di Andrea Gandini.
Passo, dopo passo sembra si stia tornano al lockdown, anche se avevo scritto che ciò era impossibile per una ragione economica: con un secondo lockdown l’Italia sprofonderebbe in un immiserimento da cui sarà difficile riprendersi nei prossimi decenni e ciò rischia di portarci ad un conflitto sociale drammatico (specie coi giovani che sono quelli più penalizzati anche se appena sfiorati dall’infezione).
Per ora il Governo si muove con cautela, conscio del pericolo e sembra adottare misure differenziate per territori, come non ha fatto (e forse doveva fare a mio parere) sin dall’inizio. I dati dei morti delle ultime 2 settimane (fonte: John Hopkins University) dal 23 ottobre indietro indicano però una situazione non così grave per l’Italia come si narra ogni giorno in Tv e giornali. Con 15 morti per milione di abitanti non siamo affatto tra i Paesi con le condizioni più gravi. A parte la rep. Ceca che ha il record mondiale con 90 morti, i Paesi più in difficoltà hanno tra i 20 e i 40 morti, mentre l’Italia con 15 è molto più indietro anche se alla testa dei meno colpiti.
La Fondazione Einaudi ha proposto di cambiare strategia e di concentrarsi sulla difesa degli anziani (con raccomandazioni a stare in casa o comunque a proteggersi) e “lasciar andare” l’economia e le scuole (seppure con misure di protezione) in modo da contenere i morti perché si sa che l’infezione da Covid-19 è “secondaria” (non primaria) e colpisce soprattutto i “fragili” (anziani con polipatologie, specie diabete e cardiopatie). I morti sotto i 60 anni sono in Italia infatti solo il 4,6% del totale e sotto i 40 anni sono lo 0,2%.
Un’altra strategia è quella della Svezia che è l’unico paese europeo che ha rifiutato la logica del lockdown: non ha mai chiuso né scuole, né aziende, né i servizi commerciali e ancora oggi si può stare al bar e girare senza mascherina. Ha puntato sulla responsabilizzazione dei propri cittadini che non sono obbligati a portare la mascherina, anche se sono consigliati a osservare la classiche indicazioni igieniche: stare distanziati almeno un metro, lavarsi le mani, evitare assembramenti, mettersi la mascherina se si parla con estranei stando molto vicini e per molto tempo.
L’unico divieto sono gli assembramenti o convegni al chiuso che possono avere max 50 persone. Le scuole non si sono mai fermate e qualche limitazione c’è stata solo in primavera per gli over 16. Il Governo ha sempre dichiarato che le eventuali chiusure avrebbero prodotto danni educativi (e di salute) nettamente superiori, al punto che se un alunno viene trovato positivo al coronavirus, tutti gli adulti devono sottoporsi al test, ma non i ragazzi che possono continuare ad andare a scuola regolarmente. Anche la quarantena è prevista per un massimo di 7 giorni rispetto ai 14 dell’Italia perché gli esperti svedesi (così come altri italiani) ritengono che il rischio di diffondere il virus a partire dalla seconda settimana sia irrilevante.
Tutta un’altra storia rispetto alle scuole in Italia che hanno subito il maggior stop internazionale e oggi nelle superiori tornano le lezioni a distanza nonostante non ci sia stato neppure un morto in 10 mesi per Covid-19 nella fascia di età 10-19 anni.
Gli indici che contano in questa infezione non sono i contagiati o i positivi ma chi si ammala e soprattutto chi finisce all’ospedale (e in terapia intensiva in particolare) e i morti. Se si considerano i morti di Covid-19 per abitante, la Svezia ne ha (al 20 ottobre) meno dell’Italia (587 contro 613) e la differenza sta crescendo proprio dalla fine dell’estate a vantaggio della Svezia, che è il Paese nel mondo (dopo Taiwan ferma coi suoi 7 morti su 24 milioni di abitanti) che ha la minor crescita di morti negli ultimi 40 giorni (settembre-ottobre, +1,8%) insieme alla Svizzera (+1,7%), seguita proprio dall’Italia +4%, da Irlanda +4,9%, Germania +6%, Regno Unito +6%; Francia è +10%, Spagna +16%, Usa +18%, Russia +32%.
I Paesi del Nord Europa, con cui a lungo la Svezia è stata confrontata (e che facendo il lockdown hanno avuto una mortalità molto inferiore, per esempio la Danimarca con 119 morti per milione -come la Germania-), negli ultimi 40 giorni registrano però una crescita dei morti tripla o più della Svezia: Norvegia +5,4%, Finlandia +5,6%, Danimarca +10%.
Ciò dimostra che la “terza via” svedese (no lockdown, no “stati di emergenza”, lasciare liberi i cittadini, seppure invitati a rigorose precauzioni, specialmente per gli over 70 invitati a uscire e viaggiare il meno possibile), non è così sbagliata come si è cercato di far credere in Italia (e non solo) da parte di molti giornali e tv.
Questa strategia si basa sull’idea che bisognerà convivere a lungo col virus (non si crede a nessuna capacità salvifica né rapida del vaccino), che è bene dare raccomandazioni ed educare più che imporre divieti (che portano a delazioni), che è importante preservare gli anziani ma anche l’economia e le scuole. Si teme che un lockdown possa aumentare malattie e morti per alcolismo, solitudine, psicosi sui soggetti più fragili (come sta avvenendo in Italia e ovunque silenziosamente).
La strategia sembra funzionare anche perché i contagi sono sempre più legati ai contatti famigliari (sia in Italia che in Svezia) e non con chi si lavora o a scuola. A fine anno faremo un altro controllo per verificare come vanno le cose, ma la via svedese non sembra affatto stupida.
scritto da Andrea Gandini