di Andrea Gandini.
Come italiani produciamo 30,2 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno (500 Kg. a testa, fonte Ispra), ma se si considerano tutti i rifiuti (anche quelli industriali, commerciali, servizi,…) arriviamo alla stratosferica cifra di 2.855 Kg. (fonte Eurostat) e, nonostante ciò, siamo in Europa tra coloro che ne producono meno.
E’ forse l’indicatore più chiaro di un modello iper-consumistico che deve cambiare profondamente se vogliamo preservare il pianeta. I nostri antenati ne producevano pochissimo e solo 70 anni fa erano una cifra modestissima. Animali e piante non fanno rifiuti o, meglio, hanno un ciclo naturale che non produce alcun inquinamento.
L’economia circolare è il futuro ma sta crescendo troppo lentamente; si basa sull’idea che ogni volta che viene prodotto un bene è progettato in modo da poterlo completamente (o quasi) riutilizzare come “materia prima seconda”. Noi consumatori però possiamo dare una bella mano ad accelerare questo processo se iniziamo ad acquistare non solo meno prodotti “usa e getta”, ma quelli a minor impatto ambientale (più sostenibili) e che producono meno rifiuti. Ma anche che percorrono meno km. per arrivare a casa nostra (il contrario dell’e-commerce). Da qui la campagna lanciata dalla Sindaca di Parigi (e molte altre associazioni) contro Amazon e l’importanza di acquistare dai negozi di prossimità se non vogliano la desertificazione delle nostre città e dei nostri borghi.
Anche nel 2019 i rifiuti sono cresciuti (i dati del 2020 non sono disponibili e forse sono calati per la prima volta…vedremo). Si va da chi ne produce tantissimi a quella famiglia inglese con 2 figli che ha vinto il premio nazionale di “minor rifiuti” con un solo sacchetto di rifiuti in un intero anno!
Sta crescendo la raccolta differenziata ma molte città e regioni sono indietro al livello medio della raccolta differenziata che in Italia si attesta al 58%, ancora al di sotto dell'obiettivo indicato dall’Europa (65%) 8 anni fa (2012). Continuiamo a smaltire in discarica in media il 22% dei rifiuti urbani prodotti, percentuale che supera anche il 50% in alcune regioni dell'Italia meridionale e insulare. La revisione della normativa Europea sui rifiuti introduce obiettivi ambiziosi per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani. Ma per raggiungere questi obiettivi è indispensabile cambiare le modalità con cui le famiglie raccolgono i rifiuti o con la tariffa puntuale o con il porta a porta.
Un rapporto di Cittadinanzattiva su dati Ispra fa il punto sulla situazione nelle varie città in Italia. In 15 capoluoghi i tassi di raccolta differenziata sono ancora al di sotto dell'obiettivo del 35% il cui raggiungimento era previsto nel 2006: Catania e Crotone, entrambe con percentuali di raccolta differenziata del 7,7%. Questa inefficienza e cattiva gestione si ripercuote sulla tariffa che i cittadini pagano che è molto superiore quasi sempre nelle città del Sud (419 euro la media della Campania, 389 la Sicilia euro, ma a Catania si spendono anche 540 euro). Al Nord la spesa è in media minore (229 Veneto, 241 Lombardia, 274 Emilia-R.) con il record nel Trentino A.A. (193 euro).
Il fatto che nelle città peggio amministrate e che fanno meno raccolta differenziata o abbiano più discariche la tariffa sia più alta dovrebbe mobilitare i cittadini a premere per soluzioni migliori e comportamenti più civili… e se si facesse così anche nella sanità e nella scuola non sarebbe questo un modo per pressare le rispettive amministrazioni ad una gestione migliore? Nella sanità i dati ci sono, nelle scuole no. Forse per questo nel 1999 alcune regioni del Sud si sono opposte alla riforma del ministro Luigi Berlinguer di realizzare una autority pubblica che valutasse tutte le scuole (pubbliche e private) in modo da consentire a tutti di conoscere i propri limiti e punti di forza e favorire i miglioramenti. Senza valutazione “di notte tutti i gatti sono grigi”.
scritto da Andrea Gandini