di Alessandro Bruni. Biologo farmaceutico e cultore di scienze cognitive.
Questo blog è fortemente ancorato al fare nella mondialità e nella solidarietà. Il fare sociale, tuttavia, esige il tempo necessario per costruire il pensiero che realizzerà l'agito. Dietro ad ogni fare c'è un pensiero. L'agire senza un pensiero fondativo rimane imbrigliato nell'empatia, magari forte ed intensa, ma spesso erratica ed incostante, come il volo di una mosca. Per realizzare interventi sociali è oggi necessario percorrere strade originali frutto di menti libere dagli steccati. Il libro che qui segnalo è apparentemente lontano dal fare sociale, ma, a mio avviso, nasconde la dimensione aerea che è propedeutica al pensiero del fare. Per questa ragione lo propongo alla vostra attenzione.
Andrea Pase. Geografly: La mosca e la mappa. Edizioni Bette. 2020. 88 pagine
La proposta di lettura è di un piccolo libro con una veste sobria e dalle pagine spesse, con poco testo e molte immagini sulla pagina destra, simile a quelli di poesie di autori stranieri dove nella pagina sinistra è il testo in italiano e nella destra il testo nella lingua originale, quasi a sottolineare l'esistenza di due mondi di diversa sensibilità e bellezza. Una impostazione editoriale certo non casuale che impone subito il distinguo tra visione e interpretazione.
Il libro mi è stato donato e subito mi chiedo quali motivazioni ho per leggerlo: prevale la curiosità, per quanto il confronto tra mosche e mappe mi pare strano e magari proprio di quegli autori che scrivono per farsi dire quanto sono intelligenti.
A sfogliarlo sembra che l'autore divaghi apparentemente senza logica come la più molesta delle mosche e la più noiosa delle mappe. Perché mai dovrei leggerlo? A chi potrebbe interessare?
Oddio, lo si può anche leggere perché l'argomento interessa, ma certamente non è per un pubblico tanto vasto, essendo gli amanti di mosche e mappe assai in declino per motivi diversi: per le mosche perché tutti le conoscono e non vogliono averci a che fare, per le mappe perché la geografia è diventata materia da ottocentisti (non quelli dei metri, ma quelli dei secoli) superati ormai da GPS e da insegnanti in estinzione.
La terza di copertina ci dà subito un assaggio di quanto leggeremo: un discorso che nasce dalla foto di una mosca posata su una mappa e un geografo che almanacca sull'affronto di questo essere squallido sull'oggetto del suo studio. Dice l'autore che da questa provocazione è nato il suo percorso di legare l'infimo e il sublime, l'anima e il mondo. Beh! Questa è una provocazione anche per ogni lettore, se non altro per capire se il discorso è da seminario di filosofia o da incontro nella toilette dell'autostrada.
Certo che queste mie prime impressioni le deve avere avute anche l'autore, tanto che si è fatto aiutare da uno psicoanalista... Con questo forse tutto diventa un po' più chiaro; all'autore deve essere venuto in mente che l'avrebbero preso per matto e così a scongiurare la diagnosi dei lettori c'è uno psichiatra che ci dice che dalle mosche si possono trarre insegnamenti e soprattutto la liberazione dell'inconscio (cosa che mi incuriosisce). Dopo Freud che ci ha spiegato l'inconscio della pulsione sessuale, nella prefazione c'è Alberto Schön che ci spiega l'incontro tra la mosca e l'uomo e i comportamenti evolutivi messi in atto da entrambi.
Con queste considerazioni di rispetto verso le mosche mi pongo alla lettura.
Subito dalle prime pagine di descrizione dell'insetto mi vengono in mente le lezioni di entomologia frequentate all'università alla metà degli anni '60. Insegnava un professore che sembrava un moscone, nero di capelli, nero nel vestire, che arrivava, con mia grande invidia, su una motocicletta bicilindrica tutta nera. La sua passione per l'entomologia e per i ditteri era proverbiale. Dal non sapere nulla degli insetti sono passato ad un entusiasmo folle (così diceva la mia futura moglie), tanto che gli chiesi di fare la tesi con lui. Si schermì e mi disse di rivolgermi a qualche altro argomento perché lo studio dei ditteri era una vocazione nel disconoscimento di tutti e conseguentemente nella concreta impossibilità di trovare un lavoro decente, tranne ovviamente come addetto alla disinfestazione. Rinunciai, forse perché l'idea di dedicarmi ai ditteri senza la possibilità di comperarmi una motocicletta come la sua era per me allora cruciale.
