di Giada Savini.
Qualche tempo fa abbiamo parlato di come un gran numero di psicologi e educatori sessuali stia usando Instagram per raggiungere i più giovani e parlare in modo aperto e accurato di sessualità (trovate l’articolo qui). Il più delle volte accade che questi professionisti svolgano il proprio ruolo sui social media anziché a scuola, dove l’educazione sessuale risulta ancora non pervenuta. Tuttavia è soprattutto ciò che accade a casa che influisce sui comportamenti dei più giovani. E qui si dovrebbero chiudere in un cassetto le storie di cicogne, api, fiori e cavoli: i bambini e gli adolescenti hanno il diritto di ricevere informazioni imparziali e scientificamente corrette su tutti gli aspetti della sessualità. Questo infatti, secondo le raccomandazioni dell’Oms Europa sugli Standard per l’educazione sessuale per i bambini e gli adolescenti, “li aiuta a sviluppare atteggiamenti rispettosi ed aperti che favoriscono la costruzione di società eque”.
I giovani, sempre considerando le raccomandazioni dell’Oms Europa, “hanno bisogno di amore, spazi propri e sostegno nell’ambiente sociale quotidiano per potersi formare una propria identità sessuale; dall’altra parte hanno anche bisogno di acquisire determinate conoscenze”. Per questo è molto importante che si crei un equilibrio tra l’educazione informale – i genitori – e quella formale – i professionisti di area medica, pedagogica, sociale o psicologica. Ricordando però che la prima, quella fornita dai genitori, è di importanza fondamentale nelle fasi iniziali dello sviluppo.
Costruire le fondamenta
Non è una novità che i bambini siano influenzati nei loro comportamenti e atteggiamenti da quelli dei loro genitori. Per esempio, secondo alcune ricerche riportate da The Conversation, è molto probabile che i figli di genitori fisicamente attivi siano a loro volta attivi, o il contrario; il consumo di alcol e tabacco da parte dei genitori è legato alle stesse abitudini da parte dei figli durante l’adolescenza, perfino l’infedeltà dei genitori incide sulla minore o maggiore possibilità che in futuro i figli siano anch’essi infedeli.
“Io sono questa persona anche grazie ai miei genitori, che sono stati sempre molto tranquilli nel parlarmi di sessualità”, racconta Veronica Cicirelli, psicologa e sessuologa che lavora a stretto contatto con gli adolescenti sia nelle scuole sia sui social media. “Nel momento in cui ho iniziato a fare le prime domande loro hanno iniziato a darmi le risposte, ovviamente con parole e modi giusti, non si può parlare a un bambino di 6 anni come si parla a un ragazzo di 13.
L’importante, però, è essere sinceri con i propri figli”. Se il genitore inizia a provare disagio in automatico anche i figli penseranno che debbano sentirsi a disagio con questi temi, ma non è così.
La psicologa racconta che la maggior parte delle persone che accompagna in un percorso terapeutico “non ha mai ricevuto un’educazione sessuale accurata o, peggio, ne ha ricevuta una molto rigida – quella in cui di sessualità non si parla, come se non esistesse, e chi ne parla è visto male”. I figli tendono ad assorbire le etichette, i pregiudizi negativi che manifestiamo riguardo il tema della sessualità, oltre al disagio che proviamo nel parlarne, spiega la psicologa. “Se il genitore inizia a provare disagio in automatico anche i figli penseranno che debbano sentirsi a disagio con questi temi, ma non è così. Mentre, se il genitore ha lui per primo un atteggiamento positivo nei confronti della sessualità, può fare un ottimo lavoro con i figli”.
“Il discorso”
L’educazione affettiva e sessuale è un percorso continuativo e si basa sul concetto che lo sviluppo della sessualità è un processo che dura tutta la vita, non si tratta di un singolo evento o di una singola conversazione, l’educazione sessuale è basata su un progetto e risponde alle mutevoli situazioni di vita. Per questo si segue il concetto di adeguatezza rispetto all’età, modulando gli argomenti e le informazioni in base allo stadio evolutivo della persona. “Questo approccio può ostacolare la nascita di tabù nel processo educativo”, spiega Roberta Cacioppo, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa a Milano. Soprattutto, “può favorire la creazione di un sano legame tra la sfera sessuale e quella sentimentale: questione che diventerà fondamentale durante l’adolescenza, ma è necessario porre solide basi già durante l’infanzia. Inoltre, mantenere nel tempo un dialogo forte tra adulto e bambino può facilitare quest’ultimo nello sviluppo della propria capacità di ascoltare i segnali provenienti dal corpo, rispettandoli e permettendo quindi la maturazione di una consapevolezza di sé nel rapporto sia con se stesso, sia con le altre persone”.
Quando inizia la curiosità
“L’educazione sessuale può iniziare in qualsiasi momento, anche se è meglio lasciare che sia il bambino a stabilire il ritmo con le sue domande”, suggeriscono i ricercatori della Mayo Clinic. Infatti, man mano che i bambini imparano a camminare e parlare, iniziano anche a voler scoprire il proprio corpo, aggiungono. Il bambino, tra i due e i tre anni, inizia ad avere curiosità e interesse verso l’esplorazione del proprio corpo, scopre che esistono differenze di genere e osserva sé e gli altri. È importante quindi che gli adulti abbiano un atteggiamento naturale quando affrontano l’argomento, accompagnando il bambino nella scoperta di sé, rispondendo alle domande in maniera sincera e adeguata alla loro capacità di comprensione.
