di Novella Benedetti.
È di pochi giorni fa la decisione di San Marino di depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza. Entro sei mesi dal 27 settembre, il governo dovrà approvare una legge che vada verso l’opinione espressa dal 77 % della popolazione al referendum. La normativa vigente ad oggi prevedeva una reclusione fino a 6 anni; con la nuova legge invece, sarà possibile interrompere la gravidanza entro la dodicesima settimana, ed anche successivamente qualora la vita della donna sia in pericolo o vi siano malformazioni nel feto.
Cosa c’è dietro l’interruzione di gravidanza che continua a far discutere?
Già il fatto che utilizziamo questa espressione asettica mostra chiaramente il bisogno di prendere le distanze da un tema che presenta dei risvolti emotivi di rilievo. Lo sanno bene i gruppi pro-vita, che parlano sempre di bambini e mai di feti o embrioni; a cui vorrebbero opporre, dialetticamente, i pro-morte. Il che suona quanto meno grottesco: per fortuna il linguaggio è creativo, ed in realtà si tratta di essere favorevoli alla scelta, non alla morte - pro-choice, per l’appunto.
Una digressione linguistica che ci porta al nocciolo della questione: a chi spetta la possibilità di scegliere se una donna deve diventare madre o meno? O, se cambiamo il soggetto: a chi spetta la possibilità di scegliere se una persona può nascere o meno?
Può uno Stato obbligare una donna a partorire, se lei non lo vuole? Perché come società siamo così ossessionati da questo tema, tanto da tirarlo fuori ciclicamente riportando come ogni singolo Paese si stia muovendo in proposito? In Italia la legge c’è da 43 anni: a chi giova continuare a metterla in discussione, e perché farlo?
scritto da Novella Benedetti, pubblicato in Unimondo del 6 ottobre 2021.
segnalato da Alessandro Bruni
Commento di Alessandro Bruni. Il tema dell'aborto rimane sempre divisivo tra biologia ed etica sulla definizione di quando un feto è essere umano e di quando e se una donna è nella condizione psicosociale di divenire madre (è più doloroso abortire o dare in adozione il proprio figlio? Quale senso di colpa scegliere? Una decisione che non può che essere fortemente personale). Una discussione, questa, certo non risolvibile in poche parole o in affermazioni apodittiche dei propri pregiudizi o convinzioni e che come tali non entrano nel tema sociale, ma dell'etica personale. Ciò che in effetti mi disturba, non sono tanto le posizioni di chi è favorevole o contrario, quanto la non applicazione delle leggi dello Stato con pretese etiche di libertà di coscienza che molto spesso nascondono motivazioni opportunistiche da parte dell'apparato sanitario, specie pubblico, già condannato dalla Commissione d'Europa. Una ipocrisia che mi pare che Novella Benedetti bene sottolinei con una prosa sferzante, non neutrale, che però ci mette di fronte ad una realtà personale e sociale che non può essere sempre nascosta sotto al tappeto.