di Massimo Livi Bacci.
Si avvicina ai 50 milioni, nel mondo, il numero di persone che si trovano in uno stadio più o meno avanzato di demenza. Una malattia crudele per chi ne soffre e per i suoi familiari, lunga nel suo sviluppo, onerosa per le cure che richiede, progressiva e irreversibile. E queste cure sono, in parte prevalente, date dai familiari, nella maggior parte dei casi non sostenuti adeguatamente, o non sostenuti affatto, dai sistemi sanitari e sociali.
Il nostro Ministero della Salute definisce la demenza come “una malattia cronico degenerativa caratterizzata dalla progressione più o meno rapida dei deficit cognitivi, dei disturbi del comportamento e del danno funzionale con perdita dell’autonomia e dell’autosufficienza con vario grado di disabilità e conseguente dipendenza dagli altri, fino alla immobilizzazione a letto”.
Si tratta di una malattia silenziosa, insidiosamente graduale, che colpisce le persone anziane che oggi si sta trasformando in un colossale problema in conseguenza del rapido invecchiamento demografico, del rarefarsi delle reti familiari, delle modalità di vita, particolarmente nelle aree urbanizzate oramai prevalenti nel mondo.
Le cause dell’insorgere della demenza sono per ora avvolte nella nebbia. Si sa però che le persone con alta pressione sanguigna, o con alto livello di colesterolo, o diabetiche, depresse, con alto consumo di alcol e fumatrici, corrono maggiori rischi della media. La malattia dura a lungo, dalla diagnosi alla morte intercorrono, per lo più, 8-12 anni, all’interno però di un ventaglio molto esteso, compreso tra 1-2 anni e oltre vent’anni. La durata dipende dall’età alla quale la diagnosi viene fatta, dallo stato di salute generale della persona, dalle cure ricevute.
Poiché la malattia è progressiva, quando si afferma che in Italia ci sono 1,3 milioni di persone con demenza, è sottinteso che in quel numero si annoverano persone con diversi gradi della stessa, che a un estremo hanno un alto grado di autonomia e all’altro estremo sono in stato di completa dipendenza. Gli esperti si sono cimentati in varie valutazioni del costo economico della demenza, che eccede l’1% del prodotto mondiale, e si traduce in una cifra enorme, dell’ordine del PIL globale di un paese come la Spagna.
Negli ultimi decenni, dove esistono indagini comparabili nel tempo, la prevalenza delle demenze nelle varie classi di età appare abbastanza stabile o anche in leggero declino, forse in ragione delle migliorate condizioni di salute della popolazione. Troppo poco, per ora, per alimentare aspettative di un duraturo declino, data l’assenza di farmaci che curino la malattia.
Quello che invece è sicuro è che si prevede, in tutto il mondo, un aumento del numero di ammalati di demenza assai superiore all’aumento della popolazione, a causa dell’invecchiamento demografico (cioè della crescita delle classi di età anziane assai più rapida di quella di altre fasce di età).
Il numero e la dinamica attesa delle demenze rappresentano un onere sociale e economico enorme, del quale non si è ancora preso completa coscienza. Forse perché la maggior parte di questo onere è sopportato dalle famiglie o dal volontariato, e non appare, nero su bianco, nei libri contabili. Inoltre gran parte della marea montante dei costi avverrà nei paesi più poveri nei quali l’incidenza delle demenze è ancora modesta. Ma il costo della demenza peserà fortemente sullo sviluppo sociale e economico delle collettività, ricche o povere che siano.
Circa un quinto di questa cifra copre i costi medici, due quinti i costi sociali, e altri due quinti il costo dell’assistenza informale (soprattutto familiare). Nei paesi che la Banca Mondiale classifica ad alto reddito, il costo medio annuo di un paziente è di 40.000 dollari, contro i 10.000 occorrenti nei paesi a reddito medio-alto, e circa 3000 per tutti gli altri paesi.
Per adesso, la scienza medica non è riuscita a fare molti passi avanti nella lotta alle demenze. Qualche risultato è stato ottenuto nel ritardarne lo sviluppo e nell’alleviarne gli effetti. In attesa che la scienza apra una breccia, è la società che deve riorganizzarsi, innovando i modi di erogazione dei servizi, di sostegno alle famiglie, di adeguamento degli spazi e delle abitazioni con l’uso di nuove tecnologie, diffondendo conoscenze e buone pratiche, smontando tabù e stigma.
scritto da Massimo Livi Bacci, pubblicato in Neodemos e-book Geo-demografia 2020
sintesi di Alessandro Bruni, per leggere l'articolo originale aprire questo link
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