di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Il Ministero dell'Istruzione, vedendo la grande carenza dei docenti di materie scientifiche ha pensato di reclutare in poco tempo (entro luglio) con un concorso specifico (detto STEM, letteralmente Science, Technology, Engineering e Mathematics) docenti a tempo indeterminato per i molti posti vacanti che esistono nelle scuole medie di queste discipline scientifico-tecnologiche.
Siccome ogni governo non sa mai bene come gestire e pianificare un concorso per i docenti scolastici, ha pensato ad una formula veloce in cui il tutto si svolge in un solo mese con due prove, una scritta e una orale. La prova scritta consiste in 50 domande in 100 minuti, senza calcolatrice e pochi fogli con la penna per svolgere i problemi. La prova scritta si è dimostrata decisamente difficile per via del tempo e l'amplissima scelta di argomenti che ha spiazzato tutti i concorrenti.
Dai primi risultati risultano bocciati in media dal 75 al 90% dei candidati. I promossi sono in media 1 su 15 tra cui molti candidati freschi di laurea. Dalle interviste in rete emerge una protesta generalizzata per l’enorme difficoltà di un test che lascia 2 minuti per domanda. E’ del tutto evidente che 2 minuti non sono sufficienti per leggere e risolvere un problema.
Il Ministero dell’Istruzione lamenta da anni una carenza di personale docente in particolare in queste materie. Perché c’è questa carenza? Perché i laureati nelle materie matematico-scientifiche sono pochi e sono contesi dall’industria, dai servizi e ora dalla banche il cui compito non è più come un tempo conoscere le imprese e i clienti a cui dare i prestiti con giudizio ma speculare sui fondi e quindi c’è bisogno di matematici e fisici che si occupino di algoritmi o che comunque abbiano basi matematico-fisico-scientifiche.
E cosa fa il nostro intelligente Ministero? Un bel concorso a quiz (tanto si sa che l’importante non è saper insegnare) senza alcuna considerazione e valutazione degli anni di insegnamento svolti come precari), cioè l’ennesima prova alla “giapponese” di nozionismo, come se i candidati non fossero laureati, non avessero in molti casi fatto anni di precariato con domande su campi astrusi e amplissimi come la fisica nucleare quando, se va bene, alle superiori si fanno equazioni di primo o secondo grado. E quali sono i risultati?
I candidati bocciati allo scritto sono attorno all’85%, il che significa che dopo gli orali si stima che neppure la metà dei posti previsti sarà assegnata. In Emilia-Romagna nella classe matematica alle superiori sono stati tutti bocciati. Caro Stato dopo 2 anni di pandemia non hai capito proprio nulla dei nostri giovani…ma dove vivi su Marte di Elton Musk?
Così avremo come tutti gli anni i soliti docenti precari, la solita girandola dove a farne le spese sono gli studenti. Per i candidati bocciati non cambia molto perché sono pagati 10 mesi anziché 12 ma poi chiedendo l’indennità di disoccupazione (Naspi) per i mesi estivi tutto sommato guadagnano anche di più. Ma il vero bocciato è uno Stato che non ha ancora capito che anziché bocciare il 90% dei propri laureati Stem dovrebbe creare corsie preferenziali per quei pochi che ancora hanno la voglia di laurearsi in queste difficili materie e poi scegliere di fare i docenti nel nostro Paese (e prima che se ne vadano all’estero o nelle imprese dove sono super ricercati) valutando sia gli anni di lavoro, sia introducendo (come all’estero) tirocinio e una sua valutazione che si basa non sul nozionismo ma sulla capacità di saper insegnare. In ogni caso un docente che boccia il 90% degli alunni dovrebbe essere mandato a casa…come il nostro Stato. Poi su riviste e quotidiani ci si lamenta che i nostri migliori laureati in materie scientifiche e matematiche e fisiche vanno all’estero…povera Italia.
scritto da Andrea Gandini
Ndr. Per approfondire sul ruolo dell'insegnante tratto da Paradoxa di aprile/giugno 2021:
- L’istruzione in Italia. Cosa abbiamo imparato durante la pandemia? Di Andrea Gavosto. La pandemia, più che creare difficoltà nuove al sistema scolastico e universitario italiano, ne ha accentuato le carenze pregresse: il livello delle competenze acquisite inferiore alla media OCSE, l’alto tasso di dispersione, la bassa percentuale di laureati, le differenze marcate di tipo territoriale, di genere, di estrazione sociale. In considerazione di questo quadro, l’A. individua alcuni nodi più urgenti su cui intervenire: la revisione dei curricoli, che devono adeguarsi ai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro; la capacità di inserire consapevolmente nelle pratiche didattiche gli strumenti digitali per l’insegnamento; la revisione del sistema di reclutamento e formazione del corpo docente.
- La comunità del dopo. Ripensare la scuola. Di Giovanni Cogliandro, Cristina Costarelli. Gli AA. riflettono sugli elementi nevralgici dell’istituzione scolastica che l’emergenza sanitaria ha messo alla prova e sui quali conviene puntare per progettare il ‘dopo’: la dimensione comunitaria, il dirigente scolastico, il corpo docente. Nell’insistere sull’importanza di una visione alta e complessiva delle finalità costitutive della scuola, gli AA. intrecciano i problemi dell’attualità con alcune riflessioni etiche contemporanee (da Nussbaum a Sen, da Finnis a Levinas) per far emergere come, nonostante distanza e mascherine, l’interlocuzione con il volto altrui, con l’altra persona che si esprime come volto, continui ad essere il momento centrale del rapporto educativo.