di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Fin dalle prime battute del nuovo governo, una volta completato il quadro di ministri e sottosegretari, emergono alcuni problemi che, se dovessero permanere metterebbero in serio pericolo la navigazione dell’esecutivo, e soprattutto renderebbero pressoché impossibile il raggiungimento dei fondamentali obiettivi per i quali è nato.
Dobbiamo sempre ricordare che questo governo è nato da un drammatico appello del Presidente della Repubblica in un momento di crisi politica coincidente con la più grave crisi sanitaria, economica e sociale della storia della nostra Repubblica. Per questo un governo aperto alla partecipazione di tutti i partiti e senza una precisa identità di schieramento.
L’unico elemento identitario dovrebbe essere rappresentato da un eccezionale impegno concorde per far uscire l’Italia da questa particolare emergenza, terminata la quale si dovrebbe ritornare alla fisiologica dinamica del nostro sistema politico. Con questo spirito è stato formato il governo, al quale hanno aderito tutti tranne Fratelli d’Italia, e sono stati scelti i ministri e i sottosegretari che lo compongono, con un processo complicato dalle molteplici richieste e rivendicazioni dei diversi partiti, tenendo conto della loro rappresentanza parlamentare.
Il risultato è stato che la Lega ha ottenuto 3 ministri e 9 sottosegretari, qualitativamente dislocati in alcuni dei ministeri più rilevanti, come lo Sviluppo economico, il Turismo, l’Interno e altri. Sulla base di questo risultato il Carroccio risulta, nel complesso, il partito con la rappresentanza più qualificata nel governo Draghi, a cui dovrebbe logicamente accompagnarsi un analogo livello di responsabilità.
Se a questo aggiungiamo i tre ministri, e i cinque sottosegretari, acquisiti da Forza Italia, a cui si aggiunge la rendita dell’opposizione di Fratelli d’Italia, dobbiamo constatare che il centrodestra è riuscito a ottenere più potere e visibilità dal nuovo esecutivo.
I problemi invece non mancano nel centrosinistra, specie nel M5S, dove continuano le lacerazioni a un passo dalla scissione, e nel Pd che, pur rimanendo il partito politicamente più omogeneo al programma di Draghi, dopo l’incidente dell’l’estromissione delle donne dalla rappresentanza ministeriale, manifesta una certa tensione tra le correnti interne, che, superficialmente, si pensa di superare attraverso la realizzazione di un congresso.
Nonostante l’evidente vantaggio conseguito dal centrodestra, dai primi comportamenti leghisti nascono paradossalmente ulteriori problemi e ostacoli sul cammino già notevolmente complicato del governo. La Lega si sta apprestando a partecipare all’azione governo come un qualsiasi soggetto dell’opposizione, con il segretario Salvini che, dall’esterno, sentenzia giudizi negativi sulle scelte e sui membri del governo, chiede la testa del commissario Arcuri, e si erge a giudice critico sulle misure anti pandemia a nome degli italiani, mentre il sottosegretario leghista all’Interno Molteni sostiene apertamente i decreti Salvini sulla sicurezza contro il ministro Lamorgese.
Con queste premesse credo che sarà alquanto difficile creare le indispensabili condizioni di unità per affrontare i difficilissimi problemi del neutralizzare l’effetto Covid e della ripartenza per lo sviluppo e il lavoro. Il presidente Draghi ha fatto bene e chiamare Salvini a colloquio per sentire direttamente il suo parere sulle questioni più urgenti e chiedergli di abbassare i toni, ma finora non si sono visti effetti apprezzabili.
Se, per la sua indole personale, e per la concorrenza che dall’opposizione esercita Fratelli d’Italia, Salvini appare l’interlocutore più irrequieto della maggioranza di questo particolare governo, deve essere subito chiarito che il furbesco giochetto di interpretare il proprio ruolo nello stare contemporaneamente al governo e all’opposizione non regge e costituisce una contraddizione incompatibile con l’esigenza di unità e stabilità dell’esecutivo.
Una questione da chiarire fin dall’inizio per evitare inevitabili guai successivi. Una esigenza di chiarezza dei ruoli che dovrebbe essere in particolare il Pd a porre con determinazione, oltre le quotidiane polemiche tra Zingaretti e Salvini. La posta in gioco della riuscita di questo governo è, nel medesimo tempo, il futuro dell’Italia e, in buona parte, della stessa Europa. Non è perciò possibile derogare dalla condizione di base di ogni condotta democratica, cioè un comportamento da parte di tutti i protagonisti improntato a un rigoroso equilibrio tra esercizio del potere e della relativa responsabilità.
scritto da Luigi Viviani