di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha presentato un ampio studio sull’uso in Italia dei farmaci da parte degli anziani (over 65anni); si veda https://www.aifa.gov.it/-/presentato-rapporto-uso-farmaci-popolazione-anziana
Esiste anche un precedente report Aifa (Osmed) molto dettagliato (700 pagine). Lo studio evidenzia il noto aumento degli over 65 (oltre 14 milioni, di cui 774mila over 90, 175mila over 95 e 14.456 over 100) per cui, dopo il Giappone, siamo la popolazione più anziana con una attesa di vita di 85 anni per le donne e 81 per gli uomini, anche se gli anni senza gravi patologie si fermano a 75 per gli uomini e 77 per le donne, facendo scendere così l’Italia dal 2° al 15° posto per “longevità buona”.
Lo studio segnala il forte aumento della spesa farmaceutica pro capite sia pubblica che privata, che cresce in proporzione all’età fino a 90 anni, per poi decrescere. In media gli anziani assumono 5,6 farmaci (principi attivi) al giorno e quando escono dagli ospedali in genere assumono (nei 3 mesi successivi) un ulteriore farmaco, per cui si sale a 6,5/6,8 principi attivi. Trattandosi di una media c’é anche un quinto di anziani con ben 10 principi attivi (e oltre). Spesso sono i singoli “specialisti d’organo” che ordinano questi farmaci non rendendosi conto che, avendo il malato varie patologie pregresse, si sommano diventando i farmaci stessi pericolosi in quanto non si conoscono le interazioni tra 3 o più farmaci (gli studi si limitano infatti agli effetti dell’interazione di 2 farmaci).
Il primo farmaco è la vitamina D (74% degli anziani la usa), seguito da antibiotici (50%), antipertensivi, per ulcera peptica e MRGE, antiaggreganti, anticoagulanti, antidepressivi (19%), antipsicotici, antidiabetici (15,6%), fans 35%,…
Lo studio ha analizzato un quinto di malati nelle RSA (per la prima volta), ospedalizzati in un centinaio di reparti e nelle cure erogate da 800 medici di base a 1,6 milioni di pazienti.
In generale emerge ovunque un eccesso nell’uso e la mancanza di appropriatezza per cui le indicazioni sono quelle di procedere ad una riduzione nelle prescrizioni (prescrivere meno, prescrivere meglio) specie tra i grandi anziani. Bisogna imparare anche a sospenderli in quanto si stimano in oltre 2 milioni i malati a rischio altissimo di effetti collaterali. E’ anche significativo che nel campione analizzato ci sia stata una riduzione delle prescrizioni da parte delle strutture e dei medici per il semplice fatto che fosse in corso una analisi e valutazione di Aifa/Regione.
Le indicazioni sono quelle di formare équipe di medici specialisti (in presenza di polipatologie) onde evitare l’effetto di sommatoria delle prescrizioni dei singoli specialisti d’organo, coordinati da una geriatra o medico di medicina generale o internista che ha in genere una visione organica del malato. Ciò dovrebbe portare ad una riduzione dei farmaci anche se non è facile perché le case farmaceutiche non finanziano studi sulle interazioni dei farmaci e hanno interesse a “spingere” e far crescere il proprio farmaco.
Nel 2020, anche per il calo del 30% delle visite specialistiche (-52 milioni negli ultimi 9 mesi del 2020), c’è stato un calo di tutti i farmaci, compresi quelli respiratori favoriti anche dal minore inquinamento nelle città. In Italia ci sono 12.200 Rsa per 425mila posti letto con differenze enormi tra regioni in quanto la spesa grava interamente sulle singole regioni. Il costo medio per posto letto è di 436 euro con un carico prescrittivo di farmaci elevatissimo (8/9 dosi al giorno) specie cardiovascolari e neurologici, in pazienti fermi con rischio di piaghe da decubito ed enorme uso di lassativi.
Il campione ospedaliero era formato di 80enni con 6 patologie di media, di cui un quarto con una dipendenza completa o grave nella vita quotidiana. Come abbiamo detto essi assumono in media 5,6 farmaci al giorno che crescono durante l’ospedalizzazione a 6,5 (spesso un gastroprotettore) e con l’età; a 3 mesi dalla dimissione i farmaci salgono ancora (6,8) spesso antibiotici, anticoagulanti, psicofarmaci e gastroprotettori proprio per il carico da farmaci. In mancanza di riduzione e appropriatezza il rischio è un aumento di effetti collaterali anche gravi come emorragie, deficit cognitivi a causa degli effetti indesiderati dovuti all’associazione dei farmaci.
Ci sono casi anche di carenza di farmaci, per esempio un terzo di malati con ictus grave risulta privo di copertura di coagulanti orali e il 6% con infarto non risulta trattato. Il rischio maggiore rimane comunque per l’eccesso di farmaci specie per coloro che hanno 5-6-7 polipatologie che portano ad avere un eccesso di farmaci con sicure e gravi avversità collaterali. E ciò avviene in particolare al Nord dove c’è più reddito pro-capite e disponibilità all’acquisto.
Le conclusioni di Aifa e degli esperti chiamati sono abbastanza chiare: Occorre innanzitutto avviare una formazione presso i medici specialisti evitando che in presenza di più patologie si arrivi ad un carico eccessivo di singoli farmaci. L’ideale sarebbe un lavoro d’équipe coordinato dal geriatra o da un internista, occorre evitare anche di ricorrere sempre a nuovi farmaci o ai più costosi, coinvolgere il paziente (spesso non coinvolto), acquisire la sua fiducia e il desiderio di sentirsi coinvolto, includere il care giver dell’anziano (non solo il paziente).
Silvio Garattini ha sottolineato l’importanza di includere gli anziani nella sperimentazione sui farmaci (dai quali sono spesso esclusi, nonostante siano poi loro ad utilizzarli in maggioranza), che ci sono troppi farmaci in circolazione senza che ci siano studi comparativi che le industrie preferiscono non fare al fine di promuovere il proprio farmaco, che la sanità pubblica deve sapere che esiste un “mercato che preme” al di là dai bisogni reali, che gli ordini dei medici dovrebbero pretendere più studi indipendenti e non fidarsi solo di quello che dicono le case farmaceutiche e che in tal senso ci sia una revisione del prontuario terapeutico nazionale. Il problema è anche che mancano gli studi sulle interazioni di tre o più farmaci e quindi è evidente il rischio rilevante che si va diffondendo se la media over 65 assume 5-6 farmaci al giorno.
Ci sono poi casi diffusi in cui si danno farmaci preventivi (come nel caso dell’osteoporosi) in cui per evitare un caso di rottura dell’anca si danno farmaci a 2mila persone con effetti che saranno collaterali per 1999 e di vantaggio per una sola persona: ciò è ovviamente sbagliato. Occorre, pertanto, introdurre nella cultura dei medici l’indice di qualità di vita degli anziani e far conoscere al malato le conseguenze di quando prende 10-15 farmaci. Enorme è, pertanto, l’importanza della prevenzione perché essa è in grado da sola di evitare il 50% delle malattie croniche e il 70% dei tumori. La malattia è un fallimento della medicina e sappiamo quanto siano oggi rilevanti i conflitti di interessi tra un “mercato” che vuole sempre crescere e una vera cura che ha alla base la prevenzione. Una sfida oggi resa maggiore dall’importanza di curare anche le malattie rare, su cui c’è un grande investimento delle case farmaceutiche tramite le terapie geniche che sono però anche molto costose e su cui sappiamo ancora troppo poco sugli effetti a distanza.
scritto da Andrea Gandini