di Paolo Bartolini. Filosofo, tra psicologie del profondo e spiritualità laica.
Non vi è dubbio che sia molto difficile capirsi, di questi tempi. I fronti contrapposti sventolano entrambi la bandiera della responsabilità e della vera libertà. La gestione traballante, controversa e spesso sbagliata della pandemia/sindemia da parte del governo italiano, viene puntualmente trascurata per lasciare che le persone si scannino tra di loro. Ad oggi abbiamo poche certezze, che ritengo un punto di partenza per non prendere cantonate. Il SARS-Cov-2 è un virus mediamente pericoloso, estremamente rapido nella sua diffusione, spesso letale per i soggetti fragili e per quelli con patologie pregresse. Nei reparti di ospedale e nelle terapie intensive ci finiscono soprattutto soggetti al di sopra dei 40/50 anni. Il grosso è tra 60 e 80+. L'incidenza del Covid-19 sulla fascia 0-39 è bassissima. Da alcuni mesi abbiamo (per fortuna) a disposizione dei vaccini, prodotti da privati con l'aiuto di sovvenzioni statali. Sono efficaci senza dubbio, soprattutto per chi rischierebbe molto di più a prendersi il virus. Riducono il numero delle persone in terapia intensiva e delle morti. Negarlo vuol dire negare l'evidenza.
Altrettanto assurdo sarebbe negare questi tre punti che trovo fondamentali per capire l'arbitrarietà di un dispositivo come il Green Pass: 1) i vaccinati, più o meno (la letteratura scientifica è in continuo aggiornamento), contagiano anch'essi; 2) le case farmaceutiche hanno fatto mettere nero su bianco che non si prendono alcuna responsabilità per gli effetti di breve-medio-lungo periodo dei sieri inoculati (perché sono stati prodotti velocemente per rispondere all'emergenza); 3) non ci sono segnali che dicano che il governo ha intenzione di agire in modo forte su sanità pubblica, medicina territoriale, scuole, trasporti, tutela dei lavoratori. Non dimentichiamo, poi, lo scandalo dei vaccini che non arrivano nei paesi poveri, condannando loro alla morte e noi a nuove varianti che potrebbero "bucare" i nostri sistemi di protezione, richiedendo la continua creazione di nuovi vaccini da somministrare nei secoli dei secoli.
Se aggiungiamo a queste considerazioni, che come si vede non c'entrano nulla con un pregiudizio no-vax, il disinteresse per le cure domiciliari (credo che tachipirina e vigile attesa abbiano mandato in ospedale parecchie persone che potevano essere aiutate prima e meglio) e la confusione comunicativa che la classe politica e i mass media hanno scatenato a partire dal febbraio/marzo 2020 (quando si attendevano due settimane prima di chiudere zone ad alto tasso di contagiati per ubbidire ai diktat di Confindustria), si intuisce bene che l'imposizione del Green Pass - esteso persino al lavoro e allo studio - non possa presentarsi come norma sanitaria, oggettivamente necessaria, semplicemente perché è una decisione politica che a monte ha troppi silenzi sui punti che ho ricordato. L'effetto di queste iniziative è stato esacerbare posizioni talora campate per aria, e altre volte discutibili ma legittime. Non parliamo delle domande e delle paure della gente: rubricate a pura idiozia e incapacità di "fidarsi", di "credere" nella Scienza. Come se la scienza non ottenesse i suoi straordinari risultati nell'intreccio di pratiche che implicano interessi economici, priorità politiche, visioni del mondo ecc.
In questi mesi, nei quali non ho nascosto né il mio essere vaccinato, né la contrarietà allo strumento del lasciapassare verde, ho potuto constatare quanta difficoltà vi sia a sospendere per un attimo il giudizio sui fenomeni della storia. Attenzione: non esimersi dal giudicare, ma darsi il tempo di capire, di ascoltare, di considerare le tante variabili in gioco. Siamo dentro una crisi di paradigma, non dentro una semplice emergenza sanitaria. Chi non lo vede, secondo me, sta perdendo una grande occasione di conoscenza e di emancipazione. Ovviamente la cecità nel pieno del caos non è un buon viatico per transitare armoniosamente verso una società della cura, la stessa per la quale da sempre mi batto, la stessa che non mi ha mai fatto sottovalutare la gravità del Covid e dei suoi effetti a livello mondiale e nazionale. La stessa che mi invita a non dividere banalmente gli umani tra buoni e cattivi, responsabili e fascisti-individualisti a priori. Una società della cura che, per il nome che porta, non può non "avere a cuore" la democrazia. Se avessimo amorevole attenzione per tutti questi aspetti, forse, capiremmo che il potere si nutre di divisione e di diversivi. Ma anche di rabbia mal diretta. Allora credo che il nostro compito di animali culturali e ragionanti sia quello di operare affinché le lotte trasversali oggi in campo trovino una loro convergenza in vista di un nuovo rapporto con la complessità, sviluppato in nome della giustizia sociale e climatica, contro le semplificazioni brutali del biopotere e, contemporaneamente, contro gli egoismi insiti nel capitalismo neoliberale. Dobbiamo, quindi, frenare il riduzionismo e le reazioni automatiche che imputano alle persone ogni male in questa fase difficile della storia, non andando in direzione di derive autoassolutorie, bensì ricordando che gli effetti peggiori della pandemia/sindemia non si possono scaricare verso il basso, là dove si soffre non solo di Covid-19 ma anche della concomitante e scadente gestione del fenomeno.
Pensiamoci, facciamo epochè quanto basta per mettere a fuoco l'obiettivo della nostra indispensabile critica.
scritto da Paolo Bartolini, pubblicato in Sinistrainrete del 28 ottobre 2021