di Enzo Bianchi. Monaco e saggista fondatore della Comunità di Bose.
Edgar Morin l’8 luglio raggiunge i cento anni e siamo in molti a sentire e manifestare la nostra gratitudine verso un maestro, un visionario, un in-segnante. Grazie a lui, molte realtà che potrebbero sembrare inattuali o reazionarie rispetto alle idee dominanti oggi, parole come insegnamento, educazione, trasmissione e tradizione acquistano il loro peso e diventano eloquenti, urgenti per la nostra convivenza.
Scrive Lyotard ne ‘La condizione postmoderna’ che: “L’altro principio secondo il quale l’acquisizione del sapere è inscindibile dalla formazione dello spirito e anche dalla personalità cade e cadrà sempre più in disuso. Il sapere viene prodotto per essere venduto e consumato, valorizzato in un nuovo tipo di produzione… si arriverà alla mercificazione del sapere”. Ma la presenza di maestri come Edgar Morin rappresenta una resistenza a questo andamento e sempre risulta capace di creare kairoi, occasioni per far presente le necessità e i bisogni dello spirito umano che non possono essere dimenticati.
Ecco allora la altissima dignità dell’insegnare: occorrono uomini e donne che sappiano fare segno, che si facciano portatori e trasmettitori di segni. L’insegnante è colui che consegna segni, simboli, chiavi ermeneutiche per interpretare la realtà e la vita. È colui che indica l’orizzonte, che “orienta”, che aiuta a discernere il luogo in cui sorge la luce.
Nella tradizione sapienziale ebraica la sapienza è l’arte di saper dirigere la vita e il sapiente è colui che insegna a tener saldo il timone della nave della vita. Il sapiente è un esperto della vita e le sue parole potranno essere come dice Qoelet pungoli, stimoli alla ricerca, e pietre miliari, indicatrici di cammini: suggeriscono ma non impongono, non tacciono ma neppure urlano.
Come “l’oracolo che è in Delfi non dice, non nasconde, fa segno”.
Insegnare significa porre gesti espressivi che siano portatori di senso. E non dimentichiamo che il senso va colto nella sua triplice accezione di significato, orientamento, gusto. Il significato ci porta a comprendere la realtà, il mondo, l’orientamento ci fornisce la direzione da prendere nella vita, e ci indica il fine dell’esistenza e il gusto-sapere ci rimanda all’estetica vitale per l’umanizzazione.
Insegnare ha a che fare con la vita, è un lavoro di generazione che cerca di educare, di condurre fuori da… verso. Sì, verso la libertà creativa.
Non è facile il rapporto educazione-insegnamento perché non si può educare senza insegnare e l’educazione senza insegnamento è vuota e degenera in retorica morale: purtroppo si può insegnare senza educare.
Scriveva Hannah Arendt: “L’educazione è il punto in cui si decide se amiamo abbastanza il mondo per assumere le responsabilità, anzi per salvarlo dalla rovina”. Edgar Morin con i suoi scritti sull’educazione e sull’insegnamento ci ha indicato questa urgenza: cercare, scavare a fondo, non temere la complessità e la diversità e diventati esperti trasmettere la sapienza, la conoscenza insegnando sempre a porre domande.
scritto da Enzo Bianchi, pubblicato in Alzogliocchiversoilcielo del 5 luglio 2021
segnalato da Alessandro Bruni
Ndr. Per approfondire sul ruolo dell'insegnante tratto da Paradoxa di aprile/giugno 2021:
- L’istruzione in Italia. Cosa abbiamo imparato durante la pandemia? Di Andrea Gavosto. La pandemia, più che creare difficoltà nuove al sistema scolastico e universitario italiano, ne ha accentuato le carenze pregresse: il livello delle competenze acquisite inferiore alla media OCSE, l’alto tasso di dispersione, la bassa percentuale di laureati, le differenze marcate di tipo territoriale, di genere, di estrazione sociale. In considerazione di questo quadro, l’A. individua alcuni nodi più urgenti su cui intervenire: la revisione dei curricoli, che devono adeguarsi ai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro; la capacità di inserire consapevolmente nelle pratiche didattiche gli strumenti digitali per l’insegnamento; la revisione del sistema di reclutamento e formazione del corpo docente.
- La comunità del dopo. Ripensare la scuola. Di Giovanni Cogliandro, Cristina Costarelli. Gli AA. riflettono sugli elementi nevralgici dell’istituzione scolastica che l’emergenza sanitaria ha messo alla prova e sui quali conviene puntare per progettare il ‘dopo’: la dimensione comunitaria, il dirigente scolastico, il corpo docente. Nell’insistere sull’importanza di una visione alta e complessiva delle finalità costitutive della scuola, gli AA. intrecciano i problemi dell’attualità con alcune riflessioni etiche contemporanee (da Nussbaum a Sen, da Finnis a Levinas) per far emergere come, nonostante distanza e mascherine, l’interlocuzione con il volto altrui, con l’altra persona che si esprime come volto, continui ad essere il momento centrale del rapporto educativo.