di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Un articolo di Sergio Cofferati e Gaetano Sateriale sull’Huffington post (vedi qui l’articolo completo) ripropone quanto abbiamo già scritto in Madrugada.blogs a proposito dell’importanza di introdurre negli ultimi anni di lavoro il part-time (pagato pieno). Molti studi avevano già dimostrato l’interesse degli anziani a questa proposta che consentirebbe di coniugare il lavoro (dimezzato) con altre attività (volontariato, hobby, nonno, etc.) in quanto il lavoro (almeno fino a 70 anni) è anche una forma apprezzata di identità e relazione, se si escludono i lavori usuranti.
Gli italiani sono la popolazione al mondo che vive di più in prossimità dei figli (60% a meno di un km) e ciò favorisce anche il reciproco aiuto. Coloro che vivono nelle città e vanno in pensione a poco più di 60 anni difficilmente trovano un ambiente inclusivo nella propria comunità per cui apprezzerebbero continuare qualche anno a part-time. Ma al di là dell’interesse degli anziani, questa modalità è strategica perché favorisce l’assunzione di giovani nelle imprese in quanto con un costo dimezzato di un senior l’impresa può permettersi di assumere un giovane a tempo pieno, cambiando così il mix professionale senza perdere l’expertise dell’anziano. E’ questo ciò di cui necessitano le imprese oggi e chi ha fatto così in passato ha trovato la chiave di volta per rilanciarsi come impresa.
Si pensa sempre alle riforme come un modo di favorire una categoria a spese di altri o del debito pubblico in una logica ripartitoria (più a te, meno a me), invece in questo caso i vantaggi andrebbero a tutti (sarebbe una soluzione win-win): ai pensionati, ai giovani, allo Stato (che spenderebbe meno), ma soprattutto ci sarebbe un rilancio dell’occupazione che è l’elemento fondamentale (e non il Pil) per rilanciare questo Paese allo sfacelo.
scritto da Andrea Gandini