“Quando tuo figlio fa domande sul suo corpo (…) prendi le domande alla lettera e offri risposte dirette e appropriate all’età. Se tuo figlio vuole saperne di più, te lo chiederà” affermano dalla Mayo Clinic. E se non si sa cosa rispondere o se i bambini non fanno domande, questo non vuol dire che non si debba affrontare l’argomento. “È molto rischioso”, dicono gli esperti della Fondazione Aspi (Aiuto, Sostegno e Protezione dell’Infanzia). Spesso i bambini fanno domande in modo codificato o non verbale. Inoltre, “tanti bambini hanno capito presto che di certe cose non si può parlare. Per esempio, davanti a una scena a connotazione sessuale in tv, si cambia canale senza motivazione, o quando si cambia argomento o ci si mostra imbarazzati adducendo scuse, si passa ai bambini il messaggio del tabù: non se ne può parlare”. Per quanto riguarda la tv, Emmanuele Jannini, professore di sessuologia medica all’Università di Roma Tor Vergata, raccomanda di “non cambiare subito canale, servirebbe solo a creare un’inutile morbosità nel bambino, e di non divagare inutilmente”, rispondendo in modo semplice alle eventuali domande che verranno. In questi casi, “bisogna applicare una delle regole d’oro della sessuologia: si risponde esattamente a quello che il bambino chiede, nulla di più. Non bisogna anticipare altri interrogativi. Altrimenti si corre il rischio di innescare stimoli che non sono in sintonia con lo sviluppo fisico e mentale del piccolo”.
L’importante è non lasciare da solo il bambino davanti a un tema così fondamentale.
Può accadere altresì che il genitore non sappia rispondere sul momento, ma basterà dire “non lo so, mi informo e torno da te per parlarne”. “L’importante è non lasciare da solo il bambino davanti a un tema così fondamentale”, poiché “rifiutare di affrontare questo tema significa abbandonare i bambini a loro stessi per quel che riguarda la sfera della sessualità”, rispondono gli esperti di Fondazione ASPI. La conseguenza sarà che cercheranno altrove le risposte alla loro curiosità, con l’alto rischio che siano sbagliate.
“È importante comprendere che l’imbarazzo è quello di noi adulti – spiega Cicirelli –, i bambini e i giovani hanno disagio solo nel momento in cui lo vedono nelle nostre espressioni, nel nostro comportamento non verbale, quando sentono frasi come ‘sei ancora piccolo per avere queste risposte’. Frasi come queste generano soltanto maggiore curiosità nel bambino, sarebbe meglio rispondere subito per evitare di generare fantasie distorte di quello che invece è la realtà, inoltre creano limiti e divieti che, a lungo termine, possono generare problemi a livello sessuale”.
Non solo educazione sessuale
Negli ultimi decenni “numerosi Stati membri del Consiglio d’Europa hanno compiuto notevoli progressi sia nell’impartire l’educazione sessuale che nel migliorarne i contenuti”, scrive Dunja Mijatović, dello staff del Consiglio d’Europa. L’obiettivo di tali aggiornamenti è “accertarsi che [l’educazione sessuale] non si limiti agli aspetti della biologia e della riproduzione, ma consenta realmente ai bambini di conoscere il loro corpo e i loro diritti e di ricevere adeguate informazioni sulla parità di genere, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e su come costruire relazioni sane”. Ma in tutta Europa si stanno diffondendo – “con l’intento deliberato di spaventare i genitori”, scrive Mijatović – false notizie sul contenuto dei programmi di educazione sessuale, i quali vengono accusati di favorire la sessualizzazione precoce dei bambini, di “fare propaganda a favore dell’omosessualità”, di diffondere “l’ideologia di genere” e di privare i genitori del diritto di educare i figli secondo i loro valori e le loro convinzioni.
Prima di concludere, è bene fare chiarezza e ribadire le finalità dell’educazione sessuale, definite dall’Unesco come: “l’insegnamento e l’apprendimento degli aspetti cognitivi, affettivi, fisici e sociali della sessualità”, tali da fornire ai bambini “conoscenze, competenze, atteggiamenti e valori che li metteranno in grado di realizzarsi, nel rispetto della loro salute, del loro benessere e della loro dignità, di sviluppare relazioni sociali e sessuali basate sul rispetto, di capire come le loro scelte influenzano il loro benessere e quello altrui, e di comprendere i loro diritti e tutelarli per tutta la vita”.
Ogni bambino ha il diritto e il bisogno di ricevere un’educazione sessuale, indipendentemente dalle sue origini, dalla sua cultura, dalla confessione religiosa della sua famiglia. Per questo è fondamentale che non siano soltanto i genitori a ricoprire il ruolo di educatori sessuali, bensì che la scuola faccia la sua parte, avvalendosi di professionisti specializzati. Ma i genitori possono comunque accompagnare i bambini in questo percorso di esplorazione e, come suggeriscono i ricercatori della Mayo Clinic, “anche se vi sentite a disagio, andate avanti. Ricordate che state preparando il terreno per un dialogo aperto e sincero negli anni a venire”.
scritto da Giada Savini, pubblicato in Senti chi parla del 30 giugno 2021
segnalato da Alessandro Bruni
A chi volesse approfondire l’argomento consigliamo queste letture:
Pellai A. Tutto troppo presto. Novara: De Agostini Editore, 2015
Giommi R. La stanza degli affetti. L’educazione affettiva, emotiva e sessuale dei bambini e degli adolescenti. Firenze: Giunti Scuola, 2018
Pellai A, Calaba B. Col cavolo la cicogna! Raccontare ai bambini tutta la verità su amore e sessualità. Trento: Erickson, 2019