di Giuseppe Stoppiglia.
Ieri e oggi. Eppur vive
Nel passato l’onnipotenza umana era legata alla scienza, alla tecnica, alla capacità di costruire, di dominare, umanizzare il mondo. Oggi l’illusione dell’onnipotenza è legata all’esaltazione assoluta della libertà, come centralità dell’io, alla riscoperta di aree poco considerate, il corpo, l’amore, le debolezze, oggi rivendicate come spazio di libertà.
La felicità dell’individuo è la giustificazione etica che serve a capire ogni cosa. Ogni persona ha il diritto di essere felice, anche se, di fatto, andando a guardare questo esercizio della libertà, l’illusione appunto della onnipotenza, si tratta di un gioco di prestigio: uno è libero di scegliere quello che vuole nel quadro che gli è dato, senza mettere in discussione il quadro, che resta quello che è.
L’esaltazione dell’individuo contro ogni pressione sociale è stata una delle ragioni, non piccole, del Sessantotto, dove l’individuo con le sue pulsioni, i suoi desideri, il suo mondo interiore, andava esaltato. Ecco allora l’autonomia e la spontaneità.
«Di fatto - scrive E. Fromm - l’autonomia ha finito per ledere le ragioni di stare insieme e per produrre un’enorme solitudine». Tanto autonomi da essere soli, e la solitudine è uno dei peggiori mali del nostro tempo.
In questo contesto di illusione della onnipotenza, della persona libera, dell’autonomia fino alla solitudine, della spontaneità fino all’affermazione del proprio punto di vista come unico, si genera l’aggressività, l’insofferenza per l’altro come mio limite. Produrre una relazione richiede grande fatica, mentre quel principio di felicità è diventato felicità consumista.
scritto da Giuseppe Stoppiglia, pubblicato in Madrugada 47, settembre 2002
segnalato da Alessandro Bruni