di Laura Tussi. Giornalista, insegnante e analista del pensiero delle differenze.
Siamo entrati in un’epoca nuova caratterizzata da numerosi fenomeni e processi che risultano particolarmente complessi da interpretare, che hanno introdotto nelle nostre vite numerose e pervasive novità, non solamente materiali, ma anche concettuali e addirittura paradigmatiche.
L’aumento delle libertà individuali e dei dispositivi di tutela del singolo da parte della collettività alimentano l’ansia e la paura che sono così esplose oltre la dimensione della sicurezza personale. Tutto questo a causa del crollo delle certezze e della sicurezza collettiva. Tre minacce incombono sull’umanità: l’attività militare che potrebbe sfociare nella guerra nucleare, i gravissimi dissesti climatici e l’ingiustizia sociale globale.
In tale contesto, nell'illusione che le tecnologie possano risolvere qualsiasi problema, aumentano le differenze tra chi ha la possibilità di accedere alle conoscenze e alle tecnologie stesse e chi non l’ha. Se da un lato aumentano le possibilità di spostamento, dall’altro si diffonde il senso di precarietà e di disagio personale. Mentre da un lato la globalizzazione dà la possibilità di procurarsi prodotti provenienti da luoghi lontani, dall'altro assistiamo all'aumento delle differenze tra ricchi e poveri, alla concentrazione del potere decisionale nelle mani di pochi, non senza conseguenze per il futuro del mondo. Queste dinamiche impongono un ripensamento delle stesse basi su cui poggiano i nostri concetti di relazione personali e collettivi di individuo, società, solidarietà, cittadinanza, identità. In altre parole alla necessità di aderire a progetti formativi basati sulla terrestrità.
L’educazione scolastica e familiare è cambiata? Sta cambiando? Dovrebbe cambiare? educare oggi può essere considerato un compito identico a quello che era qualche decennio fa?
Ma come si può costruire e praticare un’educazione adeguata e una didattica pedagogica alternativa e introspettiva ai tempi che stiamo vivendo e come permettere che questa educazione in prospettiva di medio termine contribuisca sostanzialmente a migliorare i nostri stessi contesti e il contesto globale.
La scuola ha bisogno di mettere al centro queste domande, di approfondire quelle analisi che promettono di rileggere criticamente il nostro presente e di riflettervi pedagogicamente e psicologicamente per elaborare nuovi modi di svolgere appieno il suo compito sociale e culturale. La scuola non può rimanere isolata da ciò che accade fuori da essa. Deve collegarsi alla vita del territorio in cui si trova in una prospettiva che tenga ben presente l’inevitabile rapporto tra dimensione locale e dimensione universale: la dimensione anche psicologica e interioristica di Terrestrità e di 'comunanza terrestre' come sostiene Edgar Morin e riprende l'ecopacifista Alfonso Navarra.
È necessario che la scuola si ponga nelle dinamiche complesse del mondo di oggi come parte della soluzione non come parte del problema: proponendosi di formare dei soggetti autonomi, critici, dall’immaginario libero, indipendente, non omologato, per sostenere un nuovo modello di cittadinanza attiva, globale, universale. Questo significa andare oltre le frontiere e il sovranismo e la sovranità degli Stati e basare la propria azione sulla piena coscienza della dignità intrinseca all’essere umano e alla sua Terrestrità, sulla sua appartenenza a una 'comunità terrestre' locale e globale e sulla sua appartenenza a Madre Terra e sul suo impegno attivo per costruire un mondo più giusto e sostenibile che significhi sostenere e praticare un’idea e un ideale di cittadinanza globale.
La proposta pedagogica dell’educazione per una cittadinanza globale aspira a integrare in una visione coerente e problematizzante tutte queste direttive educative mantenendo uno stretto legame tra questi ambiti e fra gli esseri umani in un pianeta la cui sostenibilità è minacciata.
scritto da Laura Tussi, pubblicato in Peacelink del 21 agosto 2020
sintesi di Alessandro Bruni
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