di Gian Carlo Perego, arcivescovo.
Oggi il volontariato - dopo la stagione di sviluppo negli anni '80 e '90 e di riflessione, da cui la legge sul volontariato e la Carta del volontariato, e dopo un'involuzione nel primo decennio del 2000, con il rischio di perdere la caratteristica fondamentale della gratuità - vive un momento di ripensamento interessante.
Oggi infatti lo si lega maggiormente al mercato e alla politica – e non tanto per diventare una terza realtà, ma per alimentare con la forza delle relazioni e del dono un'economia di comunione, circolare e alternativa all'”economia che uccide”; per rigenerare il tessuto di una comunità che rischia l'individualismo personale e familiare; per formare una politica aperta all'incontro, che fugge a ogni nuova forma di corporativismo, ma anche capace di servire il territorio, mettendo sempre al centro la dignità di ogni persona.
Economia e politica sono i due ambiti che sfidano un volontariato rinnovato, per non rischiare un'azione semplicemente “assicurativa” nei confronti di servizi che si indeboliscono, di persone che sono fuori dal nuovo welfare, di territori abbandonati a se stessi. Per queste ragioni, si rende necessario nel volontariato passare dal dono alla relazione, ritornare alla centralità della relazione personale, dell'incontro.
Questo passaggio sembra importante: dal dono alla relazione; una relazione coniugata con la tradizione, identità o differenza, con la cittadinanza, la fragilità, il lavoro e la festa, gli affetti.
Oggi assistiamo a una vulnerabilità sociale, contro la centralità della partecipazione e della costruzione delle relazioni, perché la disgregazione e la rottura delle relazioni sono appunto alcuni degli elementi per cui cresce la vulnerabilità sociale.
Il passaggio da una situazione di normalità a una situazione di vulnerabilità – quindi anche il cosiddetto impoverimento del ceto medio – può essere rappresentato dalla rottura delle relazioni nell'ambito del lavoro, della famiglia e del contesto sociale. Se in un territorio esiste un livello di relazionalità diffusa particolarmente basso, diventa molto più facile una situazione di crescita della vulnerabilità sociale o dell'impoverimento, pesante per la persona e per la famiglia che la vive, perché non trovano sostegni né supporti relazionali adeguati. Dove c'è un'assenza completa di questo tessuto relazionale di base, le persone sono ancora più povere, più vulnerabili, più a rischio, più sole.
C'è bisogno allora di una nuova prossimità volontaria.
scritto da Gian Carlo Perego nella prefazione del libro di Livio Ferrari “Testimoni di prossimità, formarsi al volontariato”. Edizioni Paoline, 2020.
Nota di Alessandro Bruni
Questo libro è appena arrivato nelle librerie e ha nella quarta di copertina il senso dell'opera:
Il cammino dell'essere umano che abbraccia il prossimo diventa per forza, con l'andare del tempo, un movimento profetico, con tutta la fatica, la solitudine e il disagio che questo comporta.
Coloro che si fanno carico delle fatiche del vivere dei più fragili promuovono oasi di esistenza, magari non risolutive, ma capaci di lenire il dolore, di portare calore umano dove il freddo dei cuori ha prodotto ferite profonde, di generare quell'accoglienza che promuove nuove possibilità e rinnovare speranze. Sono il popolo dei volontari: uomini e donne che riescono a scorgere scintille di umanità sempre e comunque … e a generarle.
Queste pagine ne tratteggiano il volto, i valori e, al contempo, lanciano sfide per una formazione globale di chi fa del volontariato uno stile di vita.
Un libro di grande interesse soprattutto per quei volontari e quelle associazioni che hanno perso di vista gli obiettivi primari della prossimità e della relazione. È un invito alla lettura per un esame di realtà e di rinnovamento che il Natale impone per liberarci dalla scorie tossiche del volontarismo manageriale asettico da poltrona tra raccolte fondi e ridistribuzioni filantropiche; un volontariato che non usa più le mani, che “non lava i piedi” e così non sente e non cresce nell'odore della povertà e della vulnerabilità sociale.
sullo stesso argomento si veda anche: Natale: voglia di vivere di Giuseppe Stoppiglia