Proseguendo nella lettura però le cose sono cambiate il girovagare dello scritto di Pase tra le mosche acquisiva sostanza. L'autore con la mosca mi portava sempre allo stesso punto focale di interiorità tra mia natura corporea e l'inconscio. Il dire garbato, elicitante, più che dichiarato, finiva col accelerare la mia lettura mostrando, soprattutto con le appropriate citazioni tutto un mondo passato, un lascito di cultura disordinata che affiorava da luoghi apparentemente distanti del mio cervello e capaci di essere riassemblati in immagini mentali nuove.
Ecco riaffiorare le mappe mentali, oggi tanto di moda nella grafica delle scienze cognitive e in neurologia. Nel mio cervello i pensieri si susseguivano come il volo della mosca in modo erratico, come capita nei sogni, passando da una sensibilità all'altra senza una logica apparente, ma creando nuove immagini complesse per giustapposizione di singole, come nell'occhio composto delle mosche, capace di distinguere il particolare e il complessivo nello stesso momento. La capacità di percepire il particolare assieme al complessivo è una proprietà basilare per chi si occupa di volontariato: non esiste un volontariato di massa ed uno individuale, ma devono essere soddisfatti entrambi contemporaneamente. Per passare dal pensiero all'agito ogni volontario, ogni associazione, deve aver acquisito una mappa mentale di intervento, altrimenti detta codice etico.
Un piccolo risvolto personale. Lo studio di mappe e atlanti è stata una delle mie passioni fin da ragazzo. Ho ancora l'atlante delle scuole medie con tracciate le rotte che avrei voluto fare per raggiungere i luoghi più desiderati: il Mompracem di Salgari, le bische di Macao dei film americani, le Filippine di MacArthur, l'Isola di Bikini, l'isola di Pitcairn rifugio degli ammutinati del Bounty (quello con Marlon Brando) e il percorso fatto dal capitano Bligh per raggiungere l'isola di Timor. Una passione che è continuata con mio figlio che ha di fatto imparato a leggere in bagno su un vecchio atlante … senza strappare le pagine ...
Il libro prende consistenza cognitiva nella seconda parte passando dalla fase descrittiva a quella associativa con le mappe. Qui conoscenza e posizione di orizzonte sono evidenziate dal legame con le mappe, non solo quelle meramente geografiche, ma proprio per quelle mentali. In questa parte la mosca diviene evocatrice, una sorta di Virgilio che guida verso riflessioni più profonde.
E' merito dell'autore portare il lettore verso confini apparentemente labili e poco considerati dalle logiche antropocentriche, per metterlo sulla strada di una visione più aperta e tridimensionale dello spazio planetario in cui si è costruita la nostra mente in una continua fusione di conoscenze ed esplorazioni del passato e del presente. Importanti e godibili sono le note bibliografiche molto ben commentate.
In conclusione un invito al lettore a lasciarsi trascinare con leggerezza nell'universo delle mappe accompagnato da un mosca. Viviamo un'epoca con poche mappe: mancano nella nostra mente, perché non siamo più abituati a pensarle come spazi di personale socialità di libera espressione. Con la pandemia, le strade deserte e le serrande dei negozi abbassate non fanno che inasprire l’individualismo (e la solitudine) di cui siamo imbevuti. L'autore ci dice che basta una mosca per abbattere i muri di una società ristretta uscendo dai soliti tracciati e dalle solite griglie per reinventarsi un futuro in modo erratico, senza meta forzatamente voluta, per lasciare che la nostra mente si espanda per ritrovare noi stessi nel quotidiano (e se non trovate una mosca disponibile basta che ciascuno di noi se ne inventi una!).
Esplorare questo libro, più che leggerlo, permette di immergersi lentamente nell’atmosfera che emana il nostro spazio mentale in un contesto libero vagante e ricco di luci e ombre, in una apparente immaterialità che lascia il lettore più pronto a sognarsi nel reale, nel tempo e nello spazio, perché “ciascuno cresce solo se sognato”(Danilo Dolci).
scritto da Alessandro Bruni