti (ripasso, studio, ….).
Nel mese di dicembre e nel periodo maggio/giugno la attività didattica vera e propria va sospesa per lasciare il posto a momenti di “ripasso”, “recupero” e concludere con le verifiche scritte e orali al fine di valutare l’andamento del percorso scolastico degli alunni.
Nei periodi di dicembre e maggio/giugno la classe non mantiene la sua unità, ma si scompone in gruppi a seconda delle necessità. Nei mesi precedenti si possono attivare, accanto alla didattica frontale, forme di studio collaborativo e momenti di recupero sostegno e approfondimento, esperienza di alternanza scuola/lavoro o simulazione .
Per quanto riguarda l’abolizione del valore legale del diploma, faccio notare che quando si parla di abbassamento della qualità della scuola, si intende già uno scadimento del valore del “pezzo di carta”. Si tratta di prendere atto della situazione e affidare all’esame di maturità il compito di certificare il percorso scolastico effettuato dagli studenti, e non certificare una teorica conoscenza che può essere presente o meno. Non si può immaginare un importante profilo, magari attualissimo, supportato da un piano di studi non sempre attuato completamente.
Conclusioni
E se il Covid-19 non uscirà di scena? Che cosa succederà?
Ricordo che le considerazioni e i suggerimenti sopra riportati prevedono classi intere (numerose come le attuali) in un numero ridotto del tempo scolastico (in occasione della didattica frontale) e poi gruppi ristretti per tutto il resto del tempo.
Le attività di sostegno e approfondimento potranno essere svolte con la DAD.
Le prove/verifiche a dicembre e a maggio/giugno si svolgeranno a scuola a gruppi ristretti e nell’arco della giornata intera, mattina e pomeriggio. Tutto questo comporta l’introduzione di una certa dose di libertà gestionale nei singoli Istituti scolastici. Nello stesso tempo occorre utilizzare le prove tipo INVALSI al fine di descrivere gli esiti sul territorio nazionale, non solo, ma anche per offrire linee guida sugli obiettivi da raggiungere.
Senza scomodare un distorto modo di pensare la libertà di insegnamento, affidando a questo l’alibi per rifiutare INVALSI, ricordo che l’abbandono scolastico, la bassa percentuale di diplomati e laureati traggono origine da condizioni il cui superamento spetta ad una ampia platea di stakeholder.
scritto da Giovanni Foschi, pubblicato in cdscultura.com del 21 agosto 2020
segnalato da Alessandro Bruni