di Francesco Cosentino. Teologo, Università Gregoriana.
Le crisi, nella nostra vita, semplicemente arrivano. La vita ci pone continui interrogativi e ci mette dinanzi a sfide sempre nuove, avventura da affrontare, situazione da vivere, sofferenze e traumi da elaborare e metabolizzare. Senza crisi non c’è vita ma, soprattutto, senza crisi non c’è nessuna crescita, nessuna trasformazione. Ogni crisi è una crepa che si apre dentro la nostra fragile storia, ma è anche vero che una nuova luce può entrare solo quando si apre una piccola fessura, quando il ritmo abituale e forse troppo statico della nostra vita viene in qualche modo scheggiato, provocato, spezzato o addirittura sconvolto. In quel momento abbiamo occasione di fermarci, di ripensare la nostra esistenza, di rileggere questa o quell’altra esperienza, di interpretare in modo nuovo le cose. È proprio quella l’ora della creatività, di una nuova fantasia, di ripartire in un modo nuovo. Con la crisi, la vita cambia. Quando qualcosa si è incrinato o spezzato, proprio allora può farsi spazio una nuova possibilità.
Si tratta di passaggi fisiologici della nostra crescita oppure di esperienze finite male, di progetti falliti, di speranze disattese, di illusioni troppo grandi che abbiamo alimentato in noi e poi sono franate nello scontro con la realtà. A volte si tratta anche di situazioni improvvise che ci vengono incontro: un cambiamento importante di vita o di lavoro, una malattia, la morte di una persona cara. Potremmo continuare a lungo, ma almeno una cosa dobbiamo aggiungerla: noi non viviamo soltanto delle crisi personali. Ci sono crisi che viviamo personalmente ma che in realtà sono crisi della nostra società, dei nostri sistemi, della storia in cui siamo immersi: si prenda come esempio una crisi economica di una Nazione.
In questo ultimo anno la crisi ha avuto un solo nome: pandemia da coronavirus. Nessuno di noi si aspettava di entrare nel 2020 come in un tunnel di cui ancora a fatica riusciamo a vedere l’uscita. Una crisi sanitaria, certo, ma non solo: è crisi economica, crisi psicologica, crisi di uno stile di vita e di un modello di società. Come ha affermato papa Francesco, la crisi ha smesso di essere un luogo comune dei discorsi o un discorso intellettuale, per diventare una realtà di tutti, che coinvolge tutto e tutti. Ma, papa Francesco ha affermato, prima di Natale, un’altra cosa molto importante: “La crisi della pandemia è un’occasione propizia per una breve riflessione sul significato della crisi, che può aiutare ciascuno”.
Questo è il motivo per cui ho scritto un libro sulla crisi e su “come sta” la nostra fede davanti alle crisi della nostra vita. Perché ogni crisi ha un significato che dobbiamo scoprire. Invece che essere semplicemente una sciagura su cui versare le lacrime delle nostre lamentele e rassegnazioni, dovremmo chiederci quale opportunità e quale occasione si nascondono dietro e dentro la crisi, per la trasformazione della nostra vita.
Con il libro “Quando finisce la notte. Credere dopo la crisi”, pubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna, vorrei anzitutto chiedere: Può essere la crisi un tempo provvidenziale? Possiamo trovare una “buona notizia” dentro l’esperienza traumatica della crisi? Può essere la crisi l’inizio di un cambiamento e un’opportunità di trasformazione? E quale lezione possiamo imparare perfino dalla pandemia per la nostra relazione con Dio, il nostro modo e stile di essere Chiesa, la nostra spiritualità?
Ci sono almeno queste tre cose da fare per cambiare e per lasciarsi cambiare da quanto è successo nell’ultimo anno: imparare un nuovo modo per parlare di Dio e rapportarci con Lui; imparare un altro stile di Chiesa con un’agenda pastorale diversa dall’attuale; imparare una spiritualità incarnata nella vita di tutti i giorni.
Sommario
Introduzione. I. Appunti sparsi sulla pandemia: una nuova immaginazione del possibile? II. Preparare tempi migliori. 1. Una Chiesa nel deserto. 2. Tempi migliori. 3. Dio, la Chiesa, la spiritualità: è tempo di cambiare. III. In quale Dio continuare a credere. 1. La questione Dio. 2. La crisi «mette in crisi» Dio. 3. In quale Dio credere oggi, dopo la pandemia? 4. Il Dio dell’amore. IV. Una Chiesa per il domani. 1. La Chiesa, un mistero più grande di ciò che si vede. 2. Quale Chiesa? 3. Senza la messa, cosa succede? 4. Se la celebrazione eucaristica torna a essere «privata». 5. La Chiesa siamo noi: opportunità ecclesiali e pastorali dopo la pandemia. V. Una spiritualità per il futuro. 1. Varchi aperti per una nuova ricerca spirituale. 2. Una spiritualità del quotidiano. 3. Due finestre sulla teologia del quotidiano. 4. Una spiritualità veramente laicale. Conclusione.
scritto da Francesco Cosentino, pubblicato in Alzogliocchiversoilcielo del 7 aprile 2021
segnalato da Alessandro Bruni
Commento di Alessandro Bruni. Francesco Cosentino è un autore assai preparato che leggo spesso in Alzogliocchiversoilcielo, ma a onor del vero, non mi prende mai troppo. La sua prosa sulle cose che riguardano Dio e la Chiesa cattolica mi sembra sempre un po' tradizionalista. Per intenderci in lui c'è sempre troppo (per i miei gusti) l'Osservatore Romano e poco l'Hans Kung del dubbio e ancor meno il proposito ecumenico. Sembra sempre che parli dal pulpito, sull'altare, e si aspetti che noi si ascolti il verbo ammirati. Ovviamente è una mia impressione da laico non istruito nella teologia (ma con qualche istruzione di comunicazione, dato poi che Alzogliocchiversoilcielo non è certo un sito per esperti di teologia). Mi sembra un po' quel modello che ben conosco degli uomini di scienza che parlano (facciamo senza accorgersene) sempre dall'alto delle loro conoscenze e non sono abituati al confronto. Sia chiaro non obietto a Cosentino gli argomenti specifici perché non ne ho la competenza (e lui sicuramente tanta), ma trovo debole nel suo dire l'applicazione quotidiana nella relazione tra le persone. Dicevo che lo leggo spesso in articoli senza riuscire veramente ad interpretarlo, ma il libro che ha appena pubblicato e che qui segnalo, lo comprerò perché mi interessa per tre capitoli che vedo chiaramente titolati nel sommario: Una spiritualità del quotidiano; Due finestre sulla teologia del quotidiano; Una spiritualità veramente laicale. Ho speranza di potermi riconciliare con lui data la sua premessa che condivido: imparare un altro stile di Chiesa con un’agenda pastorale diversa dall’attuale. Pare quasi l'espressione di una consapevolezza, un vorrei ma non posso.