di Lorenzo Prezzi.
Il 9 gennaio un sito di informazione dell’area Torinese, Lo Spiffero, dava notizia del trasferimento di fr. Enzo Bianchi ad Albiano, in provincia di Torino. La notizia dell’acquisto di un cascinale e di un ampio terreno circostante rende credibile una stabilizzazione dell’ex priore e fondatore della comunità di Bose a una quindicina di chilometri dalla sua fondazione. Riprendo in forma di domanda e risposta le osservazioni e i quesiti che sono stati scritti nei media più interessati alla vicenda.
La pacificazione è lontana?
Gianni Bacci, uno dei primi ospiti di Bose, in un’accorata lettera del 17 gennaio 2022, ricordando la rotazione degli incarichi nella vita consacrata e monastica, si stupisce del mancato ritorno di Bianchi «ad essere un semplice fratello». «Fr. Enzo, che cosa è accaduto per cambiare così? Non vorrei che fosse il frutto di trent’anni si sovraesposizione mediatica…
scritto da Lorenzo Prezzi, pubblicato in SettimanaNews del 23 gennaio 2022
segnalato da Alessandro Bruni
Commento di Alessandro Bruni. La lettura di questo post ed il precedente di Riccardo Larini mi pongono in dubbioso imbarazzo. Certo non sono un conoscitore delle vicende di Bose, ma solo un blogger sensibile alle relazioni tra società e cristianità. Certo è che queste diatribe, questo discorrere su questioni personali e osservanze vaticane tra impegno sociale e regole di ortodossia mi ricordano molto lo scontro tra papisti avignonesi e francescani a rischio di eresia descritti mirabilmente da Umberto Eco in Il nome della rosa. Mi trovo nella condizione di Adso e nella sua (e mia) incomprensione dei concetti di verità, di povertà e di uso dei beni. Il nostro blog, essendo strumento di pensieri prescinde dalle letture personali di schieramento politico, religioso o di parte. Ne è prova l'insistere sui temi sociali e non sui temi personali o politici (invero minimalia nel blog). Sul piano personale potrei dire che mi pongono in odio i comportamenti di Roman Polanski e di Woody Allen verso minori e donne fragili, ma non posso dubitare delle loro qualità artistiche in cinematografia, per cui sebbene con una punta di amarezza, continuo a vedere i loro film. Oppure, in altro campo, pur non concordando con le posizioni politiche di Marcello Veneziani, pubblico nel blog suoi post perché sono intrisi di un profondo senso verso i sentimenti umani più radicati. Per la stessa ragione, mai sono entrato nel comportamento di Enzo Bianchi o di Luciano Mainardi sulla vicenda Bose, dando loro accoglienza su questo blog sulla base degli argomenti che trattano. Questo post ed il precedente di Larini (però di indirizzo evangelico), invece, sono stati pubblicati non per determinare un giudizio sull'operato di Enzo Bianchi, ma per rendere chiaro ai lettori il trascinarsi di considerazioni stucchevoli sui media che non sono forieri di alcunché di buono. E si badi bene, non perché la radice sia impropria, ma semplicemente perché in nostro blog non vuole essere giudicante dei peccati personali degli attori della vicenda di Bose (compresi quelli della commissione vaticana di giudizio). A ciascuno il suo. Mi sovviene a conclusione quanto dice Guglielmo da Baskerville al suo novizio Adso che gli chiede cos'è la verità: Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, fare ridere la verità, perché l'unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana della verità. (pag. 565-6 de Il nome della rosa, ed. 2014). Trovo che questo articolo di Lorenzo Prezzi (assieme a quelli da lui stesso citati di Episcopo, Grieco, Bacci, Faggioli) siano troppo insistenti sulla ricerca della verità (!?), come era d'uso all'inquisitore medievale, e finiscano con farci dubitare non solo delle persone, ma delle verità parziali di cui sono latori nel loro impegno sociale e civile. Articoli quindi ad personam che ricordano il modus operandi di Bernardo Gui e che hanno i caratteri della passione insana della verità del giornalismo politico attuale, più che quelle delle biografie culturali (per me più interessanti) degli attori della vicenda Bose.