Redazione Unimondo. Intervista a Nicoletta Dentico.
Cos’hanno in comune questo Natale 2021 appena trascorso e un neologismo come filantrocapitalismo?
Che in entrambi i casi ci troviamo di fronte a un dualismo che risulta un ossimoro, a ben guardarlo. La ricetta natalizia di quest’anno unisce, infatti, festeggiamenti, altruismo e sconfinata bontà; ma anche limitazioni relazionali, richiami alla prudenza e sospetti di verità nascoste. Al pari, il filantrocapitalismo mette insieme filantropia e capitalismo, la donazione benefica e la ricerca di profitto. Ha senso? Sì, nella misura in cui porta un profitto, non solo economico. È reale? Senz’altro.
Ne parliamo con Nicoletta Dentico, giornalista, attivista ed esperta di salute globale. Intervistata per Unimondo sulle condizioni sanitarie di un mondo ancora sotto il giogo della pandemia di Covid-19, l’ex direttrice di Medici Senza Frontiere Italia e attualmente, tra i diversi incarichi, coordinatrice della coalizione Democratising Global Health (DGH), non ha peli sulla lingua nel descrivere il nostro tempo come un’epoca “post feudale”, in cui ci sono alcuni re ma ben pochi vassalli e tutto il resto è un popolo indistinto. O meglio, al di fuori di metafore, un mondo pilotato da poche persone che hanno in mano il potere reale. Quel famoso 1% di Paperoni ben descritto dal Rapporto Oxfam del gennaio dello scorso anno e che continua ad alimentare il distacco economico e di potere rispetto al 99% della popolazione mondiale. Molti di questi Super-ricchi sono imprenditori (capitalisti) e benefattori (filantropi), ossia sono i famosi filantrocapitalisti a cui la Dentico ha dedicato il suo recente volume “Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo” (EMI 2020). Non che ci sia del “marcio” nel realizzare iniziative di valore per la salute pubblica mondiale, quale ad esempio lo stimolo alla ricerca sulla malaria o la vaccinazione dei bambini sotto i 5 anni anche nei Paesi più poveri del globo. Il problema emerge nel momento in cui gli investimenti messi in campo vanno essi stessi ad alimentare il “virus” della disuguaglianza, allorché si punta su interventi sanitari ad hoc gestiti direttamente dal filantropo e non a un adattamento del sistema pubblico universalistico, inteso come un processo di medio/lungo periodo e dunque di scarso interesse per il ritorno immediato della Fondazione di un’azienda.
Qui sta il punto: con questi interventi di beneficienza le Fondazioni filantropiche stanno ottenendo più di quanto erogano, sotto forma di sgravi fiscali, brevetti e controllo assoluto di nuovi mercati o di organizzazioni multilaterali dal sicuro impatto sulle relazioni globali. Non tutte le Fondazioni lavorano in questo modo, è ovvio, ma il trend di filantropia strategica-egemonica è senz’altro in crescita. Dati alla mano, l’esempio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità può essere esemplificativo: l’OMS soffre dagli anni ’80 di una penuria finanziaria che mina le priorità programmatiche individuate dagli Stati membri. Nel 2017 si è calcolato che l’80% dei fondi ricevuti era destinato a coprire specifici progetti selezionati dai donatori, che non sempre collimano con la pianificazione e con le esigenze individuate dall’Organizzazione; ciò peraltro chiaramente contribuisce a delegittimare l’OMS, ritenuta inadeguata rispetto alla capacità di intervento tempestivo e “di successo” dei programmi attivati da Fondazioni private, in primis la Bill & Melinda Gates Foundation (BMGF). Nel 2013 la Fondazione del creatore di Microsoft ha erogato il 13,5% dei contributi volontari dell’OMS, seconda solo al contributo del governo degli Stati Uniti (18%). Non c’è da stupirsi quindi che le priorità dei Gates siano diventate a mano a mano le priorità dell’OMS, le quali non necessariamente coincidono con gli interventi davvero indispensabili. Nel 1999 viene inoltre fondata la Global Alliance for Vaccine Immunisation (GAVI), una start-up sanitaria che si propone un incremento dei programmi di copertura vaccinale nei Paesi poveri e sta raccogliendo generosi fondi, ponendosi di fatto in concorrenza (se non in posizione privilegiata) rispetto all’OMS. L’apertura di nuovi mercati sanitari, il finanziamento di case farmaceutiche legate alle stesse Fondazioni finanziatrici e, non da ultimo, l’aumento dei costi dei vaccini negli ultimi decenni, spingono ancora una volta a porsi domande sulla necessità di una GAVI, così come di analoghe iniezioni di denaro del privato trasformate in interventi di politica globale.
D’altra parte l’imprenditore di una multinazionale resta imprenditore, seppur filantropo. La responsabilità dell’ulteriore polarizzazione di ricchezze e potere non può che essere imputata anche agli Stati e di conseguenza ai cittadini, ben felici di ridurre finanziamenti a un sistema multilaterale verso cui si esprime una fiducia limitata, ma anche ad aiuti pubblici allo sviluppo, per indirizzarli invece verso esigenze “nazionali”. Un abominio razionale dinanzi al dilagare della globalizzazione su tutti i piani: occupazionale, produttivo e anche sanitario in primis, come la pandemia di Covid-19 da due anni a questa parte ha egregiamente dimostrato. Eppure il potere della comunicazione messo in campo da queste Fondazioni, unito chiaramente alle generosissime donazioni volontarie, sta generando una frantumazione dell’operatività globale immaginata dal secondo dopoguerra con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per garantire pace e benessere a tutti gli esseri umani. Una tendenza che appare supportata però da un forte appoggio popolare verso il generoso filantropo che dichiara e opera per risolvere rapidamente il problema individuato, tacendo sulla crescente limitazione della governance democratica globale e sull’imposizione del solo modello di sviluppo occidentale grazie alla stragrande maggioranza di fondazioni filantropiche guidate quasi sempre da un presidente a stelle e strisce.
L’interpretazione cupa (e realistica) di Nicoletta Dentico delle relazioni internazionali attuali, pienamente fondata su fatti e cifre, non può che trovare uno spiraglio proprio nella comunicazione pubblica. Far conoscere diffusamente il problema aiuta già a pensare a delle modalità per risolverlo. Il mondo oggi è chiamato a una decisione, e che sia la più coscienziosa possibile: da una parte il vuoto della funzione pubblica a tutto favore del privato, dall’altra la restaurazione del pubblico che si fa carico dei diritti dei cittadini e di soddisfare i loro bisogni. Con “mondo” si intende ogni singolo cittadino, anche quello italiano: col ddl concorrenza del 4 novembre 2021 il governo Draghi è intervenuto per “rimuovere le barriere” all’entrata dei mercati, ovvero per una privatizzazione dei servizi pubblici locali quali quelli di energia, sostenibilità ambientale, salute, infrastrutture digitali e parità di trattamento tra operatori. Una grave scelta di deroga del pubblico a favore del privato è dunque già stata fatta. Sta al cittadino decidere se accettarla o far sentire la sua voce perché questo percorso sia modificato.
scritto da Redazione Unimondo, pubblicato il 4 gennaio 2022
segnalato da Alessandro Bruni
Commento di Alessandro Bruni. Una intervista e un libro che fanno pensare. Non è che molte associazioni volontarie agiscono nello stesso modo?